L’incanto del tempo

Art musicaPATRIZIA PECOLLO

Mentre mi inebrio di aromi speziati e torno bambina davanti a incantevoli fiori di ceramica, un ‘Hey Jude’ arpeggiato e struggente si insinua nelle orecchie; mi sorprendo a canticchiarla a fior di labbra insieme ad altri visitatori che, come me, stanno ammirando gli oggetti d’arte esposti sulle bancarelle della fiera.
Seguo la curiosità di scoprire l’autore di quella musica coinvolgente: un ragazzo che fa tutto da solo con una tastiera, un computer portatile, un sistema di amplificazione ben dosato (cosa rara) e consunti spartiti cartacei (evviva).
Passa con naturalezza da un ritmo all’altro, dai Pink Floid ai Deep Purple (Smoke on the water! Avevo 15 anni!) ad autori moderni (per me ignoti e incantabili come difficoltà)  molto piacevoli.
Mentre suona e canta, saluta i passanti che si fermano ad ascoltarlo e risponde, senza perdere il ritmo, ad un madre il cui figlioletto rimane incollato alla cassa battendo il tempo con le gambine: ‘Non vuol venire a casa ma sono le 11, è ora che lo porti a dormire, glielo dica lei che a quest’ora la manifestazione si chiude e tutti vanno a casa!’
Applausi, il ragazzo ringrazia, visibilmente soddisfatto, e prosegue.
Lo osservo meglio: ha un abbigliamento da spiaggia e mi immagino che oggi, giornata estiva di rara limpidezza, sia andato al mare con gli amici, poi all’improvviso si sia ricordato della sua esibizione serale a Mondovì, abbia guardato l’orologio (o il telefonino) rendendosi conto che si è fatto tardi e sia schizzato via pensando: “Devo ancora tornare a casa, speriamo che non ci siano code in autostrada, caricare l’attrezzatura, non devo dimenticare niente, e cambiarmi”, sia arrivato trafelato ma in tempo al Belvedere rendendosi improvvisamente conto di non essersi cambiato. “Pazienza” può aver pensato “canto e suono, non sfilo mica!”.
Quindi eccolo lì, che si esprime e comunica con la sua arte, disinvolto nella tenuta maglietta-calzoncini-infradito.
Tanto suadente è questo musicista quanto è travolgente il pianista che suona un paio di sere dopo: totalmente concentrato in velocissimi brani di boogie che fanno battere a tempo mani e piedi del pubblico, e in originali improvvisazioni di brani jazz. Sciolto e scattante sulla tastiera come nell’alzarsi per salutare un amico, che lo chiama per nome, uscendo per un attimo dallo stato di trance.
Oggetto di grande ammirazione (e non poca invidia) da parte mia: avendo iniziato a studiare il pianoforte da due anni, so quanto sia difficile (per me ancora impossibile) suonare il piano mentre si canta e non so quante volte dovrò ripetere l’honkie tonkie de ‘La stangata’ (versione facilitata) prima di arrivare a una velocità appena passabile, per quanto riguarda l’improvvisazione poi … ci vorrebbe un’altra vita!
Mi viene in mente Arturo, chitarrista della Nuova Compagnia di Canto Popolare che mi spiegava: “Quando hai talento, e lo eserciti come si deve, sei in grado di suonare bene in qualsiasi luogo, circostanza e posizione, anche dormendo!”

(Il ragazzo è Marco Rocca che si è esibito ai Giardini

del Belvedere domenica 11 agosto

il pianista è Daniele Trucco cha ha suonato mercoledì 14,

senza nulla togliere a tutti gli altri, altrettanto bravi,

che hanno suonato le altre sera ma

che non ho avuto la fortuna di ascoltare)