LESLIE MCBRIDE WILE
Siamo in Italia! La gente di qui spesso usa questa espressione con noi quando non riesce a spiegare un qualche groviglio burocratico o regolamento amministrativo incomprensibile. Con un gesto caratteristico, a metà strada tra un’alzata di spalle e un atto di resa, ci fanno sapere che non si può fare nulla. Siamo in Italia! è più di uno stato di fatto, è un’espressione di impotenza e inutilità di fronte alla frustrazione suscitata dai rapporti con l’ufficialità italiana. Ma come nella maggior parte delle cose che succedono c’è anche un altro aspetto relativo a questa frase fatta, del quale ho avuto l’ennesima conferma ieri sera.
Mercoledì sera sono andata con J e D ad ascoltare la banda e a vedere i fuochi d’artificio a Piazza Maggiore, un appuntamento annuale. Ci dovevamo vedere all’Antico Borgo, dove già si trovavano S e G. Mentre salivo via Vico ho incontrato due signore che camminavano e chiacchieravano vicine; stavano scambiando pettegolezzi su qualcuno, forse un’amica. Un giovane le ha sorpassate velocemente e l’ho sentito salutarle cortese. Una di loro ha risposto: Oh, tu sei uno dei gemelli, e tutti si sono messi a scherzare. Io ho continuato sulla strada medievale, sorridendo.
La banda stava ancora accordando gli strumenti (il concerto era previsto alle 8:30, io sono arrivata alle 9:00) ma le sedie per il pubblico erano quasi tutte occupate e c’erano gruppetti sotto i portici e sulle panchine della piazza, qualcuno passeggiava verso il Belvedere. C’era chi mangiava nel dehors dalla pizzeria. Tutti chiacchieravano e i bambini saltavano e correvano, danzando intorno a grappoli di adulti, oppure camminavano per mano ai loro genitori verso la vetrina dei gelati.
S ha portato una sedia per me, ed io mi sono inserita nella conversazione, guardando il cielo notturno che si scuriva tra la Missione e il vecchio municipio. Il microfono ha iniziato a stridere e l’assessore al turismo ha fatto un breve discorso. Anche M ha detto due parole, in veste di presidente dell’Associazione della Funicolare. Il direttore della banda ha parlato brevemente, poi ha preso posto e alzato la bacchetta: la musica è iniziata. Mentre il concerto procedeva la folla si è addensata; Piazza era piena di famiglie, coppie, gruppi di ragazzi. S ha portato un vassoio di pesche al forno ripiene di amaretti e cacao, G ci ha dato la ricetta mentre gustavamo.
Verso le 10:30 la banda ha suonato un pezzo finale pieno di energia e il primo razzo ha solcato il cielo. Lo spettacolo è stato grandioso, spruzzi di fiori e piume luccicanti sottolineati da scoppi fragorosi, bagliori circolari di verdi, rossi, viola. S mi prendeva un po’ in giro dicendo Oooh, Ahh e Uau, come fanno gli americani che guardano i fuochi d’artificio, e tutti ridevamo. Il clou è stato un’eruzione splendida e infinita di suoni e colori. G ha smesso di filmare con telefono e coperto le orecchie. Si sono poi accese le luci sotto i portici e la folla ha iniziato a dirigersi verso la funicolare, verso via Vico, verso i parcheggi sotto al Belvedere. La banda ha attaccato di nuovo per accompagnarci a casa. Ci siamo detti buona notte e camminando sulla piazza abbiamo ballato un po’ a suon di musica, persino D; poi siamo scesi verso Piazza d’Armi. Mi sono diretta giù dalla collina verso casa.
Mondovì è una deformazione del tempo, un universo culturale parallelo più gentile e più lento e più bello della maggior parte del resto del mondo del XXI secolo. Mi sento fortunata a vivere qui, e cercherò di ricordarlo la prossima volta che mi sentirò frustrata nei confronti della burocrazia o intralciata dalla sovrabbondanza di regole. Siamo in Italia!
(Traduzione di Silvia Pio)