Daniela Malini e la poesia
Sei poesie da Cenere sulle ciglia (Lavinia Dickinson Editore, Genova 2015)
Nuvole di piombo
Dalle stelle all’abisso
dal fuoco al gelo
scaglie di ghiaccio
come lame
tagliano in mille grigi
il cielo.
I bambini giocano
- non è successo niente -
e cammina a passi lenti
la gente
o corre come sempre.
Ma vedo nebbia
che cancella il prato
vedo nuvole di piombo.
Scendono sull’anima
come cenere
le stelle che si spengono.
***
Gommapiuma
Mi sono tagliata l’anima
a pezzi
come gommapiuma
e ho premuto con forza
sulla chiusura
perché la contenesse tutta
la valigia
che ora viaggia con me.
***
Autunnale
Una sull’altra
inconsapevoli
intessono
tappeti di vuoto
le foglie
d’autunno.
Storni in città
Come soldati ribelli
armati di lance
pronti in un istante
a disorientare
il vento con danze
vi osservo sorvolare
antichi palazzi
strade
moderne alte case
come un corpo solo
come un colore
scuro
che sciama
nella chiarità del cielo.
Non c’è un falco pellegrino
a cui sfuggire
non un nemico
che dia un senso
alla battaglia del giorno.
E la sera
deposta l’armatura
come bimbi chiassosi
giocate a contendervi
il giaciglio migliore.
Quale sorpresa sapere
il maschio guerriero
e la femmina sposa
attendere a guardia
di piccole
azzurre
uova.
***
Luna a metà
Avvolti dal buio della notte
respiriamo il cielo
in un cammino
senza orizzonte.
Colori in fuga si raccolgono
nella sala delle danze
e il silenzio si mescola
a un notturno di violino.
Mezzelune si imprimono
sulle pareti bianche
nel vortice in crescendo
di azzurre rapsodie.
S’inarca un’iride sul muro
nel tramonto a olio
della sala.
Nel ritmo di passi
che danzano al buio
una luna a metà
suona ancora.
***
Parole
Arcobaleni esultano sui prati
mentre lastre di ghiaccio
penetrano come lame
nella terra
evaporando la malinconia.
Le parole sono gigli
che affondano
nel fango.
Breve biografia.
In questa nota biografica non esporrò solo tappe dei miei studi e della mia carriera letteraria e didattica, ma racconterò eventi che hanno avuto un rilevo importante per il mio pensiero, la mia idea della vita, il mio impegno culturale e civile. Sono convinta che le colonne della poesia siano, per ogni autore, le sue convinzioni, le sue conoscenze, i suoi sentimenti e l’insegnamento ricevuto dai suoi maestri, dai suoi modelli. Sono nata a Milano l’1 giugno di un po’ di anni fa e vivo a Genova. L’1 giugno nacque anche la grande attrice statunitense Marilyn Monroe. Non lo ricordo per vanità femminile, ma perché Marilyn amava la poesia. La poesia non è sempre complicata e Marilyn era divertita dal ritmo dei versi e dalla sonorità delle rime. Mio fratello Roberto ha tradotto una poesia di Marilyn che ha il ritmo di un brano hip hop e, a mio avviso, non è solo spassosa, ma anche educativa. Nel mio lavoro di insegnante e in quello di promotrice culturale del gruppo Caffè Shakerato Internazionale, che ha meritato premi e prestigiose partecipazioni a rassegne cittadine, invito spesso i ragazzi a scrivere poesie, a pensare in versi e scriverli per non sentirsi soli, per svegliare la creatività segreta della mente, per lasciare che la loro giovinezza canti. Ecco la poesia di Marilyn:
Se ho un’idea, quanto prima
scrivo in rima,
ma non giudicatemi
per niente,
piuttosto, accettatemi!
All’inferno! Un quaderno
di versi forse non sarà moderno,
ma amo rendere eterno
ciò che ho nella mente:
dipingere una pietanza,
dipingere la speranza…
Sono pensieri
che danno gioia o noia
prima che si muoia
ed è vivere
anche nello scrivere.
Proseguo con la mia nota biografica. Mi sono laureata in Scienze dell’Educazione e insegno italiano e storia nella scuola superiore statale. Mi piace insegnare, al di là delle difficili condizioni in cui versa la scuola oggi. L’insegnante ogni giorno ha davanti a sé l’energia dei ragazzi, a volte spezzata, a volte provocatoria, ma comunque sempre presente. È un’energia che può diventare produttiva o può ripiegarsi su se stessa e l’insegnante a scuola può fare molto. La poesia, come la cultura, non è chiudersi, ma aprirsi, contribuire allo sviluppo del pensiero di un giovane, alla sua autonomia e alla sua realizzazione.
