SUDDITANZA
(G.Chiapparino – Cristò – F. D’Agostino – G. Vinci)
Destinati ad essere i secondi nello stadio del paese dove i giochi sono già
fatti
Noi con la divisa dei vincenti, con i muscoli dei primi, ma la storia
arresa ai patti
Troppo giovani per esser stanchi, soli, disillusi
Troppo vecchi ormai per esser grandi
Destinati ad essere i secondi nella sfida tra i campioni nella gara dei
coglioni
Destinati a vivere nell’ombra di un passato steso sotto le macerie del
presente
Condannati a scegliere se andar di frusta come il mulo
O andare allegramente a fare in culo
Ma l’affezione è la maledizione degli innamorati che non mentiranno al
proprio cuore
No, non fu la penna di Cyrano a ridisegnargli il naso o a difendere il suo
onore
*Siamo d’estate balconi aperti sui Balcani *
* Estrema spiaggia d’Oriente*
* Noi, il primo pezzo d’America*
* Ricordo antico di gente noi*
* Ultima linea d’Africa, Noi*
* Storie scordate a ritmico tempo di danza*
* Vino guastato dal sughero dell’ignoranza *
* Brindiamo insieme alla nostra eterna Sudditanza!*
Noi millantatori di culture, noi cialtroni, fummo noi che vi portammo verso
il podio
Burattini siamo ma fra troppe mani, differenti inizi dell’identico episodio
Ci hanno detto che l’unione fa la forza ma la forza spesso non ricambia con
l’unione
Destinati ad essere gli stronzi nati solo per tenere in piedi la
competizione
FRANCESCO PADRE
(G. Chiapparino)
Giocavamo ai sogni come tutti
nelle case strette attorno al molo
cinque madri, più di un figlio e un crocifisso tra l’odore di vicoli e di
calce
e col tempo tra lenzuola d’alga, soli, imparammo ad aspettare
carezze che sapevano di sole
carezze che tornavano di sale
Ma nelle città un po’ più distanti
i giochi eran diversi e li facevano i grandi
Solo un padre, mille figli, e un crocifisso
tra l’odor di grigio e di segreto
Finché un giorno tra lenzuola d’alba, soli, non potemmo più aspettare
carezze che sapevano di sole
carezze che non seppero tornare
IL MARE SI PUO’ CHIUDERE E APRIRE MA NON PUO’ SEPPELLIRE
PIU’ DEL FONDO IL MISTERO E’ LA GUERRA DI CHI STA SULLA TERRA
PIU’ CHE L’ONDA CI TOLSE LA VOCE UN SEGRETO DI STATO
IL RIMPIANTO DEL TROVARSI MORTO PER ESSERE N.A.T.O.
Persi nel silenzio della storia il volto livido e muto della memoria
Nell’inganno che non seppi più tacere
Mi accorsi di sapere
che una barca si può allontanare
ma l’amore non può naufragare’
che il ricordo tende a galleggiare
che il pensiero non lo puoi affondare
IL MARE SI PUO’ CHIUDERE E APRIRE MA NON PUO’ SEPPELLIRE
PIU’ DEL FONDO IL MISTERO E’ LA GUERRA DI CHI STA SULLA TERRA
PIU’ CHE L’ONDA CI TOLSE LA VOCE UN SEGRETO DI STATO
IL RIMPIANTO DEL TROVARSI MORTO PER ESSERE NATO
E HO PESCATO ANCHE IO COME TE COME TU M’HAI INSEGNATO
CALANDO LE RETI NEL FONDO DEL NOSTRO PASSATO
PER UN SOFFIO HO PERSINO PENSATO DI RIDARTI LA VITA
E HO CAPITO CHE INFONDO NEL FONDO NON M’HAI MAI ABBANDONATA
OS ARGONAUTAS
(Caetano Veloso – Fernando Pessoa )
arr. Os Argonautas
O barco, meu coração não agüenta
Tanta tormenta, alegria
Meu coração não contenta
O dia, o marco, meu coração, o porto, não
Navegar é preciso, viver não é preciso
Navegar é preciso, viver não é preciso
O barco, noite no céu tão bonito
Sorriso solto perdido
Horizonte, madrugada
O riso, o arco, da madrugada
O porto, nada
Navegar é preciso, viver não é preciso
Navegar é preciso, viver não é preciso
O barco, o automóvel brilhante
O trilho solto, o barulho
Do meu dente em tua veia
O sangue, o charco, barulho lento
O porto silêncio
Navegadores antigos tinham uma frase gloriosa:
“Navegar é preciso; viver não é preciso”.
