LORENZO BARBERIS
Arte in mostra: Mostra dell’artigianato 2013, un bilancio.
Si è conclusa la Mostra dell’Artigianato Artistico di Mondovì, edizione 2013, numero 45: l’evento principale dell’anno culturale monregalese, che viaggia verso il mezzo secolo in un costante tentativo di rilancio e rinnovamento.
Una mostra indubbiamente di transizione, che ha visto un passaggio di consegne, non si sa quanto definitivo o momentaneo, tra la storica associazione degli “Amici di Piazza“, che ha fondato la manifestazione nel 1967, e l’associazione “La Funicolare“, una nuova associazione (attiva dal 2012) che mira a unificare i commercianti – e i rioni, in senso più lato – di Breo e Piazza in una comune promozione culturale, proprio come fa, dal 2007, la Nuova Funicolare monregalese disegnata da Giugiaro (venuta a sostituire quella storica, 1886-1976). Transizione anche negli orari: sempre una settimana a cavallo di ferragosto, 10-16 quest’anno, ma con netto slittamento in fascia più ristretta e più nettamente serale, 18-23 (come serale, 21-24, è l’evento dei Doi Pass di Breo, il ventennale evento di successo gestito oggi dalla “Funicolare” stessa).
Si tratta anche della prima mostra di Margutte, la nostra non-rivista di arte e letteratura online, che è stata incaricata della copertura in rete dell’evento, web partnership celebrata anche nel pieghevole della mostra in una minuta nota laterale.
Ceramiche classiche e moderne davanti al museo, tra Rinascimento e design anni ’60.
Un grande rilievo ha come al solito la ceramica, la grande tradizione artistica di Mondovì dal finire del ’700. Una promozione accentuata da quando, nel 2005, Mondovì entrò a far parte del prestigioso circuito delle città italiane della ceramica, ottenendo anche in seguito per la mostra lo statuto di mostra regionale della ceramica. Un aspetto ultimamente meno accentuato, mentre giustamente se ne sottolinea la natura di mostra dell’artigianato artistico.
Dal 2011, data di apertura del sospirato Museo della Ceramica, nato dopo una gestazione decennale, la promozione ceramica è incentrata sul museo stesso, aperto gratuitamente al pubblico e ospitante mostre di livello (come anche nel corso dell’anno). Quest’anno è toccato alle ceramiche di Nes Lerpa, autore danese di caratura internazionale, la cui produzione pittorica era invece presentata a Breo, a Santo Stefano, in una tentativo di sinergia tra città alta e città bassa che ultimamente si è accentuato nella promozione culturale, ma che solo da quest’edizione ha interessato anche la proposta della mostra dell’Artigianato. Un tentativo ancora sperimentale, ma con esiti curiosi e vagamente surreali, sicuramente da ampliare.
Curioso vedere duettare il “gallo” della Ghigliano, simbolo della mostra di Piazza, con lo storico Moro della Malfatti, simbolo di Breo.
Delfino Curioso davanti a San Pietro
Chtulu is coming: Breo come Innsmouth.
Bizzarri cavalli imbizzarriti, sirene spiaggiate: il surrealismo al potere a Breo.
Oltre alla mostra pittorica di Nes Lerpa, Breo vedeva anche lo studio sulle terre proposto dall’associazione MondoW, ai piedi della Funicolare, e una selezione dei componenti dei carri di carnevale nel salotto buono della città bassa.
Il centro della mostra, ovviamente, rimane comunque Piazza. L’accentuazione del termine “artistico”, di cui si diceva sopra, si è associata a una prevalenza di mostre d’arte rispetto alle presenze più puramente artigianali, in diminuzione.
Ecco dunque, oltre a Nes Lerpa, la mostra delle sculture in ceramica Raku di Persea, nella sala idonea al pian terreno dell’Antico Palazzo di Città, con l’affascinante produzione dei suoi “Guerrieri”, prime opere a tema maschile nella sua produzione, ceramica e non.
Il palazzo del Governatore, invece, ospitava le personali di ceramica degli artisti Nadia Lolletti e Enzo Angiuoni.
Le architetture di Anne Desmet
La mostra omaggiava anche la tradizione della Stampa, l’altro grande vanto artistico di Mondovì (ancora più antico della ceramica, affondando le sue origini nel primo libro tipografico del Piemonte, nel 1472, e in una delle prime tradizioni del libro illustrato in assoluto, dal 1476).
Anne Desmet (1964 – ), che ho avuto il piacere di intervistare per il Margutte in una ampia e piacevolissima conversazione, era presente con le sue vedute architettoniche, spazi possenti, desertici e talvolta vagamente inquietanti, come del resto sottolineava il costante richiamo alla Torre di Babele nella sua produzione. Editore di Printmaking Today – rivista di riferimento del settore – dal 1998, Anne è la terza donna incisore a divenire, nel 2011, membro della Royal Academy of Arts.
- Little Lamb, who made thee?
- Dost thou know who made thee?
- Gave thee life, and bid thee feed
- By the stream and o’er the mead;
- Gave thee clothing of delight,
- Softest clothing, woolly, bright;
- Gave thee such a tender voice,
- Making all the vales rejoice!
- Little Lamb, who made thee?
- Dost thou know who made thee?
- Little Lamb, I’ll tell thee,
- Little Lamb, I’ll tell thee:
- He is called by thy name,
- For He calls Himself a Lamb.
