PINA GONZALES UBILLA (a cura)
Breve biografia.
Anna Raffaella Belpiede, sociologa con una lunga esperienza come formatrice nel campo dell’intercultura e della mediazione interculturale. Ha lavorato presso il comune di Torino, occupandosi di progettazione e intercultura. Nel 2012 è stata Consulente progetto Op-Act, del Comune di Ancona per la progettazione di una biblioteca multiculturale. Ha curato i volumi: Mediazione culturale, esperienze e percorsi formativi (Utet libreria, 2002); Progetto Midab. I fili spezzati della seconda generazione e la sfida del protagonismo (Città di Torino, Commissione Europea, 2001); “La professione di mediatore/trice culturale” Ricerca comparata sulle tipologie concettuali e pratiche di utilizzo della risorsa immigrata in campo sociale nell’area dell’intercultura”, Associazione Alma Terra di Torino, Regione Piemonte, Marzo 1999.
Tra i suoi numerosi articoli: “Alle origini del conflitto interculturale: premesse per leggere e interagire processi di mediazione interculturale” in Atlante della mediazione linguistico culturale (Ed. Franco Angeli, 2006); “L’interculturalità nelle biblioteche civiche torinesi” in Rivista Educare all’interculturalità (Ed. Ericson, maggio 2010);
In poesia ha pubblicato:
Seduzione, poesia pubblicata nel Premio letterario “Dal Manoscritto al libro” 2010, Giulio Perrone editore;
La raccolta poetica L’amare delle donne, Lieto Colle editore 2011;
Le tue parole, poesia pubblicata nell’Antologia del Premio letterario Il Club dei Poeti 2011;
Il racconto Ho vissuto in terre lontane, pubblicato nel volume del Concorso Nazionale Lingua Madre, 2011;
A noi, poesia pubblicata nel volume Dedicato a… Poesie per ricordare, Aletti editore, 2011;
La soglia, pubblicata nel volume “In attesa dell’Alba” per la collana “L’Antologica” di Giulio Perrone editore 2011;
Immobile, pubblicata nell’Antologia del Premio Città di Monza 2011;
Il gelsomino, pubblicato nell’antologia del Premio Trofeo Montefameglio, a cura del Club degli Autori;
Il diluvio e Quanti me, pubblicata nell’antologia “ Se soltanto partissimo” Giulio Perrone Editore, 2014.
Da quanto hai incominciato a scrivere poesie?
Io scrivo da tanto tempo ma ho prodotto saggi (libri, articoli), anche se persino in saggistica, la mia scrittura ha sempre avuto un afflato lirico.
Come ti sei scoperta poetessa?
Circa 10 anni fa ho cominciato a scrivere poesie. Una sera, che ero colma di emozioni, ho preso carta e penna ed ho cominciato a scrivere in linguaggio poetico. Mi è stato naturale, sembrava che conoscessi quel linguaggio da sempre. In realtà ripensandoci, da giovanissima ho tanto amato questo linguaggio, in adolescenza invece di leggere romanzi rosa, leggevo poesia, leggevo Garcia Lorca, Pablo Neruda, Prevert. Era raro a quei tempi, forse anche ora, ma io, dopo la morte di mio padre, avevo avuto una fanciullezza difficile, ed una adolescenza complessa. La poesia mi dava fiato, mi faceva guardare oltre. Credo che l’impulso a scrivere di me, all’autobiografia sia emerso a conclusione di una lunga tappa della mia vita, una tappa particolarmente sofferta, in cui ho scavato a fondo nelle mie origini, nel mio mondo antico, nella mia migrazione, nella mia storia di donna alla ricerca di nuove identità. Ho fatto i conti con il mio passato, come prima o poi tocca, soprattutto a noi immigrati: sono una donna che ha fatto l’esperienza del ’68, una donna immigrata molto giovane dal sud Italia per andare a fare l’Università nella città più lontana, Trento, una città particolarmente “sconvolta” dal movimento del ’68. Avevo quindi un bisogno impellente di elaborare il mio scavo. La scrittura autobiografica che ha sempre anche una funzione terapeutica, può chiudere dei cerchi, risana perché di colpo ti mostra dove sei o cosa hai chiuso. Le prime poesie hanno espresso il dolore che avevo finalmente elaborato. La poesia non è una fotografia, coglie l’attimo sfuggente, quando lo scrivi l’attimo è già passato, vuol dire che hai chiuso quel cerchio. Pensare di conoscere il vissuto di una persona attraverso la poesia è un errore, la poesia è un flash altisonante, rimbombante, è come i lamenti del teatro. «Il poeta è un fingitore» dice Pessoa, direi che il poeta è un attore. Un attore porta sempre in scena qualcosa di sé, ma sono attimi, e soprattutto è il tuo sguardo sul tuo intimo, non è il tuo intimo. Be, comunque, è stato così naturale scrivere in poesia, ed anche oggi, scrivo sul bisogno impellente di raccontare e raccontarmi. È chiaro sono una migrante di prima generazione, ho il bisogno vitale di rendere a me stessa e alle mie figlie, il filo spezzato della mia vita. Un migrante, una migrante, in una generazione, solca strade e fa percorsi che gli altri attraversano in 3-4 generazioni. Per di più il ’68 ha fatto attraversare in pochi anni, ad una intera generazione, dei cambiamenti sociali e personali elevatissimi, e per noi donne poi le fratture sono state multiple. Anch’io potrei dire, con Neruda «confesso che ho vissuto». Insomma sono una donna che si è chiesta molto, non si è risparmiata, che ha vissuto con passione, che è andata incontro a tanti cambiamenti e a tante fratture, per cui, ho bisogno di ritrovare, per tappe, il filo della mia storia, e di raccontarlo. E sono riuscita a farlo attraverso il linguaggio poetico, perché a quanto pare, per me è il più facile, ma trovo anche che sia uno dei linguaggi più incisivi. È questa anche la ragione dell’aver pubblicato.
