Un itinerario personale.
GABRIELLA MONGARDI.
Cento anni fa in America usciva in volume, nella forma in cui la leggiamo ora, la raccolta di 244 poesie dell’avvocato Edgar Lee Mastersg Antologia di Spoon River. Come tutti sanno, in Italia arrivò solo nel 1930, scoperta da Cesare Pavese, ma passarono ancora tredici anni prima che la traduzione italiana fattane da una coraggiosa ragazza di vent’anni, Fernanda Pivano, venisse stampata da Einaudi, con il titolo ingannevole (per la censura) di “Antologia di S. River”.
Avevo più o meno vent’anni anch’io, quando ho comprato per £.1800 (meno di 1€!) l’Antologia di Spoon River, volume n.13 dei mitici “Struzzi” einaudiani, «il libro di poesia più letto in Italia», come annuncia fiera la copertina. Non ci voleva più del coraggio per leggere quel libro.
Ce ne aveva parlato un giorno al liceo la nostra prof. di latino e greco, Emma Rosa Ramella. No, non era stata una lezione, un tentativo di attualizzare la letteratura greca di terza liceo – l’Ellenismo – parlandoci di un autore americano del ’900 che si era ispirato all’Antologia palatina, una raccolta di epigrammi ed epitaffi greci che vanno dal I sec. a.c. al IX d.C. Men che meno ci aveva parlato di Fabrizio De André, che pure in quegli anni aveva pubblicato l’album Non al denaro non all’amore né al cielo, liberamente ispirato all’Antologia di Spoon River.
Semplicemente, un giorno, non ricordo più in che occasione, la prof. ci aveva dedicato una poesia di E. L. Masters perché ci specchiassimo in essa. Eccola.
Jeremy Carlisle
Viandante, il peccato più grosso di tutti
è il peccato di un anima cieca davanti alle altre.
E la gioia più grande di tutte è la gioia
di sapere il bene che abbiamo veduto e vedere
ciò che è buono, nell’attimo miracoloso!
Qui dovrò confessarmi di un altero disdegno
e uno scetticismo mordente.
Ma voi ricordate il liquido che Penniwit
versava sulle fotografie, facendole azzurre
di nebbia come fumo di quercia?
E il ritratto prendeva a schiarirsi
fino a che il volto emergeva vivente?
Così mi appariste voi, che siete negletti
e nemici, via via che il mio viso
si schiariva per voi, come il vostro
si schiariva per me.
Ed eravamo pronti a camminare insieme
e a cantare in coro e inneggiare all’alba
della vita, che è vita davvero.
A mia volta, diventata insegnante, ho ‘spedito’ talora poesie di Spoon River a singoli alunni, come un messaggio in bottiglia che li aiutasse a orientarsi nella vita. Altre volte ho addirittura fatto lezione alla classe con poesie come George Gray o Theodore il poeta, per avvicinare i ragazzi alla Poesia, per mostrare loro la profonda interrelazione tra Letteratura e Vita.
George Gray
Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio —
una barca che anela al mare eppure lo teme.
Theodore il poeta
Da ragazzo, Theodore, sedevi per lunghe ore
sulle rive del torbido Spoon
con gli occhi profondi fissi sulla tana del gambero,
aspettando che apparisse spingendo la testa,
prima le antenne ondeggianti, come fili di fieno,
e poi il corpo, colorato come steatite,
gemmato con occhi di giada.
e ti domandavi, come rapito,
che cosa sapeva, che cosa desiderava, e perché mai vivesse.
Ma più tardi guardasti uomini e donne
nascosti nelle tane del fato fra grandi città,
osservando le loro anime uscire,
in modo da poter vedere
come vivevano, e per che cosa,
e perché strisciassero così in faccende
sulla distesa di sabbia dove l’acqua vien meno
quando l’estate declina.
Perché se c’è un’opera a cui si addice l’affermazione di Bachtin: «La vita si trova non soltanto fuori dell’arte, ma anche in essa, al suo interno, in tutta la pienezza del suo peso assiologico: sociale, politico, conoscitivo, etico. L’arte è ricca, non è né arida né specialistica», questa è, indubbiamente, Spoon River. Se c’è un’opera a cui si addice l’affermazione di Garcia Lorca: « La poesia richiede una lunga iniziazione, come qualsiasi sport, ma c’è nella vera poesia un profumo, un accento, un tratto luminoso che tutte le creature possono percepire», questa è, indubbiamente, Spoon River.
Che cosa la rende così affascinante? Secondo me, prima ancora che i contenuti realistici e libertari, il modo in cui sono trasmessi: cioè la brevità formale dell’epigramma, il verso libero, la potenza delle immagini e soprattutto la dimensione narrativa, che fa di ogni testo quasi una “breve” di cronaca – e si sa, nulla attira un lettore come il profumo della vita.
Ma in Italia il valore poetico di Spoon River è stato consacrato da un altro poeta-mito per la mia generazione, Fabrizio De André. Fabrizio, da lettore, si è creato una sua personale “antologia dell’Antologia”, scegliendo nove delle liriche di Lee Masters e poi, da poeta-musico, le ha ricreate, dilatando il testo originale (cioè la traduzione della Pivano). Le sue canzoni hanno sempre una struttura strofica, scandita da rime o assonanze ora baciate, ora alternate, ora sparse, e a volte da un ritornello. I versi sono sempre versi doppi, con la cesura al mezzo, sul modello dell’alessandrino francese: fanno eccezione la prima e l’ultima canzone, quelle in cui compare l’unico personaggio non anonimo, il suonatore Jones – direi che il fatto si spiega da sé…
Nell’intervista a Fernanda Pivano riportata sulla quarta di copertina dell’LP (oggi leggibile QUI) si parla delle “manipolazioni” operate dal cantautore rispetto ai testi del poeta – ma secondo me questa è una prospettiva fuorviante. La sua non è una ‘manipolazione’: è una più che legittima riscrittura di Spoon River, o se si vuole una traduzione in termini musicali, ed è giusto che il testo ne venga trasfigurato. Trasfigurato sì, ma non tradito. Come Virgilio non tradisce Omero, e Dante non tradisce Virgilio.
Certo, quando avevo più o meno vent’anni – e Fabrizio avrebbe potuto essere mio professore, essendo stato compagno di classe della mia prof. di Lettere del Ginnasio - non avrei saputo spiegarglielo, ma adesso che sono vecchia gli reciterei una poesia di Emily Dickinson (J883), che meglio di un trattato spiega il rapporto tra poeti e poeti, disegnando l’influenza di un poeta come un cerchio di luce sempre più grande, che accende altre luci:
I Poeti non accendono che Lampade -
Loro – se ne vanno -
Gli Stoppini che stimolano -
Se vitale è la Luce
ne fan parte per sempre come i Soli -
Ogni Età una Lente
Che dissemina la loro
Circonferenza -
A conferma di questa ‘legge’, fino a De André quella della Pivano fu l’unica traduzione di Spoon River in circolazione. Dopo De André se ne contano altre otto, l’ultima uscita una settimana fa: un long-seller davvero, l’ Antologia di Spoon River, o meglio un classico – come è ormai un classico Non al denaro non all’amore né al cielo.
Non al denaro non all’amore né al cielo si può ascoltare QUI
La traduzione delle poesie di E.L. Masters è quella di F.Pivano; la traduzione della lirica di E. Dickinson è di G. Mongardi.