- He is meek, and He is mild;
- He became a little child.
- I a child, and thou a lamb,
- We are called by His name.
- Little Lamb, God bless thee!
- Little Lamb, God bless thee!
La scure come simbolo del Male.
“Scars and Stripes”
Simon Brett (1943 – ), della generazione precedente, è una voce altrettanto autorevole dell’incisione, inglese e non. Presidente della Society of Wood Engravers, è presente a Mondovì con pezzi potenti, fortemente radicati nella tradizione incisoria ed artistica inglese.
Il tema portante, come in William Blake, è il contrasto tra l’Innocence, simboleggiato anche qui dall’Agnus Dei, “The Lamb”, e la violenza, simboleggiata qui, invece che dalla Tigre, dalla scure che si abbatte sugli innocenti: l’Agnello, il tabernacolo dato alle fiamme, la New York del 2001 sotto l’attacco terroristico delle Torri Gemelle, nel pezzo a mio avviso più forte della mostra, che riesce a riflettere artisticamente sulla tragedia senza scadere in una facile retorica o in una opportunistica genericità.
Le vittime che osservano impotenti il crollo delle Torri sembrano assurgere a simbolo universale della violenza, come avviene nelle migliori opere quali Il Naufragio della Medusa di Gericault o Le fucilazioni del 1808 di Goya. A personaggi evidentemente contemporanei se ne fondono altri più indefiniti, quale l’aedo classico in basso a sinistra, colto nell’attimo in cui perde la propria lira.
Un modo per indicare che l’intera civiltà occidentale è colpita al suo cuore, ma anche, credo, dell’impossibilità del dire poetico di fronte all’orrore inspiegabile del Male. Molto bello anche il titolo, un elegante gioco di parole sulla bandiera americana, dove alle Stars, con un cambio consonantico, si sostituiscono le Scars, le cicatrici.
Una quarta autrice “internazionale” (e terza nell’arte della stampa) è poi Roxy Columbus, stampatrice americana ormai però cittadina monregalese di adozione, presente – con altri tipografi – in un evento di stampa artistica che ha voluto omaggiare Andy Warhol e la sua celebre Campbell Soup (1962). L’evento, intitolato warholianamente “Quindici minuti di celebrità”, ha visto la stampa di una riedizione “essenziale” delle celebri lattine riprodotte solo con caratteri tipografici. Ad esse si sono associati altri lavori di letterpress illustranti citazioni celebri di Andy, nel segno dell’ironia che contraddistingue la Pop Art e questo omaggio nel giusto spirito.
Non manca nemmeno la pittura, omaggiata con la mostra retrospettiva di Gino Zanat (1920 – 1986) che andava a riscoprire questo artista, celebrato solo nel decennale della morte (1996) e poi sostanzialmente trascurato nonostante la sua importanza chiave per comprendere la scena monregalese. Allievo di Fracchia e Sacheri, maestro di Corrado Ambrogio, Zanat riassume nella sua opera una transizione dal figurativo più tradizionale sulla scia nei maestri, negli esordi degli anni ’50, fino ad una visione eterea, lattiginosa e metafisica che si impone nella sua pittura degli anni ’60 (il 1960 è anche l’anno della prima personale). Animatore della Galleria “La Rotonda” dal 1971, la fa divenire un punto di riferimento per la scena locale con quasi un centinaio di mostre nel corso degli anni ’70. La scomparsa e la caduta nel dimenticatoio, anch’esse, segnano indubbiamente una cesura nell’arte monregalese, da rimeditare.
Valida anche la mostra di Roberto De Siena, nel segno di una interessante astrazione materica; la scultura – a parte le ceramiche di Persea - risulta coperta dalle Infiltrazioni aliene delle cantine Bonaparte, di Cristina Saimandi.
Le foto di Lorenzo Avico.
La fotografia, invece, ha il suo evento di spicco nella mostra di Lorenzo Avico, autore affermato nel torinese che solo di recente ha intensificato la promozione del suo lavoro a livello monregalese. La cornice è la prestigiosa sala dell’antico Circolo di Lettura, che evoca nell’immaginario riti di altri tempi, sontuosi balli o ritrovi ermetici alla Eyes Wide Shut.
E poi, oltre agli eventi letterari e musicali che fanno da corollario all’esposizione artistica, c’è la Mostra: i monregalesi in Piazza, il rione storico per una volta vivo come lo si vorrebbe sempre, i concerti, il grande evento del Toro, i cortili segreti delle case di Piazza per una volta aperti, magari con un ciclopico becco alchemico a fare la guardia alle colonne d’accesso. E poi un nascente, interessante fuori mostra, e poi mostre di cui non sappiamo, possiamo o vogliamo scrivere, e tuttavia magari sono la vera chiave per capire i segreti della mostra di Piazza. O di Piazza stessa.
Ultimo giorno di mostra.
Un giro rapido, diurno, poco prima di cena. Ultimi accordi per scrivere di una mostra con amici, appuntamenti da prendere per restituzione di pezzi.
Un portale mi colpisce.
E’ il portale che c’è nella copertina del mio libro, “I Misteri di Mondovì”.
Un bafometto diroccato, che diveniva per me il simbolo del mistero di una città (la mia).
Ora il portale è perfettamente restaurato, il bafometto mi fissa corrusco dietro la luce splendente.
Il logo della mostra in copertina dell’articolo è dell’artista e fumettista Cinzia Ghigliano.