L’Arte di Jivan Camoirano

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LORENZO BARBERIS.

Tra le varie opzioni di questo luglio d’arte nel cuneese una particolare attenzione merita la mostra di Jivan Camoirano a Ceva, presso il Salotto Franzi, presso il Caffé Bistrò. L’esposizione è curata dal comitato culturale cebano, “Via Marenco” e, spiega il presidente Ezio Calvo, si potranno visitare anche altre opere dell’autore presso una saletta privata, su prenotazione e a piccoli gruppi, contattando il 329.1906623.

(L’artista con l’associazione all’inaugurazione della mostra)

Jivan Camoirano, nato nel 1976 a Ceva (mio perfetto coetaneo quindi), attualmente è residente e operativo in India, ed è indubbiamente un autore di grande interesse per la scena cuneese, dove periodicamente torna con mostre come questa. Completamente autodidatta, si avvicina ai temi della pittura surrealista e quindi, in seguito, pur mantenendo sempre un piano di lettura simbolica, volge su un’arte che mira alla riscoperta diretta dei classici, senza più la mediazione novecentesca di Dalì e soci.

Nella presente esposizione, l’opera centrale è indubbiamente questa raffigurazione di Marte (2015), ricca di elementi simbolici. Il dio della guerra, stanco, è reclinato a terra, e indica con un gesto alla colomba di intraprendere il suo volo di pace. Simbolo cristiano, indubbiamente, ma anche di Venere, l’amante ufficiale di Marte, che già nell’arte classica rappresentava l’unica forza in grado di sedare Marte (ma se la colomba ebraica è simbolo di pace casta, pura e spirituale, Afrodite ottiene la sua vittoria con le sue estenuanti capacità erotiche).

Lo scudo con la testa di Medusa e il gladio abbandonati rappresentano la rinuncia alle arti guerriere, mentre l’elmo con il saggio centauro Chirone simboleggia la volontà di pace del dio. Tutto da studiare, inoltre, il fitto bassorilievo alle sue spalle, dove non manca, nel tripudio degli orrori della guerra, qualche celato rimando all’ISIS.

Accompagnano l’opera due dipinti più “bacchici”, con Ercole e Dioniso intenti a degustare rispettivamente arance (di cui Eracle era in effetti ghiottissimo) e una allegorica anguria. L’attenzione dell’artista nel cogliere prima l’attimo della pregustazione, quindi la compiaciuta degustazione, è indubbiamente notevole.

 

(il palazzo della “mostra su prenotazione”)

E sempre a proposito di degustatrici peccaminose, nell’esposizione più riservata possiamo apprezzare la figura di Eva nell’atto di cogliere la mela del serpente, già vestita di foglia di fico come dopo il peccato originale (e, in una immagine che potremmo dire di una “Eva moderna”, una fanciulla che gustosamente degusta il rosso frutto, non lontana nell’aspetto – a mio avviso – dalla brava Maria Elena Boschi).

Anche un satiro si attacca al suo flauto, mentre una moderna Venere promette l’accesso ad altri ancor più proibiti piaceri.

Io e l’artista – in motion- davanti al quadro (foto M.R.).

L’esposizione ospita anche un dipinto che sintetizza i temi della fase precedente dell’opera di Camoirano, maggiormente legata alla fase surrealista della sua arte, con una raffinata riflessione sulla pittura.

La mano di un pittore, da fuori campo, dipinge il giovane bacchico su una parete, di cui vediamo lo zoccolo sottostante con la firma del pittore, un passero che proietta la sua ombra sul dipinto e una Rosa Bianca. Assiem al pittore, alla bacchetta e pennello (che formano una croce), e alla tavolozza dei colori rappresentano gli unici elementi del piano di realtà all’interno del quadro.

Lo spazio finzionale è però tutto meno che a-problematico. I tre uccellini presenti ne sono una spia: sicuramente fuori quello detto prima, che proietta l’ombra; sicuramente dentro quello più lontano, fuori scala per essere vero. Ma quello in alto a sinistra gioca sul confine tra dipinto e realtà (all’interno del quadro): l’assenza di ombra proiettata impedisce di deciderlo.

Nel dipinto appare poi, trasversale, un piano azzurro su cui si staglia Caravaggio, mirifica visione colto nel volto del Caravaggio delle antiche banconote da centomila lire, piano che interseca a perfezione il pennello del pittore. Sull’arco classico spezzato dello sfondo appare un coltello infisso in una mela, frequente simbolo del peccato e dell’eros nel pittore, che richiama il ricco cesto di frutta portato dal “bacchino”. L’identificazione col frutto proibito è favorita appunto dal contrasto con gli altri frutti, di cui Adamo ed Eva potevano mangiare, con la sola esclusione del frutto della conoscenza del Bene e del Male.

Questo elemento della meta-pittura torna anche in un’opera più recente, dedicata ad Obama, ricca di influenze del tema degli Illuminati, di cui diremo anche dopo. Notiamo che la mano del pittore disegna qui le mani di Obama unite in una preghiera al Serpente Cosmico che le avvolge; si tratta però di una statua simbolica, come quella della Libertà, però marmorea e dove il Campidoglio americano diventa una tiara papale per il politico che ha forse compiuto le profezie sul Papa Nero dell’Apocalisse. Dietro lui, l’Occhio degli Illuminati: fuori però dai contorni, comunque sghembi e aperti, della tela, che oltretutto è disposta in modo intenzionalmente incongruo con la realtà: la tavolozza infatti poggia su un tavolo posto verticalmente, come mostra la candela che arde in orizzontale. La fiamma segue, oltretutto, il nuovo piano ed è orizzontale; la cera no, e cala verticalmente. Siamo dunque in una irrealtà simbolica ricca di simbolismi in grado di far riflettere il lettore.

Di questo percorso simbolico e surrealista fa parte anche un’altra opera, purtroppo ormai venduta e quindi non presente in esposizione, creata nel 2009 dall’artista con raffinati simbolismi allegorico-satirici legati alla figura di Berlusconi. Non posso che rimandare all’ottima analisi di Marco Roascio, che la analizzò a suo tempo per Targato CN, per un chiarimento dettagliato dei significati dell’opera stessa.

Tutt’oggi continua comunque una produzione fortemente simbolica, come (di grande attualità) questa immagine dal sito di Saatchi Art che mostra il New World Order nell’atto di stritolare gli Antichi Dei greci.

Un’arte, insomma, quella di Camoirano, di suscitare fascino e riflessione, un percorso legato all’arte senza tempo del classico eterno e dei misteri che tale pittura ci può, ancora oggi, svelare.

Le fotografie (autorizzate) sono opera dell’autore dell’articolo