Mi piace stimolare la curiosità dei miei studenti, proporre loro nuove possibili aperture attraverso la poesia, il teatro o la conoscenza della storia. Mi piace vederli interessati, rompere il muro di noia e apatia così diffuso nella scuola, portarli a teatro e condividere con loro alcune mie passioni, come l’interesse per il cinema, la filosofia, la poesia. Mi piace lavorare con gli adolescenti anche perché ho un bel ricordo di quel periodo, a differenza dell’infanzia dove mi sono sentita spesso sola, estranea agli interessi dei miei coetanei e un po’ disadattata, soprattutto a scuola. Durante l’adolescenza mi sono aperta al mondo, diciamo che in quel periodo è iniziata la mia vita sociale. Un mio insegnante di lettere mi ha fatto scoprire il mondo del teatro, interesse che ho sempre coltivato, anche attraverso laboratori che ho frequentato o che ho proposto ai miei studenti collaborando sul piano educativo con grandi professionisti.
Verso i diciott’anni è arrivato l’impegno politico attivo, nelle fila del partito radicale. All’epoca ero ancora fortemente influenzata dall’ambiente cattolico che avevo frequentato per molto tempo, anche durante i primi anni delle superiori. L’incontro con un pensiero laico, libero da ideologie, totalmente diverso dal mio “humus” abituale, mi aveva letteralmente folgorato. Ero diventata un’attivista e avevo iniziato ad assumere ruoli di responsabilità nella sede milanese del partito.
Lì sono avvenuti alcuni grandi incontri. Eccoli, i maestri! Non solo poeti o scrittori, ma veri Esseri Umani! Fra tutti voglio ricordare Enzo Tortora, che conobbi mentre era agli arresti domiciliari per un’accusa che poi si è rivelata infondata, ma che ha devastato la sua vita. Ho subito sposato la sua causa, ero fermamente convinta della sua innocenza. Facevo la staffetta dalla sede del partito a casa sua, in Corso Torino, a pochi passi dal Duomo. Alle riunioni, in sede, veniva sempre Francesca, la sua compagna, con cui ho subito simpatizzato. Enzo mi chiamava familiarmente “Danielina”, ed era sempre felice quando suonavo alla sua porta. Un giorno l’ho trovato così triste che, superando la mia timidezza, gli ho detto: “Guarda che io ti voglio bene”, facendolo sorridere. All’epoca non eravamo in molti attivisti, in Italia e durante i congressi era facile scambiare due parole con i leader storici come Adele Faccio, Emma Bonino e con lo stesso Marco Pannella. Di Marco ricordo soprattutto un lungo viaggio in treno da Milano a Strasburgo. Avevo vent’anni. Durante la permanenza a Strasburgo veniva spesso a parlare con noi ragazzi, sembrava uno di noi. Era lì per un convegno sulla carcerazione preventiva. Ricordo che un giorno alcuni di noi, pur avendo i ticket per pranzare alla mensa del Parlamento europeo, avevano disdegnato ad alta voce il cibo offerto. Marco, che era incredibilmente attento anche a questi aspetti quotidiani, non aveva perso l’occasione per riprenderci: ”Ma scusate, qui mangiano i deputati, che hanno uno stipendio lungo così… e voi dite che fa schifo?”. Ci siamo tutti diretti verso la mensa, senza più emettere un fiato.
Una volta ho fatto anche un digiuno della fame sull’esempio di Marco, con tre cappuccini al giorno per quindici giorni. È stata durissima, ma abbiamo ottenuto grandi risultati: uno stanziamento, una voce precisa nel bilancio dello Stato finalizzata alla lotta contro la fame nei paesi sottosviluppati. Il mio impegno sociale è continuato fuori dalla politica e negli anni successivi, fino ad oggi, nelle organizzazioni umanitarie come EveryOne Group, Unicef e attraverso progetti educativi per i giovani.
Quando e come hai iniziato a scrivere poesia?