Quero para mim o espírito [d]esta frase,
transformada a forma para a casar como eu sou:
Viver não é necessário; o que é necessário é criar.
Não conto gozar a minha vida; nem em gozá-la penso.
Só quero torná-la grande,
ainda que para isso tenha de ser o meu corpo e a (minha alma) a lenha desse fogo.
Só quero torná-la de toda a humanidade;
ainda que para isso tenha de a perder como minha.
Cada vez mais assim penso.
Cada vez mais ponho da essência anímica do meu sangue
o propósito impessoal de engrandecer a pátria e contribuir
para a evolução da humanidade.
É a forma que em mim tomou o misticismo da nossa Raça.
***
OS ARGONAUTAS
(traduzione)
La barca, il mio cuore non sopporta
tanta tempesta, (tanta) allegria
Il mio cuore non si accontenta
il giorno, la pietra miliare, il mio cuore, il porto, no
Navigare è necessario, vivere non è necessario
Navigare è necessario, vivere non è necessario
La barca, sera dal cielo così bello
Sorriso libero perduto
Orizzonte, alba
Il sorriso, l’arco, dell’alba
Il porto, nulla
Navigare è necessario, vivere non è necessario
Navigare è necessario, vivere non è necessario
La barca, la macchina brillante
il sentiero libero, il rumore
del mio dente sulla tua vena
il sangue, il pantano, rumore lento
il porto silenzio
I navigatori antichi usavano una frase gloriosa:
Navigare è necessario, vivere non è necessario
Voglio per me lo spirito [di] questa frase,
è diventata la forma per raggiungere quello che sono io:
Vivere non è necessario; creare è ciò che è necessario
Non mi aspetto di godere la mia vita, neanche a goderla ci penso
Voglio soltanto farla diventare grande
anche se per questo dovranno essere il mio corpo e la (mia anima) il legno di questo fuoco.
Voglio soltanto che essa sia di tutta l’umanità;
anche se per questo dovrò perderla.
Ci penso sempre più di frequente.
Sempre e con maggior frequenza metto essenza animica del mio sangue
il proposito impersonale di ingrandire la patria e contribuire
all’evoluzione dell’umanità
È la forma che ha preso in me il misticismo della nostra stirpe.
SAMBA DELLE STREGHE
(testo: G. Chiapparino – U. Serani – F. D’Agostino / musica: D. Lopez, G. Chiapparino)
Trago no fundo o mistéiro mais grande do mundo
De conhecer a distância entre o meu jeito e a minha razão Sempre duas coisas combatem aí no profundo
A força antiga da blasfêmia e a oração
Desejo primordial Ou juízo moral? Sentido clerical
Ou instinto pagão?
Como na mão acontece que as linhas se juntam
Bruxa e menina baralham as cartas da vida imanente que ficam no ar
Eu sou criança, sou bruxa, sou cartas e passos de samba Eu sou a lembrança da mesma história que vou afastár
Não sei si bruxambar, se quero sair Não sei si sambruxar, se quero fugir
Não é preciso chorar
na roda deste samba tudo o mundo tem que dançar Se tudo é carnaval
aí cada dia uma nova máscara tem que trocar
Vem sair, vem foder, sem chorar, vem dançar
Vem cair, sem sofrer, vem de pressa!
Trago no fundo a certeza mais grande do mundo
De consagrar a aliança entre o meu jeito e a minha razão Sempre duas coisas se cruzam aí no profundo
No puro beijo secreto sagrado dos Orixás
Sei que vou encontrar a vida Que vou ficar sozinha
Sei que um dia toda a beleza Acabará na ilusão
***
SAMBA DELLE STREGHE
(traduzione).
Porto in me il mistero più grande del mondo:
conoscere la distanza fra il mio sentire e la mia ragione. Sempre due cose combattono qui nel profondo:
la forza antica della bestemmia e la preghiera
Desiderio primordiale o giudizio morale? Sentimento clericale o istinto pagano?
