SILVIA PAPI
Decisamente in sordina è uscito di recente, per quelli delle edizioni IPOC, un bel libro di Federico Battistutta… Si tratta di Storie dell’Eden – Prospettive di ecoteologia, dove l’ecologia è vista non come qualcosa di cui i più accorti tra noi si occupano per amore del bene comune, ma bensì quell’intricato e complesso insieme di rapporti che – tutti e tutto – ci lega.
L’autore con i suoi libri cerca ormai da anni di creare connessioni, passaggi, relazioni tra quello che possiamo chiamare un progetto politico-sociale – ovverosia le idee e le azioni di tutta quella gente che ha creduto e crede in un modo di stare al mondo libero da oppressioni e sfruttamenti (dico così per intenderci e farla breve) – e un sentire “religioso” che spesso, inconsapevolmente, attraversa gli animi delle stesse persone. Lo sforzo non è semplice perché, il più delle volte, il pregiudizio alberga da ambo le parti. Chi si dice religioso non vuol avere a che fare con la politica nella sua accezione più radicale e chi ha sposato idee politiche radicali, rifugge dalla religione. Un po’ di ragione, secondo me, sta sempre da ogni parte e, per capirsi, bisogna intendere bene di cosa si sta parlando, qual è il piano su cui si sta affrontando la questione. Quindi, eliminando in partenza dal discorso tutte le chiese, i clericalismi e i luoghi di potere di entrambe le parti, forse si può incominciare a ragionare. Quello del nostro autore è un atteggiamento di questo tipo e il pregio del suo essenziale libro – poco più di cento pagine – sta nell’andare alle origini del tema riguardante la convivenza tra umani e degli umani con tutto ciò che vive, ricercando nella storia più antica, tramandata attraverso le narrazioni di diversi popoli e culture, il racconto di un tempo in cui “un altro mondo fu possibile”.
La domanda che il testo si pone è questa: cosa dicono a noi contemporanei, in quest’epoca di crisi incombente, tali racconti? Si tratta solo di mitologie, fantasie riguardanti un passato che forse non è mai esistito o, al contrario, custodiscono qualcosa di prezioso – profezia, sogno, speranza, utopia – che alberga nel segreto del cuore e verso il quale da sempre, con passione e intelligenza, l’essere umano aspira?
Per rispondere Battistutta parte dai racconti presenti nel testo biblico, passa attraverso i classici greci e latini, la letteratura popolare, le ricerche archeologiche e antropologiche per arrivare ad un intenso confronto con figure significative del pensiero moderno e contemporaneo, quali Rousseau, Benjamin, Bloch, Eliade, Panikkar, Clastres e molti altri. Non si risparmia ed esplora molteplici possibilità, per mantenersi sempre all’altezza della domanda.
Così ci vengono incontro narrazioni nelle quali si parla di quando, come per incanto, fu possibile un’intesa condivisa tra uomini e donne, giovani e vecchi, tra esseri umani e mondo vegetale, minerale, animale. Ciò che il libro sottende è: se quello che ci viene raccontato non fosse un ipotetico inizio bensì il progetto terminale – lo scopo – a cui noi siamo chiamati a collaborare? Se quello che già è accaduto fosse in qualche modo il punto di ritorno/arrivo – debitamente attualizzato – nel percorso evolutivo dell’umanità?
Partendo dal presupposto che l’ordine delle cose nel quale ci troviamo a vivere non è un ordine naturale contro il quale non si può far nulla, ma, piuttosto, una costruzione mentale e sociale, una visione del mondo con la quale l’uomo appaga la sua sete di dominio; una visione così potente che anche chi ne è vittima spesso l’ha integrata nel proprio modo di pensare, con l’accettazione inconscia di inferiorità che ne consegue. Allora, per modificare le costruzioni mentali dobbiamo lavorare con disponibilità sulle nostre visioni e libri come quello di Federico Battistutta, che scandagliano, attraversando i millenni, le narrazioni su cui ci siamo formati, noi, donne e uomini d’Occidente, diventano indispensabili strumenti di conoscenza. Epoche di grande e rapido cambiamento come la nostra chiedono senz’altro questa andata a ritroso, per riuscire a fare le connessioni utili a comprendere il presente e costruire la visione progettuale del futuro. Siamo costituzionalmente esseri narranti e tutte le scelte che contraddistinguono il nostro cammino sono sostenute da racconti; bisogna vedere quali.
Entrando nel tempo mitico le “storie dell’eden” raccontano la genesi, quel “sogno di Dio”, che, forse, altro non è che altissimo sogno umano dell’impossibile, il progetto al quale siamo chiamati a collaborare declinandolo nelle sue forme del possibile, nella consapevolezza che cielo e terra, come tutte le sostanze, compreso Dio, stanno dentro l’uomo (J. Böhme citato a pag 103).
Il giardino dell’Eden, quel che appare perduto (è chiaro che qui si ragiona per simboli) è davvero perduto per sempre o forse quell’inizio arcaico non intende solo un tempo cronologico, ma tutto ciò che è all’inizio di un percorso, ciò che nasce di nuovo, fresco di giovanile entusiasmo e speranza? Troviamo, quindi, tra le pagine del libro il suggerimento a leggere in quegli antichi testi l’invito per rinnovare alle radici i rapporti che intratteniamo tra noi, con gli animali e con tutto il mondo naturale, nel quadro di una profonda trasformazione che nulla può lasciare invariato perché, pur contemplando la sconfitta, sa che comunque nessuna sconfitta è incolmabile e il nostro agire è così posto sotto il segno di una speranza che non conosce rassegnazione.
L’articolo è originariamente comparso su “A/Rivista anarchica”, n.402, novembre 2015 (http://www.arivista.org/)
Storie dell’Eden – Prospettive di ecoteologia
Recensione di Valerio Pignatta uscita sulla rivista “Confronti”
L’immagine di copertina è di Bruna Bonino