Federica Gullotta
Sorella – Dio, è un buon tempo per soccombere, tuttavia
dovevo estraniarmi alle due estremità.
Sì, un buon tempo per venerare Occidenti e velare la rinuncia di vergogna bianca:
un tempo di rondini incandescenti,
(Ma per il solo fatto che perderemo vite incominciate)
che ci conduca all’Essere, il buon tempo, e all’addio che si allontana in forma di grasso
colombo cupo o di rondine lunghissima e snella:
Sono nato senza povertà, ahimè, e la povertà mi sceglie come un uovo condannato
ad un marciume precoce;
ma sono nato con molto Amore (brutta impronta natale, nei confini dell’Essere): gli
mostrai i cancelli delle fabbriche, lo derisi, e le frecce
non lo risparmiarono,
anche se giovane e vestito di scaglie burrose, le delicatezze mietute
in una festa di sogni oppiacei.
Se si presuppone (…) la Vita è irrealtà vigilata:
Ho dovuto trovare, amore, un buon tempo per soccombere.
(Cliccare sul titolo per l’intera opera)
Federica Gullotta: «Sono nata nel 1991, e abito a Faenza (Ra), in Emilia-Romagna. Ho frequentato il liceo classico (Liceo Classico E. Torricelli di Faenza), e ora studio Sociologia all’interno della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna.
Scrivo poesie e racconti da quando avevo 5-6 anni, ma preferisco esprimermi attraverso la poesia. Ho sempre amato le forme d’arte in generale, come la danza e la recitazione, che ho praticato per diversi anni, ma in particolare la scrittura è sempre stata il mio principale mezzo espressivo e creativo.
Ho pubblicato per la Società Editrice MonteCovello la mia prima raccolta di poesie “Per non piangere”, composta da poesie realizzate principalmente nell’adolescenza dai 13 anni, e nel periodo compreso fra il 2013 e il marzo 2015. Non pubblico a pagamento, per mia scelta».
Biografia dell’Autrice (in versi)
Avevo sei anni e vidi che
Dovevo consegnare una vita
Alla vita;
La mia stanza era calda,
Ma ancor più l’aria,
E di tutti i soffitti possibili
Il mio era un cielo che non cambia;
Il tempo era già troppo
Se paragonato alle lumache
Che allevavo,
Poco, se al gatto:
Lo vedevo eterno
Di ogni passante
Tiravo la mano,
Di ogni finestra invidiavo
I segreti che certo
Nascondeva;
Eccetto quella del fornaio:
Era aperta a tutti;
Le chiese, ecco, non le tolleravo
I luoghi asciutti di perdono
Pregavo i profumi
Che conoscevo
- quello di mia nonna, ad esempio-
Da sconosciuti giardini di Puglia
E domandai, una volta
A catechismo, se in Paradiso
Avendo tutto, ci si annoia.