Da poco (o come dire, da grande) ti sei lanciata nella poesia, e subito questa ha avuto una ricezione, un impatto con il pubblico, importante; sei stata accolta; la tua poesia ha fatto colpo; per quelli che ti conoscono da tanto tempo, è stato anche una bellissima sorpresa scoprire questa tua dimensione così importante e profonda. Come stai vivendo questo momento?
Senti il bisogno di incontrare gli altri, di comunicare. Io poi sono una formatrice e conosco il valore dell’incontro con l’altro. In effetti, le mie poesie con questo loro sfondo autobiografico, toccano temi e sentimenti, in cui molte donne possono ritrovarsi, e così è successo. Molte donne mi hanno comunicato le emozioni che dava loro la mia poesia. C’è un aspetto anche che ha creato interesse, sono una donna che ha incontrato, come formatrice e progettista, per lavoro, tante persone, per cui molte erano e sono curiose di conoscermi nell’espressione poetica. C’è un aspetto della mia poesia che può incontrare pareri diversi. Il mio linguaggio poetico, è semplice, è poco simbolico e non è elaborato. Un linguaggio che coinvolge un pubblico largo, ma non sempre amato dai cosiddetti “specialisti”. Non entro nel merito di queste visioni, so solo che nei diversi settori in cui sono stata impegnata lo “specialismo” può rischiare l’asfissia. Tra l’altro, un poeta si evolve e cambia stile, io trovo molta differenza tra le mie prime poesie e le attuali.
La mia prima raccolta poetica L’amare delle donne è stata pubblicata dall’editore Lieto Colle, ed in effetti è alla sua seconda edizione, ho poi diverse poesie pubblicate con l’editore Perrone, con il concorso Lingua Madre (una prosa lirica), con il Club degli Autori, con Aletti. Ed in questi giorni ho una nuova proposta.
Progetti…….
Dopo l’Amare delle donne ho scritto ancora due raccolte poetiche ma non ho tempo per occuparmene, il mio futuro progetto è quello di rivedere, selezionare queste raccolte e pubblicarle. Il mio sogno nel cassetto è quello di dedicare davvero tempo alla scrittura. Scrivo nei ritagli. Una delle due raccolte scritte e inedite è un racconto in forma poetica sulla mia immigrazione a Torino. Torino è stata la mia città di approdo, oggi è la mia città d’elezione, anche se amo la Puglia ( la mia terra) e la Sicilia, quest’ultima è la mia seconda terra d’elezione, qui abbiamo una casa di famiglia. La mia migrazione ha avuto diverse tappe: Trento, Treviglio, Bergamo, Torino, Nicaragua, ed infine Torino. Questa è la città delle mie figlie, ed è diventata la mia città, l’ho scelta. Mentre scrivevo della mia vita a Torino ho colto quanto ci sono legata.
Nelle tue poesie si sente un vissuto molto intenso, molto forte in modo particolare si sente il tuo essere donna. Mi puoi raccontare un po’ di questo…. c’entra anche il tuo lavoro con le donne? ci sono delle donne che hanno un peso nella tua vita e che in qualche modo hanno influenzato la tua poesia.