È difficile individuare il momento in cui ho iniziato a scrivere poesia, perché la scrittura in versi è stata per me fin dall’età giovanile la forma espressiva più congeniale per esprimermi. Ho invece iniziato a scrivere metodicamente in età adulta, dopo un lungo percorso di preparazione e di maturazione. Il passo dallo scrivere per se stessi a quello di comunicare attraverso la poesia è più lungo e difficile di quanto non sembri a un giovane poeta, perché è la nostra anima quella che esponiamo al pubblico. Circa quindici anni fa ho capito che c’era qualcosa di irrinunciabile per cui valeva la pena oltrepassare la barriera protettiva del privato per espormi all’esterno: il bisogno di contribuire con la poesia al miglioramento della società, per rendere questo mondo un po’ più umano, più solidale e più bello. E contemporaneamente, sulle flessuose orme di Marilyn, per insegnare ai giovani a “vivere anche nello scrivere”.
A partire dagli studi universitari mi sono appassionata alla filosofia, alla psicologia e alla pedagogia. Questi studi hanno contribuito a far crescere nuovi interessi, a maturare in me nuove domande e hanno nutrito, per osmosi, anche la mia poesia. Sono sempre stata un’attenta osservatrice dei comportamenti umani; questo spiega anche il mio interesse per il teatro, che nel tempo ho cercato di approfondire e che mi ha fornito strumenti importanti nella mia professione di insegnante. Osservare i comportamenti delle persone, cercare di comprendere il mistero che c’è dentro ognuno di noi, da dove nasce il dolore o la felicità, cosa spinge l’essere umano a grandi azioni generose o di estrema crudeltà, è un mio modo naturale di pormi davanti alla vita. Gli studi di pedagogia sono stati importanti non solo per il mio lavoro di insegnante, ma anche perché mi hanno avvicinato al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, a quel modo magico di leggere la realtà che spesso dimentichiamo, una volta abbandonata l’isola che non c’è della prima giovinezza. La conoscenza di grandi maestri come John Dewey, Paulo Freire, Maria Montessori e molti altri mi ha aperto porte nuove per comprendere la mia stessa infanzia e per entrare in contatto con le cose in modo diretto, come avviene quando si è bambini.
Tutti questi interessi hanno fortemente influenzato il mio modo di scrivere e forse la poesia è stata la strada per tentare di dare delle risposte alle domande fondamentali sull’esistenza che questi studi avevano sollevato in me. Al di là del percorso di formazione, penso che poeti un po’ si nasca. C’è un modo poetico di leggere il mondo che alcuni di noi possiedono e che precede la scrittura in versi: è dentro di noi fin dalle prime esperienze infantili e resta presente per tutta la vita. È una poesia dello sguardo, che nessuno ci insegna. Tuttavia, scrivere poesia richiede molto studio e impegno e soprattutto la conoscenza dei modelli: dalla poesia dei classici a quella dei moderni e contemporanei. La lettura è fondamentale nella formazione di un poeta. Nasciamo dentro una tradizione e la conoscenza di quanto è avvenuto prima, in termini di continuità e fratture, ci permette di continuare un dialogo con i grandi maestri del passato. E questo nella consapevolezza di essere una piccola molecola nel vasto oceano della poesia. Leggere Saffo, Dante, Petrarca, Leopardi o poeti innovatori come Whitman, i grandi poeti romantici come Shelley, Byron, Keats, ma anche i poeti di lingua spagnola e portoghese come Garcia Lorca, Pessoa, Borges, Neruda, è stato decisivo nella mia formazione. Emily Dickinson, che è una delle poetesse che amo di più, mi ha aperto nuovi orizzonti: la semplicità del suo linguaggio con continui riferimenti al mondo naturale si sposa con l’universalità del suo messaggio.
Una figura di donna scrittrice che mi ha particolarmente colpito è Mary Shelley, la seconda moglie del poeta Percy Bysshe Shelley, di cui si innamorò a soli 17 anni. Trascorse una vita libera, secondo i principi che aveva appreso dalla madre adottiva e dal padre, noto filosofo. Perse tre dei quattro figli avuti da Percy, eppure continuò a scrivere, nonostante tutto. Dopo la morte precoce del marito, avvenuta durante una traversata della baia di La Spezia, si fermò ancora alcuni mesi a Genova, nella zona di Albaro, dove le è stata dedicata una targa in memoria. Sono tornata ancora una volta in quei luoghi, dove una mia giovane allieva appassionata di fotografia mi ha scattato alcune foto appositamente per Margutte. Una poderosa emozione!
Attività poetiche, collaborazioni e pubblicazioni.
