Razza di zingaro

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Il linguaggio e le tavole di Dario Fo, dalla parte dei sinti
CLAUDIA PICCINELLI
Si apre con “Allenamento in palestra” la prima pagina del libro Razza di zingaro di Dario Fo (Chiarelettere, Milano 2016, pp. 160, € 16,90), storia vera di Johann Trollmann, detto Rukeli, sinto tedesco campione di boxe. Altre dieci tavole dell’artista illustrano la storia del pugile, che si vedrà negato il titolo di campione dei pesi medio-massimi perché indegno di rappresentare la Germania ai giochi olimpici. Verrà fagocitato dalla spietata macchina nazista.
La narrazione di Dario Fo ha l’andamento di una fiaba zingara. Nell’ avvincente affabulazione, si avverte la musicalità del linguaggio parlato, fedele alla cultura orale del popolo zingaro.

Nella tavola “Il pugile danzante” è dipinto il talento di Rukeli, Albero, in lingua romaní: albero maestoso, forte e agile, flessuoso, per questo capace di resistere, mai piegato dal vento.
Johann, bambino musico, suona il violoncello. Sogna di fare il pugile. A otto anni, si rivela un caso di talento unito all’intelligenza. Verrà addestrato nella boxe come nella doma dei cavalli: niente carezze, niente zucchero. A quattordici, mostra già di avere stoffa. A ventuno, campione dei pesi medi della Germania nordoccidentale, ma a suo carico una denuncia per aggressione. Un equivoco. Scartato in realtà perché non ritenuto degno di rappresentare la Germania ai giochi olimpici di Amsterdam.
Nel 1932, a Berlino nel parco del Saalbaus Friedrichshain, davanti a millecinquecento spettatori mette fuori combattimento Walter Sabbotke.
Anni Trenta: lo sport deve forgiare la razza pura del popolo tedesco.
1933: anno della parabola con discesa repentina, per il pugile sinto. A soli due mesi dal giuramento come cancelliere del Reich, e dopo l’incendio del Reichstag, il palazzo del parlamento, Hitler decide di eliminare da ogni manifestazione pubblica comunisti, anarchici, ebrei, ritenuti a torto i responsabili. Fine della carriera del pugile ebreo Erich Seelig. Johann di Hannover lo sostituisce nella gara per il campionato dei pesi medi, contro Hans Seifried di Bachum. E Johann: “Ha tutta l’aria di essere una beffa: uno zingaro che sostituisce un ebreo. Evidentemente è un avviso: ora tocca a voi, fra poco toccherà a noi”. L’incontro non sarà valido per il titolo di campione.
Altra possibilità negata a Johann di Hannover, in un incontro truccato, per il titolo di campione tedesco dei medio-massimi. Georg Radamm, presidente della federazione pugilistica, ossequioso alle indicazioni e criteri dati da Hitler nel Mein Kampf per lo sport prediletto dal Führer, definirà Johann animale da circo, non un pugile. Il titolo è reso libero. Solo nel 2003, la Germania riconoscerà il valore e l’autenticità di questa storia consegnando alla famiglia Trollmann la corona di campione dei pesi medio-massimi negata a Johann.

Luglio, l’ultimo incontro decisivo: “devi combattere da tedesco o sei fuori”. Con la caricatura da ariano, capelli tinti di biondo, corpo imbiancato di borotalco, Rukeli, 71,8 kg, si presenta sul ring. La maschera tragica, battuta da Gustav Eder, 66,2 Kg, va al tappeto in una nuvola di borotalco.
Hannover, primavera del 1934. Per guadagnarsi da vivere partecipa a incontri di pugilato da luna park. Sarà depennato dalla lista dei membri della federazione pugilistica tedesca. Fine definitiva della carriera. Abbandonato anche da Ernst Zirzow, il manager col cravattino. Futuro direttore dello sport di Berlino, allestirà grandi manifestazioni per l’organizzazione nazista “Forza attraverso la gioia”.
Rukeli si improvviserà cameriere alla Kreuzklappe e Olga aspetta una figlia. Fa la domestica, ricama per una casa di moda, cuce i vestitini con stoffe a fiori per le nipotine. Dopo una settimana dalla nascita, il matrimonio all’ ufficio del comune. Ma dovranno divorziare, perché in seguito alle persecuzioni naziste, iniziate nel 1936 con il censimento completo di tutti i sinti e i rom della Germania, sarebbero state arrestate per prime le donne che avessero contratto matrimonio con uno zingaro. Storia di atavica discriminazione ed esclusione, inscritta negli eventi della grande storia. Dal segnale dell’ultimo rifiuto di ottenere la nazionalità ed essere accettati come cittadini tedeschi, alle “disposizioni per la deportazione” a Dachau, in Baviera, dei primi 400 zingari, nel 1936. E in occasione dei giochi olimpici di Berlino, l’istituzione dello Zigeunerlager di Marzahn, a est della città. Zingari schedati, sottoposti a torture, esperimenti, sterilizzazione legalizzata, condizione per diventare individui liberi, e internati nei campi di lavoro insieme a ebrei, zingari di sangue misto e renitenti al lavoro.
Con l’inizio della guerra, Johann verrà assegnato alla trentunesima divisione di fanteria, in seguito mandato a combattere sul fronte della Loira. “Ci disprezzano, noi sinti, perché siamo di una razza diversa, ma poi quando servono uomini per rafforzare l’esercito diventiamo subito indispensabili. Come sempre, gli unici che ci guadagnano sono i costruttori di cannoni”. Allo stesso modo, gli zingari con un contratto di lavoro sono indispensabili per l’economia del Reich. Come il fratello Lolo, addetto alla ferrovia del Reich, oppure il padre Wilhelm, suonatore di violino, in passato anche ombrellaio per la polizia fluviale. Oppure il fratello Carlo, mastro minatore. Mentre ora Johann è al lavoro obbligatorio: spalatore di carbone a Hainholz.
16 dicembre 1942, il decreto Auschwitz equipara sinti e rom agli ebrei. Nel 1943, deportazione ad Auschwitz di tutta la famiglia Trollman. Rukeli viene riconosciuto come pugile, gli assegnano un lavoro da giardiniere, meno pesante: le sue energie devono essere risparmiate per allenare uomini delle SS.

