VILMA AMERIO
Qui si trova la Prima parte
Secondo un diffuso luogo comune, l’economia finanziaria è una materia così complessa che solo gli specialisti se ne possono occupare. Qualcosa di vero c’è in questa affermazione, l’economia finanziaria è in effetti una materia complessa, ma in primo luogo non è affatto incomprensibile per i cittadini, se c’è la volontà di spiegarla e di apprenderla, in secondo luogo non sembra che gli specialisti se la siano cavata molto bene nel trovare soluzioni “felici” alle ricorrenti crisi economiche. È vero invece che gli “addetti ai lavori” sono molto bravi ad ingarbugliare le cose, come ora di nuovo si vedrà.
I derivati. Un ennesimo capolavoro di ingegneria finanziaria, che si ritrova dappertutto, anche nei bilanci degli enti locali e degli Stati. I derivati sono contratti il cui valore è basato su –“deriva” da – quello di un altro titolo o bene, detto il “sottostante”. Essi permettono di comprare, vendere, scambiare qualsiasi “merce” in una data futura ad un prezzo stabilito oggi. In pratica con un “derivato” non compro una merce reale, ma un contratto-scommessa sull’andamento dei prezzi di quella merce. Ad esempio compro 1.000 euro di petrolio al prezzo di oggi, ma li verserò fra un mese. Se fra un mese lo stesso quantitativo di petrolio costa di più, supponiamo 1.050 euro, posso rivendere il contratto immediatamente prima della scadenza, guadagnando sulla differenza di prezzo (50 euro). Poiché questa compra-vendita avviene attraverso una banca (altro ente), pagata la commissione, supponiamo di 10 euro, avrò comunque un utile netto di 40 euro su un capitale che non ho nemmeno versato. Infatti posso comprare un contratto derivato semplicemente versando una commissione alla banca, quindi utilizzando la leva finanziaria, con un limitatissimo capitale iniziale (in questo caso 10 euro). Quindi se il valore del derivato sale, prima della scadenza del contratto, posso rivenderlo e comprare un altro “derivato”, sempre scommettendo sul prezzo futuro di un “sottostante”, e così via di seguito. Questo meccanismo si chiama rullover dei derivati, una continua circolazione di contratti, per il 99% in funzione speculativa, cioè non per acquistare realmente la “merce”, ma per guadagnare dalle oscillazioni del suo prezzo.
Infatti i derivati non giungono quasi mai alla consegna cioè all’acquisto del “sottostante” , ma vivono di vita propria, sono essi stessi una “merce” su cui si specula. Possono essere comprati, venduti, scambiati come in un vero e proprio sistema monetario, come se fossero una moneta. Ciò significa che la stragrande maggioranza del denaro circolante nel mondo è creato dalla finanza privata con derivati, cartolarizzazioni e sistemi ombra.
Inoltre i derivati possono servire anche per l’elusione fiscale. Una multinazionale, giostrando con i derivati tra le sue diverse filiali distribuite in vari paradisi fiscali, può sottrarsi in gran parte al fisco di tutti i numerosi stati in cui opera e in cui trae profitti.
È interessante sapere che circa il 96,2% dei derivati è over the counter (OTC), “fuori borsa”, cioè non regolamentato né controllato e soprattutto nascosto al fisco, all’economia ufficiale e… ai comuni mortali che non sanno neppure della sua esistenza.
Effetti poco collaterali, anzi molto centrali, dei derivati. Poiché i derivati sono contratti-scommesse sull’andamento futuro dei prezzi dei “sottostanti” più svariati, tali scommesse falsano pesantemente i prezzi reali di mercato. In altre parole, i prezzi della “merce” (petrolio, prodotti agricoli, materie prime) non sono dovuti alla legge di domanda /offerta, ma in buona parte determinati dal mercato dei derivati. Ad esempio, il prezzo quotidiano del barile di petrolio comunicato dai media è quasi sempre il prezzo del derivato in prossima scadenza e non del petrolio effettivamente venduto. Basta pensare a questo dato: ogni giorno nel mondo vengono effettivamente venduti 80 milioni di barili di petrolio, mentre, sul mercato dei derivati, vengono scambiati circa un miliardo di barili. [I numeri sono di qualche anno fa, ma è poco probabile che il rapporto nel frattempo sia cambiato].
