1
Parla piano, sottovoce,
anche la rosa, stanotte, è sveglia.
Sarei dispiaciuta, non vorrei sentisse
-a goderne la fragranza-
che la vita è breve e dolente
e nel coglierla, la spina,
il palmo mi trafisse.
5
Per il mondo, il sole
è l’unica angoscia;
diviso in canti e schiavi
da fiato corto
e ossa per passione,
agli occhi dissuasioni vane
e sconosciuti erti
accanto a bare.
Mi hanno detto che
è pericoloso vagare
dopo un disastro;
inciampare nella libertà
inchiodando un’altra testa
alle spalle può servire
ma nelle notti sonnambule
d’aprile, di luna piena
l’anima m’ingiallisce
come foglie negli occhi
d’ un autunno indigesto
prima della nascita
in un ventre dove tutto è
solo un arbusto da ardere
gettato al vento indegno
nel cantarne, irride la cenere
e nell’errare di nenia
lo stesso è cantare e morire.
18
C’è spazio per me
nel mezzo della pura volontà
che alimenta la mia fame
e ne fa groviglio
da qualche parte
in questa gabbia
di controllo cosciente,
anni di vuoto, io regina
di un cuore a metà,
poi un momento di disattenzione,
le risate nascono dietro i denti
quando la fortuna mi morde le labbra
e in un atto di guerra
con l’alta mano imbratto le mattine
mentre il momento spreme ogni passo,
è tutto fumo a metà strada,
e fotografie di istante sbiadito,
vedo, io sono già lì
cercandomi tra le rughe
ed il tempo che esce con cattiveria
mentre accorcio la memoria
per tornare ingenua
lottando ancora con i mulini a vento.
26
Se non sai,
non sei goccia
di fontana assetata
e scheletro arrugginito
da pioggia acida,
gesso di seppia e salnitro
in un letto di pietra
tra i toni sordi
di battiti che sbattono
orologi stantii
in attesa dell’alba
legando le mani alla vista
e baci alle labbra
in scantinati colmi
di teste mozzate
e squarci di giugulari
verde scuro.
Se non sei
non sai come chiudere
gli occhi in un’ombra
nei polmoni il respiro
nel cuore colpi d’arma da fuoco.
Se sai, ci stai e poi ti conviene
far entrare
la cascata di gelo
e polvere nella stanza,
prima di pulire;
ma non te lo sei mai chiesto,
dovresti sapere, al mattino,
le ombre scure dalle pareti,
dove vanno a finire.
Sono quarantasette i brani che compongono la raccolta della poetessa italo-croata Deborah Žerovnik e sono accomunati dalla volontà di rappresentare i drammi e le storie (tra cui la Guerra dei Balcani, presente in sottofondo in buona parte dei testi) dal punto di vista di una “profuga dell’insignificanza”, non in senso dispregiativo ma con l’intento preciso di recuperare, pur nell’orrore dei temi trattati, una dimensione umana e personale, una memoria che non ceda alla tentazione del farsi esempio, spiegazione e generalizzazione, ma proprio sottolineando la piccolezza di ognuno di fronte alla Storia e alle vicende del mondo.
Solo in questo modo è possibile infatti compiere quel “riscatto” che contrappone la drammaticità dei testi della raccolta alle false speranze che seguono la tragedia. Non c’è tragedia in Indeks, così come non c’è catarsi, ma c’è dramma e volontà di restare umani.
Deborah Žerovnik, nativa di Pola, racchiude nel proprio vissuto una multietnicità che si estende per diverse aree slavo-balcaniche, arrivando ad includere anche ascendenze rom-macedoni, e proprio questo suo essere risultato di un’unione tra culture, storie e vissuti differenti le permette di dar vita ad una poesia che, nel suo cercare sottovoce di “salvare l’inespresso che si dissolve”, ben rappresenta la situazione di ognuno di noi di fronte ad un mondo troppo grande in cui “lo stesso è cantare e morire”.
Estratto dal Dialogo ai margini dell’Insignificanza (intervista semiseria sul viaggio in scrittura e in vita di Deborah Žerovnik), che chiude la raccolta:
«… nella maggior parte degli scritti c’è quel filo di ironia e, se vuoi, anche di cinismo… c’è, ma credo che pochi sappiano individuarlo. Sai, la terra da cui provengo… voglio dire, il mio popolo è in definitiva cinicamente ironico, forse è una questione di sopravvivenza – oh, al DNA non si sfugge – insomma, è tanto ‘cinicamente ironico’ quanto pregno di ‘drama’. Ma devo anche confessarti che fino a non molto tempo fa… diciamo, tre–quattro anni fa non era mia passione la scrittura, anzi, a dirla tutta odio “scrivere”, ho i miei problemi a farlo, forse fatico più di altri non tanto in verità perché da poco lo faccio, ma anche per il problema della dislessia e per tutto il resto del bagaglio d’inadeguatezze che mi accompagnano».
“Indeks” di Deborah Žerovnik è disponibile in tutte le librerie online in formato digitale ed ordinabile in formato cartaceo dal sito di Matisklo Edizioni.