LORENZO BARBERIS. (Articolo e foto)
Fiumi di Colore.
L’arte astratta di Nes Lerpa
Si inaugura oggi a Mondovì la quarantacinquesima Mostra dell’Artigianato, il principale appuntamento di arte e cultura dell’estate monregalese.
La manifestazione porta, tra gli altri eventi, una nuova bella “mostra doppia” a Mondovì: quella dell’artista danese Nes Lerpa inauguratasi oggi pomeriggio, e che accompagnerà la città fino all’8 settembre prossimo venturo.
Com’è ormai consuetudine consolidata per le mostre di un certo livello, difatti, la chiesa sconsacrata di Santo Stefano a Breo ospiterà la parte pittorica, mentre invece a Piazza andrà la produzione ceramica dell’autore, ovviamente nell’apposito museo sulla Piazza Maggiore, nel cuore della Mostra dell’Artigianato.
Una piccola tradizione monregalese che si va consolidando in questi ultimi anni, l’ennesimo corollario della natura doppia della città.
Una mostra di caratura internazionale, non solo perché l’artista porta un nome esotico e l’erpa del vicino è sempre più verde, ma per la sua reale statura artistica.
Il bel catalogo della mostra definisce Lerpa come “vichingo dei colori” fin dal titolo, sottolineandone le origini nordiche. Lerpa infatti, stando al suo sito, http://www.neslerpa.com, è nato a Copenaghen nel 1942. Figlio d’arte (Giovanna Giusti Galardi della Galleria degl’Uffizi parla di “percorso iniziatico del padre pittore”) ha iniziato qui la sua carriera artistica appena diciottenne, nel 1960.
Da allora, l’autore colleziona mostre in Europa, Usa, India e Cina, da cui il prestigio del catalogo monregalese che non solo è bilingue, con l’inglese indispensabile e solo recentemente apparso nelle pubblicazioni cittadine, ma addirittura trilingue, con anche ideogrammi cinesi.
Nel cuneese, Lerpa era stato già nel 1984, nel capoluogo Cuneo, dove il Teatro Monviso aveva ospitato la mostra “Il cielo dei Vichingi”, con analogo titolo riferito sia alle origini che al nomadismo artistico dell’autore (un gioco di parole quasi obbligato, pare).
Nel proprio sito, Lerpa si definisce affascinato dal Surrealismo, soprattutto dall’automatismo del gesto, “aspetto rabdomantico e quasi magico”, ottenuto tramite l’impatto emozionante del colore e delle grandi dimensioni. Tra i maestri, certo non casualmente, Lerpa cita anche il surrealista André Masson, cui appartiene la citazione che apre la mostra.
E le grandi dimensioni in effetti contribuiscono molto all’impressione grandiosa che la mostra è in grado di suscitare, accentuando l’efficacia dell’esplosione di colori nei grandi stendardi multicolor che si slanciano come vessilli di una giostra, talora bucati come enormi Sacchi di Burri.
L’impatto di tutto questo gran pavese è ancora più eclatante sullo sfondo delle delicate, chiare scenografie rococò della chiesa, in un gioco di contrasto che esalta entrambe, la cornice e l’opera.
Le opere sembrano voler entrare in sinergia con l’ambiente, specialmente tramite due vessilli che colano sul pavimento in un profluvio di colori, come salse di uno dei ciclopici panini di Oldenburg.
Questa potenza primordiale delle opere di Nes Lerpa è quasi sempre ricondotta alla sua matrice scandinava, indagata nei suoi miti primigeni e ancestrali, e mai priva di una certa inquietudine.
Il sindaco Viglione e l’assessore Schellino parlano, istituzionalmente, di “vitalità impetuosa e vibrante del colore”; la Galardi vede invece una pittura “che apre ai mondi abissali, evocati anche per forza di fantasticherie, come un mare abitato da presenze prodigiosamente Illuminate”, dove occhieggia quindi quasi un ricordo del ciclo lovecraftiano di Chtulu.
Cristiano Isnardi, curatore della mostra monregalese, inizia invece la sua analisi rimandando ai “miti della cosmogonia nordica”, dove il contrasto “tra Ordine e Caos” diviene forza creatrice: “il fuoco e il ghiaccio” si scontrarono in una “terra di Mezzo” e “diedero vita all’Universo”. Qui la reminiscenza sembra riandare più alle “Chronicles Of Ice And Fire” di Martin.
Indubbiamente comunque le opere di Nes Lerpa hanno una vitalità tumultuosa e prorompente, una luce che contiene al suo interno anche sprazzi di tenebra. Per questo, forse, l’opera più interessante mi è apparsa, in controcanto, questa sfera nera, minimale, cupa come la scura sfera di un veggente da rolegame fantasy. Lo Yin che c’è sempre nello Yang, o viceversa.
Tra l’altro, è curioso che, rovesciando Nes Lerpa, si produca “Apre ‘L Sen”, che pare espressione perfetta per un poeta dell’età manierista.
Lo è a tal punto, anzi, che la usa Torquato Tasso, in un suo sonetto a Lucrezia d’Este, in apertura del terzo verso (Tasso corrispondeva tra l’altro col Lauro, vescovo del Mondovì, nel suo famoso epistolario: ma questa è un’altra storia).
Ne gli anni acerbi tuoi purpurea rosa
sembravi tu, ch’a i rai tepidi, a l’ora
non apre ‘l sen, ma nel suo verde ancora
verginella s’asconde e vergognosa;
o più tosto parei, ché mortal cosa
non s’assomiglia a te, celeste aurora
che le campagne imperla e i monti indora
lucida in ciel sereno e rugiadosa.
Or la men verde età nulla a te toglie;
né te, benché negletta, in manto adorno
giovinetta beltà vince o pareggia.
Così più vago è ‘l fior poi che le foglie
spiega odorate, e ‘l sol nel mezzo giorno
via più che nel mattin luce e fiammeggia.
Ma a parte questa curiosità, che forse quasi prefigura, in una criptica quartina à la Nostradamus, la venuta del nostro in città, non possiamo che concludere invitandovi a prendere un caffé nella bellissima Mondovì, Breo o Piazza che sia, e a visitare la mostra di Nes.