Francesca Scotti e la narrativa
Una breve biografia.
Francesca Scotti è nata a Milano nel 1981. Diplomata al Conservatorio e laureata in giurisprudenza, nel 2011 ha esordito con la raccolta di racconti Qualcosa di simile (Italic), selezione Scritture Giovani, vincitrice del premio Fucini e finalista al Premio Joyce Lussu città di Offida. Dal libro è stato tratto l’omonimo cortometraggio per la regia di Alessandra Pescetta. Nel 2013 ha pubblicato L’Origine della distanza (Terre di Mezzo editore). Il cuore inesperto, Elliot edizioni, 2015 è il suo ultimo libro. Vive tra l’Italia e il Giappone.
L’incontro con la scrittura.
Il mio primo foglio bianco è stato il muro di casa: “Se impari a scrivere potrai farlo sulle pareti”. Avevo 5 anni e mio padre non dovette ripetermelo: imparai sia con la destra sia con la sinistra nell’entusiasmo di lasciare il mio segno in ogni stanza.
Il piacere di scrivere è poi tornato sulla carta, quando mi sono accorta che inventare storie mi consentiva di raggiungere una tempo sospeso, una concentrazione intensa ed eccitante. Prima di capire che la scrittura poteva essere un luogo per me sono passata attraverso la musica: ho cominciato a quattro anni con il pianoforte per poi lasciarlo a tredici per il più bello del legni, l’oboe, a sua volta trascurato – dopo otto anni di stretta frequentazione – per il più fascinoso degli archi, il violoncello. Ma non ero mai soddisfatta, indipendentemente dallo strumento: una volta acquisita la tecnica e ritrovata l’agilità sui tasti o sulle corde, mi sentivo comunque incapace di essere funambola, di abbandonarmi a un racconto personale. È stato nel 2010 che ho cominciato a scrivere racconti, a lavorare sul suono delle sillabe rallentando (ma senza abbandonarla mai) la pratica musicale. Nel 2011 è uscito il mio primo libro, Qualcosa di simile.
Qualcosa di simile è una raccolta di racconti, una costellazione di avventure, diverse per stile, ambientazioni e personaggi ma tra le quali esiste un forte legame, una sorta di passaggio di testimone che avviene da una all’altra.
Dalla mia esperienza di vita in Giappone, paese nel quale trascorro parte dell’anno dal 2012, è nato L’origine della distanza: dodici episodi (come dodici sono le creature che vegliano sui cicli degli anni e sulle ore del giorno secondo l’astrologia orientale) durante i quali la protagonista, Vittoria, arrivata a Kyoto, attraversa vite sconosciute e impara a conoscere un universo nuovo, con la vertigine di chi sta per scoprire qualcosa di sé.
Nel mese di marzo 2015 è uscito il mio primo romanzo Il cuore inesperto (leggi l’incipit) per Elliot editore:
Anita e Gabriele sono due violisti del Conservatorio, lui il maestro e lei l’allieva.
Lei ha il talento, un corpo esile che freme per diventare adulto, la complessità di quella certa adolescenza che fa attraversare continue metamorfosi. Gabriele è deciso, virile. Ma la sua essenza per me rimane misteriosa. Anita desidera crescere, ritrovarsi all’esterno di una famiglia sfaldata. Da un lato ha l’ambizione della musica nella quale si specchia, dall’altro desidera essere amata per colmare la solitudine che dalla stessa musica deriva. Per scoprire e raccontare questa storia, nella quale anche i personaggi diventano adulti o tornano piccoli fra le righe, ho seguito le tracce del desiderio umano, degli impulsi che dà ad azioni ed esistenze. Ho cercato un’intelaiatura musicale nella quale si alternino i movimenti, le voci soliste, i tempi e le tonalità. Per affondare lo sguardo ho utilizzato la lente del cibo, con le sue ambivalenze: momento conviviale, ma anche istante seduttivo; nutrimento o privazione.
La scrittura.
La ricerca di un ritmo, di una voce personale è qualcosa di complesso e affascinante, un lavoro per me in divenire. “Scarna”, “fintamente innocua”, ”ipnotica”: quando la mia scrittura viene descritta in questo modo penso: “speriamo”. Vorrei essere musicale e lasciare spazio affinché il lettore possa aggiungere una cadenza personale, possa muoversi agile nella storia e scegliere di sprofondare insieme a me. Ho bisogno di ascoltare ogni frase per assicurarmi che sia accordata e così ripasso tutto ad alta voce. Cerco le risonanze, la densità del significato nello spazio della pagina.
Gli autori a cui si ispira la mia scrittura.
Leggo molto, di continuo. Sono soggetta a “innamoramenti letterari” frequenti, passioni che poi restano o sulle quali torno: dagli insetti di Jean-Henri Fabre a Thomas Bernhard, da Elizabeth Strout ai fumetti di Will Eisner. Poi ho i miei modelli, i libri senza i quali difficilmente riesco a muovermi – ho bisogno di averli sempre vicino– e tra loro Yoko Ogawa, Mavis Gallan, Shirley Jackson, Michele Mari, Tommaso Landolfi, Giorgio Manganelli. Ora sul mio comodino ci sono Toti Scialoja insieme a Maylis de Kerangal e a Lettori si cresce di Giusi Marchetta.