Come nella mano le linee si incontrano
Strega e bambina confondono le carte
della vita immanente che rimangono sparse nell’aria
Sono bambina, sono strega, sono le carte e i passi di samba Sono il ricordo della stessa storia che allontano
Non so se lanciarmi nel samba delle streghe, se voglio andar via Non so se danzare con le streghe, se preferisco fuggire
Non è necessario piangere
nella roda di questo samba tutti devono lasciarsi andare Se tutto è carnevale
ogni giorno bisogna cambiare una maschera
Vieni fuori, vieni a fottere, senza piangere, vieni a ballare Vieni e cadi, senza soffrire, vieni presto!
Porto in me la certezza più grande del mondo: Consacrare l’alleanza fra il mio sentire e la mia ragione Sempre due cose si incontrano qui nel profondo
Nel bacio puro, segreto e sacro tra gli Orixás
So che incontrerò la vita
Che rimarrò da sola
So che un giorno tutta la bellezza Svanirà nell’illusione
Breve biografia.
Il progetto OS ARGONAUTAS nasce nel 2011 con la volontà di esplorare la canzone d’autore e mescolarla a influenze essenzialmente portoghesi e brasiliane, passando attraverso la tradizione della musica mediterranea e arabo-andalusa, e affrontando a tratti la new-wave che unisce un lavoro di matrice fortemente folk-acustico con la sperimentazione.
Il nome della band prende subito forma dopo l’ascolto di un brano di Caetano Veloso (Os Argonautas). Si tratta di un brano che esprime tutta la filosofia del gruppo. È un brano che porta in se tre matrici letterarie e culturali differenti (Veloso, Pessoa, Pompeo) che riescono a convivere in una sola nuova forma. Ne vien fuori qualcosa di sorprendente: un fado brasiliano le cui parole son prese in prestito e rielaborate da un motto Romano che affonda le sue radici nella mitologia Greca. È la dimostrazione di come si possano avvicinare culture e continenti col preciso e unico scopo di “creare”. L’arte, atto d’ogni creazione, diventa, in questo brano, simile al viaggio per la conquista del Vello d’Oro, per cui è quasi più importante Navigare che Vivere. La meta diventa così solo la metà del viaggio così come l’arte non è più un risultato ma il processo stesso della creazione libera da vincoli e scopi.
La band attraversa diverse formazioni fino a trovare il suo assetto stabile nel quintetto composto da Federica D’Agostino (voce), Domenico Lopez (chitarra classica), Giulio Vinci (chitarra classica ed elettrica), Alessandro Mazzacane (violoncello e basso elettrico) e Giovanni Chiapparino (percussioni, fisarmonica, basso elettrico, elettronica). All’attivo la discografia di Os Argonautas presenta due CD in cui la band omaggia la canzone d’autore brasiliana e portoghese interpretandola a seconda delle influenze passate e attuali del mediterraneo e lasciando che le influenze “oceaniche” entrino a far parte della loro musica originale composta su testi e musiche di Giovanni Chiapparino.
Da subito la stampa locale e nazionale si interessa al lavoro di scrittura ricerca ed interpretazione della band barese scrivendo numerose recensioni su quotidiani e periodici (Rokkerilla, Pool Magazine, Corriere della Sera, Repubblica, il Manifesto, ecc.).
La promozione del primo disco li porta in Tour nelle principali tappe Italiane dedicate alla musica d’autore ed acustica.
Particolarmente apprezzate le collaborazioni con Michel Godard e Improbabilband in occasione del “Talos Festival” edizione 2012. Il lavoro viene riconosciuto e promosso, fra gli altri, dalla giuria del “Premio Tenco 2012” per cui Os Argonautas presentano lo spettacolo “Navegar è Preciso” presso il Teatro Forma di Bari e nella prestigiosa rassegna Mo’l’Estate presso S. Marco in Lamis.
Nel 2013 la band partecipa alla XXIV edizione del festival musicale “Musicultura” (ex Premio città di Recanati), dove, già premiata in fase di audizioni live con la targa “Un Certain Regard” per la migliore interpretazione, rientra nella rosa degli otto vincitori con il brano “Lo stivale”, ospitando sul palco dell’arena Sferisterio il bandoneonista Daniele Di Bonaventura.
Nel luglio del 2013 la band si esibisce sul palco del “Locus Festival” (che vanta ospiti del calibro di Jacques Morelemaum, Paolo Fresu, Joe Barbieri, Mirko Signorile) all’interno della serata “Espirito mundo night” dedicata alla musica brasiliana e condotta da Max De Tomassi, storica voce della
trasmissione radiofonica “Brasil” in onda su Radio1 di cui saranno ospiti nel Luglio 2014.