Così è avvenuto dal 2008 per i prodotti agricoli (specialmente cereali). Grandi capitali si sono spostati dal settore immobiliare, dopo la crisi dei mutui subprime, al settore agricolo e ne hanno pesantemente condizionato i prezzi. Con i derivati gli speculatori hanno giocato al rialzo, causando un’impennata dei prezzi, e l’acquisto di cibo è diventato proibitivo per le fasce più povere della popolazione, cosicché oltre 100 milioni di persone in più nel mondo si sono trovate sottonutrite o malnutrite fra il 2007 e il 2008. Ma può accadere anche il fenomeno inverso, i giochi speculativi possono far crollare i prezzi del cibo, causando la rovina dei piccoli produttori. Insomma, senza entrare nei dettagli, se milioni di persone non potranno sfamarsi o perderanno il lavoro o precipiteranno in condizioni di sempre maggiore povertà, tutto ciò sarà in buona parte dovuto ai giochi speculativi che permettono ai “ricchi di diventare sempre più ricchi”. Se questa non è una causa macroscopica e strutturale della crisi!
«Tutto è merce» dice il “libero mercato”, ma la sua aurea legge “della domanda e dell’offerta” dove è andata a finire con la speculazione finanziaria?
Credit default swap (CDS) ovvero “scambio sul fallimento di un credito”. La ciliegina sulla torta. I CDS sono derivati, cioè contratti fra due controparti, che consentono di assicurarsi sul fallimento di un ente terzo, quasi esclusivamente per puro gioco speculativo. Ad esempio compro CDS di un’impresa poco solida. Più la sua situazione peggiora, più aumenta il valore dei miei CDS, e ad un certo punto posso venderli realizzando un buon guadagno. Posso acquistare CDS anche sui titoli di stato di paesi deboli (Italia, Grecia) e guadagnare dal peggioramento della situazione di questi paesi. Qui giocano un ruolo importante (ma legittimato da chi?) le agenzie di rating che, con le loro letterine A,B,C e i loro segnetti + e -, condizionano l’affidabilità di banche e Stati, e possono decretare la (mala) sorte di interi paesi. Nel 2007 i CDS, ovviamente negoziati “fuori dalle borse”, avevano un volume di 62.000 miliardi di dollari, cifra superiore al PIL dell’intero pianeta.
La conclusione è nota, persino monotona nella sua routine: quando è esplosa la bolla immobiliare in USA, la compagnia assicurativa che aveva venduto CDS sui mutui subprime sarebbe fallita se lo Stato non l’avesse salvata con centinaia di miliardi di soldi pubblici. Sistema collaudato: soldi pubblici per riempire buchi scavati da profitti privati.
High frequency trading ( commercio ad alta frequenza). Quasi fantascienza pura. Il 60 % delle operazioni sul mercato finanziario è eseguito da computer. Cioè le macchine, indipendentemente da qualunque intervento umano, con i server situati nei sotterranei delle grandi banche di Londra, New York, Hong Kong o chissà dove, 24 ore su 24, analizzano a supervelocità le oscillazioni dei prezzi e individuano le operazioni più convenienti. È noto che le macchine non hanno cuore né sentimenti, perciò non si può pretendere che si preoccupino se le loro valutazioni provocheranno carestie in Africa (e altrove) o disoccupazione in Asia (e altrove) o deforestazione in Sud America (e altrove) o aumento dei debiti pubblici ai quattro punti cardinali. È invece importante la lotta fra chi riesce ad affittare l’appartamento fisicamente più vicino ai server delle banche in modo che il proprio computer possa impiegare qualche minuscola frazione di secondo in meno a far passare un ordine rispetto al computer della concorrenza situato un paio di isolati più lontano.
È ora di chiudere questa seconda panoramica sui “prodigi” della finanza. Forse l’indignazione è cresciuta al punto da voler passare all’azione. Ne parliamo nella prossima conclusiva puntata. Per i più impazienti si consiglia di nuovo:
ANDREA BARANES (Un’inchiesta di), Finanza per indignati, Ponte alle Grazie, 2012
Di Vilma Amerio su Margutte: Il Tao della liberazione
Su Andrea Baranes vedere qui