Lei, Vivian Maier

IMG_1049

SILVIA PIO (a cura)

Esce l’8 marzo 2016 per orecchio acerbo editore l’ultimo libro illustrato di Cinzia Ghigliano, dedicato alla fotografa Vivian Maier.

Intervista a Cinzia Ghigliano

Come e quando hai incontrato Vivian Maier?
Molto presto, in realtà, rispetto alla storia conosciuta. Il primo articolo italiano su di lei lo scrisse Repubblica il 14.1.2011; ricordo che lo lessi in treno e buttai giù uno schizzo di questo personaggio che mi affascinava. Non esistevano ancora pubblicazioni con le sue foto, Vivian era morta da due anni e si era agli inizi del fenomeno mediatico che la riguardava. John Malof, che apparteneva ad una di quelle famiglie con la passione di comprare roba vecchia, si era aggiudicato all’asta dei bauli senza sapere esattamente cosa contenessero. Scoperto il tesoro dentro ai bauli aveva iniziato a pubblicare le foto di Vivian sul proprio sito.
Questa cosa mi girava in testa: il fatto che lei fotografasse con ritmo incredibile ciò che vedeva per fermare il tempo è una paranoia in cui mi riconosco… Mi sono interessata alla sua vita, ho comprato online i libri non tradotti in italiano e di lì è partita l’idea di un libro su di lei. Mano a mano che la conoscevo me ne innamoravo. Vidi la mostra di Brescia intitolata “Lo sguardo nascosto” nel 2012 (ho poi visitato quella di Milano l’anno scorso).
Ci sono anche state strane coincidenze: quel primo disegno lo realizzai il giorno del mio compleanno, Vivian comprò la sua prima macchina fotografica, la Rolleiflex, nel ’52, anno della mia nascita.

Quali sono le fonti che hanno ispirato il tuo lavoro?
Documentandomi su Vivian ho visto venire a galla l’amore che ho per la fotografia americana e l’ispirazione che ne ho tratto nella mia pittura; e parlando di pittura, l’autore che mi piace di più è Edward Hopper, che ha molte caratteristiche in comune con Vivian. Da sempre amo la fotografia, soprattutto quella in bianco e nero, e il mio modo di disegnare in bianco e nero (vedi quanto è uscito su Linus negli anni ’70) è stato ispirato dai miei studi di fotografia.
Non mi sarebbe mai interessato diventare fotografa ma la fotografia mi dà la suggestione per i miei disegni. È la cosa che cerco di spiegare anche ai miei allievi: guardando una qualsiasi foto che rappresenti la realtà si può costruire una storia; la foto non deve raccontare necessariamente la storia, ma chi sta dietro alle immagini. E questo dà vita a mille storie: non ci sarà mai un’interpretazione uguale sulla stessa foto, ma tante quanti sono gli sguardi che vi si posano.
In “Lei, Vivian Maier” gioco con le sue immagini ma modifico l’inquadratura: è il mio sguardo su di lei, è il racconto di ciò che io presumo lei abbia fatto e sentito, è l’attimo prima e quello dopo lo scatto che diventano il mio racconto di ciò che lei vedeva.

Hai scritto anche il testo, vero?
Sì, è un testo molto breve perché le immagini non hanno bisogno di essere spiegate. A raccontare la sua storia, secondo me, non poteva essere altri che la sua macchina fotografica, la cosa più vicina a lei. Ho condensato il testo per un minuto di lettura che mi ha richiesto il programma di Radio2 “Ovunque6”, in onda il sabato dalle 6 alle 7,30. Eccolo per Margutte:

Con le bozze

Nell’epoca della fotografia digitale il caso Vivian Maier è piuttosto interessante. Bambinaia con la passione per la fotografia, considerava questa attività come una questione privata. Custodì le sue immagini senza mai mostrale a nessuno: circa centocinquantamila scatti, tra stampe, diapositive e negativi ancora da sviluppare, oltre a filmati in super 8 e 16 millimetri.
Morta in miseria nel 2009, il suo materiale, riposto in un magazzino, era stato confiscato per il mancato pagamento dell’affitto e mandato all’asta a Chicago. In questo materiale si è imbattuto John Malof, scrittore e fotografo, che ha indagato sulla misteriosa Maier e pubblicato le sue foto.
Dall’articolo di Gaetano Vallini su L’Osservatore Romano del 20 ottobre 2015:

«Per lei fotografare significava soprattutto esplorare. Non le serviva per comunicare, né le interessava far conoscere il suo modo di vedere il mondo. Le bastava riprenderlo, per trovare un senso e dare un ordine al suo universo personale. […]
Dalle immagini proposte [dal libro di Malof] risaltano la grande curiosità e l’acume nel cogliere i tratti caratteristici della società americana, nonché la predilezione per la fotografia in strada. L’autrice sceglie casualmente i soggetti da ritrarre, attratta di volta in volta da un personaggio o da una scena interessante, mostrando in ogni caso grande attenzione alla composizione dell’inquadratura.
Raramente si lascia affascinare dall’architettura o dal paesaggio. Vivian Maier ama fotografare per lo più le persone nella loro quotidianità. Il suo mondo è fatto di anonimi personaggi ai quali si avvicina sempre con una certa discrezione, mantenendo la dovuta distanza e senza mostrare una particolare empatia se non per gli emarginati da una società in cui si avvertono ancora le conseguenze della grande depressione. E se verso gli ultimi si accosta con una certa sensibilità, alla borghesia medio alta riserva invece uno sguardo spesso sarcastico, ritraendola in situazioni e posture comiche. Non mancano i bambini, quelli a lei affidati. Spesso, infatti, se li porta dietro nelle sue scorribande fotografiche in giro per la città, dal centro ai sobborghi, facendone oggetto dei suoi scatti.
Nel mondo che racconta — ed è una particolarità significativa — non di rado riserva un posto anche per lei. Infatti, oltre a numerosi autoritratti, sono molti gli scatti in cui l’autrice compare, riflessa perlopiù su un vetro o in uno specchio, o come semplice silhouette in un’ombra, divenendo essa stessa parte del racconto. Un’insistenza, questa, che sembra celare una spasmodica ricerca di sé nella realtà che ritrae.»

“Lei, Vivian Maier” ha vinto il Premio Andersen 2016 nella categoria Miglior libro fatto ad arte con la seguente motivazione: «Per l’intensa e raffinata bellezza delle sue illustrazioni. Per la loro capacità evocativa che dà voce al singolare lavoro di questa misconosciuta fotografa. Per l’indubbia originalità di una soluzione narrativa che ci restituisce appieno il talento di una grande illustratrice e disegnatrice di fumetti». Il Premio della rivista Andersen è il più ambito riconoscimento attribuito ai libri per ragazzi, ai loro autori, illustratori ed editori.

Notizie su Cinzia Ghigliano si trovano in un’altra intervista di Margutte

Ricordiamo anche la sua attività di illustratrice per la prima infanzia.C'è un gatto È uscito a ottobre 2015 “C’è un gatto sul comò” da Notes Edizioni.