“La direzione dello sguardo” e altri orizzonti, riflessioni sulla poesia di Alfonso Cappa
Personaggio poliedrico e pieno di risorse, educatore professionale, musicoterapeuta, scrittore, poeta, appassionato di pittura. È Alfonso Cappa, doglianese. Qui vogliamo parlare soprattutto del poeta. Come poeta Alfonso ha diverse anime: quella del camminatore e quella del viaggiatore, e con queste osserva il mondo esterno. Poi c’è l’anima dell’osservatore interiore, che percorre sentieri personali e intimi, spesso in dialogo con la dimensione divina.
Il camminatore se ne vaga per Langa, osserva le piante, suo nonno gli ha insegnato i nomi degli alberi, come un Adamo che dà il nome alle cose. Il camminatore ha prodotto “Ritorno alla natura” con le splendide xilografie di Gianni Gallo (anch’egli doglianese, che purtroppo ci ha lasciati) e il recente “La direzione dello sguardo”, Genesi Editrice.
Di quest’ultimo leggiamo nella terza di copertina: La prospettiva proietta nel disegno del mondo la presenza soggettiva dell’osservatore e, quindi, sottomette la rappresentazione del visibile all’individualità dell’osservatore e alla posizione da lui assunta. In tale modo la direzione dello sguardo ha la sua sorgente nell’individuo e ha la sua destinazione nel mondo: quest’ultimo diviene ciò che l’individuo decide di volta in volta di rappresentare (Sandro Gros-Pietro). Ecco spiegato il titolo, e non dimentichiamo che il riferimento alla prospettiva è pertinente, essendo Alfonso anche pittore.
Il camminatore, nel nostro libro, scrive una sezione che chiama ORTO GRAFIA, dove le poesie hanno il nome di piante ed elementi della campagna. A sottolineare le radici dell’autore, ci sono anche due poesie in dialetto, Gramun e Card. Il gramun, la gramigna, è un’erba inutile e tenace,
Aî è na testa màta,
na maledision
ma a divra tuta fin en fond
a mi o m’è simpàtic
es gramon
(È una testa matta, / una maledizione / ma a dirvela tutta in fondo / a me è simpatica / questa gramigna), e qui capiamo da che parte sta Alfonso. Altrove la natura è metafora e realtà di una energia, una linfa che travolge l’ordine, la misura, la campagna coltivata:
Nel mattino adrenalinico uso tutta la mia forza
per contrastare l’innalzamento della linfa
oltre il livello di guardia –
la piena del fiume carsico
che travolge l’ordine dell’agrimensore.
Poi c’è il viaggiatore, che somiglia molto al camminatore, come lui è attento alle cose ma sposta l’orizzonte più in là. Il viaggiatore è stato a Santiago de Compostela, tornato a casa ha fatto decantare l’esperienza e ha scritto “Fiori blu lungo la strada” edizione Primalpe, un resoconto farcito con riferimenti letterari ed esistenziali e costellato da versi scritti durante il Cammino. L’eco di questa esperienza si sente anche in alcune poesie de “La direzione dello sguardo”, dove troviamo il monumento a Cervantes e la moschea di Cordoba, e il viaggio risuona anche in quel po’ di spagnolo infilato tra i versi, insieme ad una parola o due in inglese.
Ma dietro, o dentro, al viaggiatore come al camminatore c’è un’anima più grande, che tutto sovrasta, tutto a volte oscura come un’ombra. Quella dell’insonne che ascolta le oche come fossero gabbiani e il fiume come fosse il mare. Quella di
un grumo di vita
che si prende la sua parte di pianto.
Quella che parla col divino, con il crocefisso in pugno e il terrore-desiderio di essere cercato, trovando un canto più alto e forte del grido del dolore. Per non parlare del malato di agorafobia che vuole trattenere sulla pagina lo slittare del mondo. E qui vediamo chiara la poetica di Alfonso, un lavoro di cova e levatrice, come l’amore
pura e sola necessità. Il varco sottile
da cui filtra
la parola ancora calda.
Terminiamo ora con il brano d’inizio del libro: Istruzioni per l’uso, che ci fa entrare nell’universo poetico dell’autore e ci rende testimoni della nascita della sua scrittura:
Siediti lettore. Chiudi gli occhi e respira profondamente. Poi, quando sarai perfettamente calmo, riaprili, ma solo quando (…) avrai dominato ogni fastidioso pensiero. (…) Voglio cercare di comunicarti cosa provo in questo momento, mentre sto cominciando il nuovo libro (…) nel momento esatto in cui il libro, che per mesi o anni è andato su e giù dentro di me, prende forma di fronte ai miei occhi, viene fuori dalla nebbia (…).