SILVIA PIO (a cura)
“Doppia esposizione. Berlin 1985-2015″ è un’opera in cui confluiscono il saggio narrativo e il racconto fotografico. L’autrice Natascia Ancarani ricostruisce la trasformazione di tre quartieri berlinesi dal 1985 ai nostri giorni descrivendo alcuni luoghi esemplari come Potsdamer Platz, Bernauer Straße, Prenzlauer Berg, Kreuzberg. Vengono mostrate in forma critica le metamorfosi della capitale tedesca «come una doppia esposizione in cui la città scomparsa traluce ancora dalla città appena ricostruita». Si tratta di una sorta di viaggio tra luoghi, volti e accadimenti che fa emergere la complessità del rapporto tra presente e passato configurando la città anche come «organismo memoriale».
Il testo è corredato da 134 fotografie di M. Hughes, W. Krolow, E. Papa e P. Woelck, dai saggi Berlino futura di Franco Romanò e Il rammendo di Mnemosyne di Sergio Lagrotteria e da una sezione di testi poetici, ispirati alla città tedesca, di Kunze, Czechowski, Celan, Heym, Szymborska. Con “Doppia esposizione. Berlin 1985-2015″ le Edizioni del Foglio Clandestino, microeditore di poesia e narrativa breve, inaugurano ufficialmente la nuova collana Gleis 13, che ospiterà opere in cui il saggio narrativo dialoga con la documentazione fotografica.
«Le città vivono a lungo. Le loro trasformazioni sono spesso lente e parziali. Molte opere resistono immutate attraverso i secoli e fanno da sponda all’esistenza umana, mutevole e breve. […] Immaginiamo di tornare in un luogo familiare, dopo anni di assenza, e di ritrovarlo cambiato, tanto da non riconoscerlo. […] Forse diventerebbe una questione vitale ricordarlo con maggiore precisione, raccogliere vecchie fotografie o testimonianze, raccontare com’era un tempo. [...]
Ho scelto di descrivere pochi luoghi esemplari, Potsdamer Platz, Bernauer Straße, Prenzlauer Berg, Kreuzberg. Luoghi che sono, più di altri, crogiuoli di memorie personali e collettive, di ricostruzioni o trasformazioni. [...] La prospettiva scelta è parziale, volutamente frammentaria e personale. Il libro non traccia grandi affreschi, ma scende nei particolari. Occupa una posizione, spesso scomoda, un punto di vista con cui si può facilmente dissentire».
(Dalla nota Città del ricordo di N. Ancarani)
«Dal 1989 Berlino è stata una città mito. Anche in passato la città aveva avuto la forza d’attrazione di un mito, ma per ragioni talmente diverse da sembrare, di volta in volta, un luogo differente. La storia della città è questa dalla seconda metà dell’Ottocento, cioè da quando è diventata così importante e tragicamente decisiva per la storia tedesca ed europea. Il primo spunto per scrivere questa introduzione lo trovo proprio nella giovinezza di questa metropoli. Le grandi città mediterranee sono segnate dal tempo, dalla storia che si portano sulle spalle, per non parlare di quelle del vicino Oriente. Damasco ha più di tremila anni di vita, Roma quasi tremila, mentre le città del grande Nord sono recenti, alcune appena nate. Berlino è fra queste, il monumento più antico della città risale al Settecento, il fazzoletto di terra (quasi un’isola) che si trova a fianco del Municipio della città, è un quartiere fra i più antichi, ma le targhe portano date che risalgono alla seconda metà del Settecento. Berlino è la modernità per eccellenza, l’unica città europea – si dice solitamente – ad assomigliare alle metropoli americane. Storia davvero curiosa, che dimentica un particolare importante e cioè che si tratta del contrario: furono gli architetti della Bauhaus, nei favolosi anni Venti, a inventare l’architettura moderna a Berlino per poi portarla oltre Atlantico dal 1933 in poi, in fuga dalla Germania hitleriana».