È a settembre invece che la band inaugura la rassegna “Aqua Vitae” presso il Teatro Abeliano di Bari, condividendo il palco con la celebre cantautrice Patrizia Laquidara e riscontrando un grande successo.
Attualmente la band è impegnata nella promozione del secondo lavoro discografico che prevede la presenza, tra gli ospiti, del violoncellista brasiliano Jaques Morelenbaum e del bandoneonista Daniele Di Bonaventura.
Con SUDditanza e Francesco Padre cantate sia la protesta dell’Italia del Sud, unita al desiderio di creare una civiltà non gerarchizzata, sia un evento che non trova giustizia. Qual è secondo voi il ruolo sociale del musicista?
Un evento che non trova giustizia non è altro che la conseguenza di una civiltà gerarchizzata perché è appunto la gerarchia che ti obbliga ad assumere aprioristicamente dei comportamenti che magari non corrispondono al tuo modo di pensare. In una civiltà non gerarchizzata non ci sarebbe stato l’affondamento di un peschereccio per colpa di forze militari di controllo di Stato e soprattutto il successivo “affondamento” delle prove. L’uomo, oggi, rischia di vivere una doppia sconfitta: quella dettata dal fallimento all’interno di una gerarchia e quella dettata dal fallimento del suo sentirsi fuori da una gerarchia. È paradossale ma è quello che succede. Sudditanza prende solo spunto da una sorta di “questione meridionale” ma in realtà poi parla del Sud di ognuno di noi. Noi che siamo costretti a vivere dei ricordi di qualcosa di bello che eravamo è che potremmo essere. Quale possa essere il ruolo di un musicista, un artista, in questo marasma davvero mi riesce difficile spiegarlo. Credo che non si tratti più di qualcosa di simile a ciò che succedeva nei primi del ’900 o nei più recenti anni ’70 perché siamo andati indietro. In quei tempi (quelli della scoperta della psicoanalisi, delle ricostruzioni dei dopoguerra, della nascita dei nuovi mondi, dell’era dell’Acquario, della Beat generation) c’era qualcosa da contrastare e l’arte era conferma di un pensiero. Oggi, il cancro da combattere risiede in noi stessi ed è troppo difficile contrastarlo, piuttosto è più semplice trovare conforto in un’arte comoda e che distragga e non distrugga. Credo, dunque, che il ruolo sociale dell’arte, oggi, o meglio la sua missione sia quella di ricordare la possibilità di una Utopia. L’arte deve ricordare l’unicità delle idee e la possibilità che esse possano convivere in un unico tessuto sociale. L’arte ci deve far credere nell’impossibile sia in un senso privato che comunitario. Ne hanno parlato Campanella, Voltaire, e tanti altri. L’arte è l’unica Utopia possibile, l’eterno sogno svegliato al mattino che ci permette di sognare ancora. Credere in questo è fondamentale oggi e la dimostrazione che sia possibile ci è data dalla incredibile molteplicità di artisti e lavoratori dello spettacolo e della cultura che popolano il nostro paese nonostante le difficoltà. L’esperienza più vicina a noi è per l’appunto Digressione Music (la nostra etichetta discografica) che in pochi anni ha fatto un lavoro che sarà importante nella storia della produzione e della musica. Vi invito a visionare il loro sito.
Nel vostro CD “Navegar è preciso” con suggestioni portoghesi e brasiliane, unite in modo magistrale poesia e musica oltre a declinare l’importanza del mare e del navigare.. Volete parlarcene?