Ma lo porteranno al massacro. Uno del comitato clandestino dei prigionieri: “Tenete conto che tutti i sinti del campo lo ammirano. Se lo ammazzano, il morale e la resistenza di tutti si abbattono. Johann deve essere salvato”.
Con uno scambio di persona, viene trasportato nel lager di Neuengamme, nel nord della Germania. Un nuovo numero, 9841, gli permette di passare in un altro campo vicino, Wittenberg. Lo chiameranno a sfidare il kapò Emil Cornelius. Per allietare gli ospiti, l’esibizione in un incontro di boxe sul piazzale dell’appello, delimitato come un ring.
Johann vs Cornelius. Il kapò viene battuto. Cornelius, per vendicarsi, massacrerà Rukeli con un bastone.
Dalla ricerca rigorosa e ben documentata di Paolo Cagna Ninchi, Dario Fo offre un grande contributo alla divulgazione di questa tragica vicenda umana e collettiva, inserita in uno degli stermini dimenticati, il Porrajmos: persecuzione e annientamento di più di 500mila tra rom e sinti nei campi di sterminio, durante la Seconda guerra mondiale. Ma lo scrittore tratteggia in filigrana anche tradizioni e cultura del popolo sinto.
La grande famiglia allargata, solidale, sempre pronta a mobilitarsi in carovana, e dedita allo spettacolo viaggiante. Sono circensi i cugini della madre di Rukeli. Il fratello del nonno campa suonando il violino ai funerali come a una festa. Oppure sono allevatori. Lo zio insegnerà cura e rispetto per il cavallo, animale sacro, capace di tradurre il suono delle parole, motivo ispiratore della tavola “Dialogo col cavallo sapiente”.
Lo sguardo sensibile e profondo di Fo conferisce un’impronta particolare alle figure femminili che animano la narrazione. L’attitudine all’ascolto e al confronto delle diversità di Margarete. Giovane ricercatrice per le cure dei malati mentali verrà considerata tra i nemici del programma di sterminio nazista dei disabili, denominato “eutanasia”, e costretta a riparare in Camargue.
La madre, guaritora, con la sua autorità ferma e indiscutibile. Johann dirà: “finora il solo padre che ho avuto è mia madre”. Le sorelle, ricamatrici, merlettaie, con le sciarpe di seta da vendere al mercato del mese di Wunstorf, vero sostentamento per la famiglia. La moglie Olga, cosacca, capace di resistere e colonna di sostegno per Johann.
La storia unica di Rukeli credo fornisca un’ulteriore opportunità: gettare uno sguardo anche sulle attuali discriminazioni e radicati pregiudizi, che ammantano la popolazione sinta dedita allo spettacolo viaggiante. Circensi, giostrai – mestieri tramandati da lontane generazioni di origini indoeuropee – da sempre vengono definiti in modo spregiativo “zingari”, “girovaghi”. Una presenza documentata in centro Europa e nella Penisola italiana fin dagli inizi del Quattrocento.
La peculiarità dello spettacolo viaggiante costringe al nomadismo per raggiungere le piazze nei piccoli e medi centri urbani o alle periferie delle città, nelle ricorrenze di feste, sagre o per allestire uno chapiteau. Il rituale dei cavilli burocratici e, spesso, il rifiuto delle amministrazioni alle concessioni delle aree, in molti casi senza comprovate motivazioni, rappresentano una consolidata normalità affrontata nel più totale isolamento.
Storie quotidiane di tanti Rukeli invisibili, da portare alla luce. Come da acuto osservatore da sempre Dario Fo ha saputo disvelare.
Per la sua penna ironica e sferzante, l’attenzione alla storiografia non ufficiale, la satira sociale e politica – tra le altre opere Morte accidentale di un anarchico sul caso Pinelli – un meritato riconoscimento dal premio Nobel per la letteratura nel 1997, con la seguente motivazione: “perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi.”

L’articolo di Claudia Piccinelli è originariamente apparso su A rivista anarchica n. 407 – maggio 2016