(Dal saggio Berlino futura di F. Romanò)
«Ogni città ha la sua storia. E Berlino ne ha una molto particolare: esaltante e tragica insieme e con un futuro non ancora compiutamente decifrabile. L’aspirazione al luogo che ridefinisca la propria identità, la propria storia e il proprio futuro: questo è il compito estremamente difficile che Berlino ha dinanzi a sé. […] Il territorio urbano è la cornice, lo scenario delle vicende umane: dell’ethos delle generazioni, degli eventi di grande portata storica, come degli insignificanti episodi quotidiani. Nondimeno, non basta togliere o abbattere un edificio o una statua o qualsiasi altro simbolo (specie se negativo) di una città per cancellare il passato. Come non basta costruire il nuovo per generare una nuova civiltà. La città, pur essendo un organismo fisico e concreto, è anche un organismo memoriale, cui volgere lo sguardo per attingere qualcosa che richiede di essere guardato e recepito nuovamente».
(Dal saggio Il rammendo di Mnemosyne di S. Lagrotteria)
Le fotografie vogliono essere una testimonianza del mondo che a Mitte e Prenzlauer Berg è con ogni probabilità in via di estinzione. Sono i luoghi dove i turisti possono ancora incontrare qualche casa fantasma, così com’era prima della svolta, o riconoscere alcuni dei centri occupati da attivisti dell’Ovest all’apertura del Muro. Il Cafè Cinema, con i banconi nel cortile interno, i muri esposti alla street art, ha aperto negli anni immediatamente successivi alla svolta e da allora è rimasto immutato.
Nel cimitero si avverte oggi un’atmosfera di diffusa serenità, un desiderio di quieto ordine. Ma come si vede nella fotografia precedente, il monumento alle vittime del Muro spezza con la sua figura inquietante la pace del luogo. La statua dell’angelo, che conclude la serie, protegge la quiete riconquistata, dopo le guerre, la distruzione, la divisione, le diatribe, ma la sua ala è spezzata. Qualcosa nel processo si è perso, è stato rimosso o dimenticato.
Natascia Ancarani
Nata da famiglia contadina a Conventello (Ravenna) nel 1961 ha studiato filosofia a Pavia laureandosi con una tesi su Freud. Insegna lettere nelle scuole superiori. Nel 1993 partecipa con un saggio a una ricerca sulla violenza: M. Rampazi, D. Scotto di Fasano (a cura di), Il sonno della ragione. Saggi sulla violenza, (Dell’Arco, 1993). Nel 2006 vince il concorso “Pubblica con noi” di Fara con Palazzo della Repubblica e altri racconti. Altri saggi e racconti sono presenti nelle antologie: La poesia, il sacro, il sublime (Fara, 2010), Scrivere per il futuro al tempo delle nuvole informatiche (Fara, 2012), Letteratura… con i piedi (Fara, 2014).
Questa fotografia mostra invece l’originaria struttura del quartiere, le case sopravvissute alla guerra hanno la caratteristica fiancata pulita, perché la casa che vi si appoggiava è stata evidentemente distrutta dai bombardamenti o demolita in seguito. Queste superfici pulite erano il luogo privilegiato dei murales. Abbiamo scelto questa fotografia per la siepe, che ancora ricorda quella mescolanza di edifici cittadini e terreni incolti che caratterizzava un tempo il quartiere. A seguire la zona tranquilla della Mariannenplatz che immette al parco, probabilmente salvato, insieme all’ospedale Bethanien, dalle occupazioni degli anni Settanta.
Le Edizioni del Foglio Clandestino nascono nel 2005 come sviluppo, quasi naturale, dell’esperienza del Foglio Clandestino, “Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria” che dal 1993 si occupa di poesia, narrativa breve e traduzione. Le edizioni ne hanno conservato lo spirito e gli intenti. Accanto alla passione per la letteratura, la scrittura e un profondo desiderio di condividerla è sempre stata forte la volontà di diffondere poeti e narratori inediti, riscoprire autori dimenticati, riportare la poesia verso i lettori, puntando sulla forza del testo.
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