LORENZO BARBERIS.
Roberta Astegiano è una pittrice saviglianese che, ultimamente, è passata dalle sue opere grafiche bidimensionali (in un rigoroso bianco/nero) a produzioni tridimensionali che ho trovato interessanti. Da qui nasce questa intervista per “Margutte”, un primo approccio a Roberta e alla sua arte.
Innanzitutto, come nasce il tuo avvicinamento al mondo dell’arte?
Ho amato l’arte e la creatività sin da bambina, ricordo che a scuola, in educazione artistica, e nei momenti di ricreazione collettiva – estate ragazzi, oratorio – in cui dovevamo creare striscioni, cartelloni o pannelli decorativi, io ero sempre in prima fila eccitatissima all’idea di poter creare qualcosa di grande e “pubblico”. Per il resto i miei libri, quaderni e diari erano già costellati di disegni e decorazioni.
Qual è stato il tuo percorso formativo in quest’ambito?
Ho frequentato l’Istituto statale d’Arte “A. Bertoni” di Saluzzo, oggi Liceo artistico, e in seguito mi sono laureata in Scienze dei Beni culturali all’Università degli studi di Torino.
Ho trovato interessante il tuo passaggio all’arte tridimensionale, con la creazione di “cubi” che trovo vagamente inquietanti. Quali sono – se ci sono – i riferimenti a cui ispiri la tua produzione artistica?
Mi incuriosisce molto il fatto che tu definisca i solidi “vagamente inquietanti”. In realtà ciò che mi ha spinto verso questo tipo di creazione è una sorta di “ritorno alle origini”, un tentativo di sentire più a fondo il legame con la madre terra. Infatti le decorazioni seguono le venature del legno, e riproducono i tipici “nodi”. Poi inserisco anche un tipo di decorazione fantasiosa meno naturale, ma che comunque testimonia la mia presenza emozionale durante la creazione.
Ora sto sviluppando su un nuovo solido un’immagine figurativa femminile, vediamo come decorerò i tre lati restanti… mi piace molto lavorare senza un preciso scopo, seguendo invece il corso delle mie emozioni! Operando su questo tipo di supporto più maneggevole e di piccole dimensioni riesco a seguire il flusso creativo in modo più fluido e meno calcolato.
Dato che “Margutte” è una rivista innanzitutto di poesia e altre scritture, ci piace capire quali sono i riferimenti letterari più importanti per gli artisti che intervistiamo. Quali sono, quindi, le tue letture preferite?
Per quanto riguarda la poesia, dall’età di dodici anni fino ai diciassette ho scritto un’ottantina di poesie – che non ho mai pubblicato: i temi erano esistenziali e velati della tristezza tipica dell’adolescente. I miei riferimenti erano Charles Baudelaire, in particolare la raccolta I fiori del Male, riferimento suggeritomi dal mio amatissimo Dylan Dog, e Jim Morrison – di cui possedevo la raccolta Poesie apocrife.
Oggi preferisco i romanzi storico-artistici, quelli biografici (preferibilmente le biografie di artisti), i thriller e le saghe familiari che attraversano il tempo. Leggo continuamente: ora per esempio ho sotto mano Non ci sono solo le arance di Jeannette Winterson, romanzo umoristico che rasenta il surreale.
Per concludere, una domanda classica. Quali pensi possano essere i progetti e gli sviluppi futuri della tua attività artistica?
Ovviamente auspico di poter un giorno mantenermi esclusivamente grazie alla mia arte, per ora, che sono ad un giro di boa non indifferente – ho perso il lavoro a causa del forte calo di affari – ho la possibilità di concentrarmi su me stessa e di mettere a frutto le mie qualità e la mia forza di volontà per inserirmi anche a livello professionale in campo artistico-culturale. Il sogno che seguirò con ardore, comunque, è quello di affermarmi nel settore come artista.
Ringrazio Roberta della sua disponibilità, dandole appuntamento per parlarci dei prossimi sviluppi della sua arte!