Faccio parte del gruppo di artisti del progetto Lavinia Dickinson e del movimento globale 100 Thousand Poets for Change, fondato dal poeta statunitense Michael Rothemberg e dalla moglie Terry Carrion. Con Lavinia Dickinson Editore ho pubblicato Bligal di pietra e luce, un libro che raccoglie cinquanta poesie sul mondo e sulla vita, metà di mio fratello Roberto e metà mie; poi, nel 2015, la raccolta Cenere sulle ciglia.
Alcune mie liriche sono state inserite nella prima Antologia dei 100 Thousand poets for Change (Lavinia Dickinson Editore 2013), nell’Antologia Dall’acqua nasce l’anima (Liberodiscrivere 2011) e nella rivista letteraria digitale Fili d’aquilone, con la prefazione della scrittrice e traduttrice di importanti poeti francesi Viviane Ciampi. Sono stata invitata a numerosi reading e festival di poesia, tra cui il Festival Internazionale di Poesia di Genova, insieme a Roberto Malini e ai poeti e artisti del Lavinia Dickinson Project. Ho curato la pubblicazione di due importanti opere di ricerca pedagogica e di scrittura espressiva, legati al progetto Caffè Shakerato internazionale. Un’iniziativa da me ideata e condotta insieme a Patrizia Falco, mia amica e stretta collaboratrice, Docente Esperto Garante per i Diritti dell’Infanzia Unicef, con il patrocinio di MIUR, Regione Liguria e Unicef.
Ho condotto per oltre dieci anni laboratori di scrittura espressiva per i giovani in contesti multiculturali, e ho collaborato con artisti preparatissimi, anche giovani, all’interno di progetti di “teatro-scuola”. Cito, tra gli altri, Fabrizio Matteini, Davide Mancini e lo storico attore del Teatro della Tosse Enrico Campanati, con cui è avvenuto il miracolo di portare in scena, al Festival del Suq, venti studenti di una classe tra le più complesse. Una grande esperienza che non dimenticherò mai. Ho ottenuto riconoscimenti in alcuni premi di poesia, tra cui il primo premio al concorso Parole in libertà (Anpi, Comune di Genova 2008), il Diploma di merito al Concorso Nazionale Dall’acqua nasce l’anima, promosso da Amga nell’àmbito del Festival internazionale di Poesia 2011, il Premio per la Poesia e i Diritti Umani “La ragazza di Benin City” 2012, il Premio “Cibo di Conoscenza” 2014 (patrocinato da Unicef e Unione europea). Sono stata scelta fra i poeti che parteciperanno al reading per l’EXPO di Milano 2015. Ho ottenuto alcuni riconoscimenti per il lavoro poetico legato all’educazione dei giovani, fra cui il Premio Speciale al concorso poetico Lettera dal Lago del Core, 2008, (CEP-Regione Liguria, Provincia e Comune di Genova), “Per l’impegno sui progetti di scrittura svolti con i giovani” e il Premio del Secolo XIX per i progetti espressivi con i giovani in campo interculturale.
Sono specializzata nell’insegnamento della lingua italiana come lingua non materna e ho curato progetti didattici sperimentali in questo ambito. Collaboro, sia con le performance del gruppo Caffè Shakerato Internazionale sia come relatrice, al Corso Universitario Multidisciplinare di Educazione ai Diritti promosso dall’Unicef. Ho collaborato con la Facoltà di Fisica dell’Università di Genova per moduli sperimentali sull’insegnamento dell’italiano ai non vedenti: Visualpedia. Sono attivista di EveryOne Group e collaboro stabilmente con l’Unicef per progetti umanitari e culturali.
Cos’è per te la poesia?
È una parte di me. Senza, non riuscirei a riconoscermi. Quando qualcosa colpisce la mia attenzione e le mie emozioni inizio a “pensare in versi”. Entro in una dimensione solo mia, un mondo totalmente protetto dall’esterno, ma non isolato da esso. Sono infatti le suggestioni del mondo reale a portarmi nella mia dimensione parallela dove tutto è possibile. Penso che questo mondo esclusivo in cui mi ritiro sia nato durante la mia infanzia, quando trascorrevo intere giornate a sognare avventure che avevano come protagonisti i miei amici immaginari, i cui nomi sembrano l’inizio di una filastrocca per ragazzi. Erano tre, fanno ancora parte dei miei ricordi, sono ancora dentro di me: John, Jerry e Jenny. Ma io non ero Jenny, ero un po’ tutti e tre, agivo insieme a loro ma ero anche la regista delle loro avventure. Ho tenuto questi amici con me per molti anni, fino all’adolescenza. Anche in famiglia siamo in quattro fratelli e credo che le cose siano collegate.