Musica e Poesia sono due cose molto diverse. Hanno un senso e una vita propria, oltre che delle regole diverse. La canzone può funzionare a volte come un compromesso fra l’una e l’altra. Inoltre la corrente a cui ci siamo ispirati nel primo disco (il tropicalismo) nasce in Brasile col preciso intento, anzi direi necessità, di fondere oltre che i diversi generi musicali, le diverse forme d’arte. La musica porta naturalmente in se delle suggestioni extra musicali. Difatti si parla spesso di suoni tondi o spigolosi, o di forme di scrittura melodiose. Il mare, la navigazione, l’orizzonte, invece, sono evidentemente metafore di vita. Inoltre il mare per dei Pugliesi è radicato in tutte le esperienze di contaminazione. Il mare è come se fosse un ponte per ovunque e da ovunque. allo stesso modo l’esperienza dell’essere in mare racchiude tutto: bellezza, estasi, rotta, direzione ma anche paura, imprevisto, ostacolo, improvvisazione. Diciamo che sfruttiamo il mare come se fossimo dei conquistatori, dei colonizzatori, però buoni, pronti ad approdare in terre diverse e a farci conquistare da loro invece di espandere i nostri territori. Un esperimento che ci ha portato grandi sorprese perchè spesso (come nel nostro ultimo sbarco a Lisbona) è successo che gli autoctoni abbiano capito che eravamo lì non per depredare e rubare o sostituire una cultura alle altre, ma per far crescere le risorse di tutti… E ci hanno regalato molto piú di quanto desideravamo. Perché se la vita è come il mare, e la vita è come il mare, l’imporante non è vivere, ma navigare.
Qual è il filo conduttore del vostro ultimo CD “Samba delle streghe”?
Il progetto Os Argonautas nasce col preciso intento di scrivere musica d’autore esplorando e contaminando il terreno delle musiche che si affacciano sul mare. Partendo dal versante europeo del Portogallo e da quello americano del Brasile (oltre che dall’ovvio ceppo Mediterraneo) gli Os Argonautas si dedicano dapprima alle reinterpretazioni della canzone portoghese e brasiliana contaminandola con la cultura mediterranea per poi (in questo secondo album) dedicarsi alla scrittura di un genere che comprenda tutte le influenze che possano derivare dall’essere vicini al mare. In una sorta di Tropicalismo Mediterraneo gli Os Argonautas fondono la canzone italiana con i suoni e gli stilemi di MPB, FADO, ELETTRONICA, FOLK, TANGO, BOLERO, AFRO, FLAMENCO. Il tutto è per costituzione appoggiato sulle fondamenta di un linguaggio già di per se molto contaminato (specie dalla cultura araba) che è proprio del Mediterraneo. Il proposito è dunque fondere, tramite l’unione di lingue, generi e scritture diverse, ciò che di più simile ci sia nelle culture circostanti al proprio “luogo” dimostrando che la peculiarità dell’espressione artistica non risiede nell’appartenenza ad un luogo, una disciplina o un genere ma piuttosto nello spazio (anche metaforico) che separa luoghi, culture e generi. Il risultato è molto lontano e diverso da una sterile e complicata rappresentazione intellettualistica della musica e della parola. Tutt’altro, il tentativo è quello di trasferire un pensiero complicato in una forma semplice che ben si adatti al concetto più naturale di canzone. La sfida è quella di far entrare gli argomenti e la prassi dei generi cosiddetti “colti” o “di nicchia” in un contenitore non “commerciale” ma “commerciabile” in modo da separare il binomio “orecchiabile-stupido”. Per questo il percorso creativo segue essenzialmente l’insegnamento (sia in fase di scrittura che di arrangiamento) dei grandi maestri del Tropicalismo che seppero con semplicità unire rock, reggae, mpb, classica, folk, teatro, poesia in un movimento culturale tutt’altro che distante dalla gente comune. Da questo anche la decisione di voler coinvolgere il violoncellista Jacques Morelenbaum (padre insieme a Veloso e Jobim della bossa e del tropicalismo) e Daniele Di Bonaventura (bandoneonista innovatore del tango e del jazz oltre che una delle menti più importanti della composizione e improvvisazione nei nostri tempi ) nel processo creativo ed esecutivo (feat all’interno del disco) di alcuni brani. Il filo narrativo è essenzialmente una specie di naufragio negli abissi di se stessi da cui a volte si riesce ad essere vittime ed altre superstiti. Il mare, in questo disco rappresenta la duplicitá dell’essere umano che è in continuazione superficie e abisso. Il “Samba delle Streghe” è difatti parafrasi divertita del dipinto “sabba delle streghe” di Francisco Goya in cui i rapporti tra Demone e Angelo, Bene e Male, Istinto e Morale, vengono invertiti così come spesso succede nell’essere umano. Inoltre tutto questo è rimarcato in maniera altrettanto poetica e magistrale dalle illustrazioni di Rosalba Ambrico (straordinaria illustratrice pugliese) che ha saputo esprimere in disegno questo alternarsi di livelli e questa duplicità dell’essere umano in cui in continuazione le due parti naufragano e risorgono.