Sai, se rivedo quel breve racconto sulla mia migrazione a Torino, migrazione che vede anche la parentesi del Nicaragua, mi accorgo di quanto le donne hanno influenzato la mia vita nel bene e nel male. Le ho sempre elette. Ed oggettivamente, sono loro che hanno fatto da ponte nelle mie migrazioni, che mi hanno permesso di inserirmi nelle nuove realtà. Un grande stimolo. Sono state tante, nelle diverse realtà in cui ho vissuto. Tu sei stata una di quella, ti ho conosciuto in Italia, ti ho ritrovato in Nicaragua, e poi ancora in Italia. Mi considero molto fortunata, ho vissuto anni da leoni, come il 68 e il movimento femminista, e li ho attraversati con passione, ma senza ottusità; amo la libertà e la bellezza, ho avuto sempre gli occhi aperti, non ho mai sopportato gli ideologismi, ho pagato i miei costi perché non ho mai “appartenuto” a nessun movimento o organizzazione, sono uno spirito troppo indipendente per comprimermi in appartenenze, e questo naturalmente mi ha anche limitato.
Due poesie pubblicate dall’editore Perrone nella raccolta Se soltanto partissimo, 2014:
Quanti me?
Mi chiedi quanti me sono in me?
Tanti, tanti, innumerevoli
Il mio ventre è segnato da esistenze
dure, dolorose, rabbiose, assassine,
morbide gioiose, felici, generose.
In altra età la gioia mi pervadeva
ora mi confronto anche con la mia ombra,
riemersa.
Ho appreso ad accoglierla, fa parte di me.
Quanti me incalcolabili si confrontano
ma uno solo è il desiderio dell’anima:
ricongiungermi con la mia essenza.
***
Diluvio
Lo scroscio rabbioso dell’acqua
sbatte contro i vetri scuote le porte
I tuoni rombano alti e lontani
squassano le viscere della terra
Il corpo pulsa terrorizzato
unico desiderio inabissarsi
e sparire
Memorie di infanzia affiorano
un angolo sotto il letto
piegata
un corpo sul mio come scudo
Nell’oscurità evoco la sua figura
un mortale a proteggermi
Oggi la terra ha tremato e sterzato
anch’io ho voltato pagina
il corpo dolorante e arrabbiato
Poi il pianto ha sciolto i grumi
e lentamente la leggerezza
è rientrata
***
Una poesia inedita dedicata alla mia cara amica
A Mariam
Accarezzo la tua immagine
con lo sguardo
bellissima rigogliosa
solare
una fertile dea d’ebano
Hai voluto al tuo fianco
intensamente quest’uomo
tenero saggio bello
ed ora la vita te l’ha strappato
La tua giovinezza straziata
da morti che attendono ancora
la rinascita in una vita di pace
che attendono di morire
di vecchiaia
tra le lenzuola di casa
vicino ai propri cari
La gioventù di un’anima antica
segnata dal fardello
di sciogliere grovigli
di un karma di dolore
e di morte
di chi affronta in una generazione
lo strazio di molte
di titane che aprono strade
di speranza
in un mondo di violenza
A te potenza della natura
nuovamente ferita
il mio canto d’amore e di sorellanza
***
Poesie pubblicate nella raccolta L’Amare delle donne, Lieto Colle editore.
A mia madre
Invocandoti, non do pace
al tuo trapasso. Madre,
guardo la foto dei miei vent’anni
- grazia divina, avevo
attraversato guadi crudeli,
senza un segno sul mio viso.
“Non è bella, ma è intelligente”
Madre, no! Ero bellissima
appartenevo alla tua razza, ma
non vedevi, ed io ti rivolto ancora
nella tomba, grido. E’ così semplice
la verità, quando
manca un primo sguardo d’amore
ed ora, quando m’imbatto
in quello sguardo assente, mi perdo.
Posa ora i tuoi occhi su di loro,
ché non percorrano
i sentieri dell’Assenza. Voglio
ancora invocare un canto
d’amore a Te, cui – nonostante -
tutto devo, a Te che tutto hai donato.
***
Nelle viscere del magma
Vi sono giorni in cui le viscere della terra mi richiamano
i suoi vortici ripidi e profondi mi attraggono.
Una calamita invisibile mi sprofonda nelle sue spirali.
Le meraviglie di questa vita di cui godo appassionatamente
(il sole mio, protettore, fonte di ogni gioia)
non frenano l’impulso irreprimibile: essere risucchiata
nella voragine scura della terra. Un unico rimpianto
aleggia su di me: riconfondermi nella melma
dalla quale provengo. In quei giorni la prefica
di un’altra vita ritorna, e inizia il suo vorace e straziante
pianto. Non chiedetemi quali morti commemoro.
Trasfondermi nuovamente nelle viscere del magma
è la ricerca di una radice antica, il coro delle innumerevoli
fanciulle che rappresento. Voi che godete della sfrenata
danza, voi inconsapevoli: Eros e Thanatos
selvaggiamente scomposti si agitano.
Da millenni questa progenie, in ogni angolo della terra,
eleva
al cielo il suo canto e assume su di sé il dolore
e lo strazio di ogni vita.