Scrivo quando la realtà esterna mi sembra lontana, a volte estranea: la poesia mi fa sentire ancora partecipe, mi dà una strada alternativa per avere di nuovo accesso al mondo, per accettarlo anche quando sento di non riconoscerlo come una casa accogliente. Ma scrivo anche quando sono felice o sono in attesa di qualcosa di importante e le emozioni sono così forti che mi sembra di non poterle contenere; la poesia dilata la mia anima e scopro spazi nuovi e inaspettati. Devo ammettere che spesso anche nella vita reale, quando mi trovo davanti a problemi che sembrano non avere soluzione, cerco istintivamente nuove strade e a volte le trovo forse grazie a questa abitudine allo sconfinamento verso il mondo dell’immaginario. Questo mio modo d’essere mi ha permesso di aiutare le persone in difficoltà, sia a livello privato sia nell’impegno sociale.
Penso che ci sia una poesia non scritta che possiamo realizzare ogni giorno quando con le nostre azioni rendiamo più accettabile la vita di chi ci sta intorno o l’ambiente in cui viviamo. Ogni cosa, vivente o inanimata, ha la stessa origine, ogni realtà è in relazione con le altre. Per questo trovo incredibile l’attuale modello di sviluppo delle società, che porta alla distruzione dell’ambiente, alla povertà, all’emarginazione e alla morte di tanti esseri umani. Un osservatore esterno che arrivasse sulla Terra da un altro pianeta troverebbe incredibile quanto sta accadendo: gli uomini perdono un sacco di tempo e di energia a distruggere anziché a migliorare la propria e l’altrui esistenza, non imparano dall’esperienza passata, inseguono sogni velleitari anziché coltivare l’armonia e la bellezza. Eppure quasi tutti si incantano davanti a uno spettacolo naturale e nell’immediato si commuovono se osservano gesti di generosità. Ho l’impressione che molta gente viva al di fuori della dimensione del tempo, forse perché storicizzare porterebbe anche ad assumersi delle responsabilità, degli impegni. Ciò che cerco nella poesia, l’armonia con me stessa e con gli altri, forse è l’ideale di molti, ma spesso le persone inseguono sogni illusori, anche a causa del mondo virtuale che oggi si sovrappone alla realtà e si confonde con essa, rendendo tutto più astratto e confuso.
Scrivere non vuol dire ritagliarsi un mondo a parte, autoreferenziale; tutt’altro. La poesia mi fa intuire un mondo di armonia che vorrei raggiungere e condividere con gli altri. Genera sentimenti di solidarietà, empatia, amicizia, fratellanza. Sono felice di far parte del Lavinia Dickinson Project, perché questo gruppo di poeti si impegna fattivamente per i diritti umani, anche attraverso l’arte e la poesia.
Nel mio lavoro di insegnante utilizzo moltissimo la scrittura espressiva. Non illudo i ragazzi di essere poeti, ma cerco di fornire loro, anche attraverso la grande letteratura internazionale, uno strumento formidabile per superare le battaglie che si presentano durante l’adolescenza e soprattutto per superare l’egocentrismo che caratterizza questa fase della crescita, mostrando loro che siamo parte di qualcosa di più grande, che trascende la nostra stessa vita, anche se talvolta appare incomprensibile.
Roberto Malini, mio fratello, poeta e artista di rarissima sensibilità, nella sua prefazione a Cenere sulle ciglia, ha svelato quella che per me era solo un’intuizione, ha dato parole al mio sentire:
“Daniela vive così la sua poesia: oltre lo scorrere impietoso dell’esistenza, oltre la ricerca della felicità, che oscilla come un pendolo d’oro e non si ferma mai. La sorprende e riempie di gioia solo ciò che non muore, perché non appartiene alla materia del mondo, ma a quella dell’anima. È poesia che ha il suo sigillo nell’impermanenza, nell’inafferrabilità di momenti e cose, nell’inesistenza di un luogo fisico o spirituale che sia fermo e immutabile. È poesia che suscita emozioni profonde nel lettore, risvegliato da polveri d’anima che cadono sulle sue ciglia, invitandolo non al pianto, ma alla piena e consapevole accettazione del dono di vivere”.
La poesia per me è proprio questo: un modo di avvicinarmi al segreto della vita per sentirmi parte di essa, anche quando il suo significato è indecifrabile, qualcosa in cui mi trovo immersa e a cui non posso, strutturalmente, rinunciare.
La foto di copertina è di Denise Casu.