PAOLO BOSCA.
Un milite ignoto
Sono appena partito, non ho ancora colto il ritmo dei binari, e nel sedile di fronte al mio si siede un giovane militare: la musica si ferma. Sento affiorare ogni nota, ogni pagina e ogni parola di quella cultura antimilitarista di cui mi nutro fin dalla prima adolescenza. Ma forse coi tempi sono cambiato anche io. Forse la paura e il teleschermo (o la paura del teleschermo) hanno fatto breccia anche in me. Il ritmo si è fatto più chiaro, ho tempo, è ora di mettermi la sua pelle.
Le mie vibranti cellule cutanee si fanno d’un verde incerto, opaco, logoro. Sono mimetico. Strumento. Evado la serena omologazione delle periferie, scavalcando, dei muri, il più antico. Hop, hop, hop.
A soli vent’anni posso già proteggere, padre severo senza moglie e senza amore. Col numero che porto al collo mi sono anche state date una pistola e un dovere: l’obbedienza. Una penna e una cancellina. L’obbedienza cancella le macchie, la pistola disegna quelle che ora mi ricoprono.
Non dovrò mai rendere questi doni.
Da giovane teso, inconcludente, indecisivo, sono diventato espressione colorata e ben visibile condizione della decisione altrui. Di mia mamma, di mio papà e di tutti quelli che mi riconoscono.
Per quanto riguarda gli altri, quelli che non mi hanno mai conosciuto, confido nella paura: puttana che si scalda tra i miei stracci. Perché forse sono oltre la paura. Gli ordini non la portano con sé. Io la porto con me. Ma gli ordini mi portano fuori di me.
Alzo gli occhi e riconosco un tono di perplessità nel volto del milite. È nudo e lo sta capendo.
Setaccia la sua memoria per scovarne il colpevole. Sobbalza. Abbandona il progetto.
Forse vorrebbe ora spiccare il volo per eseguire un’ispezione più efficace, ma come fare senza
gli stivali? Si trova ad un vicolo cieco.
Mi svesto e lo rianimo.
Il tempo è ora più grigio, autenticamente mimetico, non un minuto è distinguibile nelle periferie che accompagnano il mio scorrimento sui binari. E me ne rendo conto, ogni volta di più, a ogni parola che scrivo: il tempo grigio è meno riconoscibile attorno a me. E gli abitanti di quelle periferie, anche loro sono mimetici, irriconoscibili dagli oblò dei loro bilocali sovraffollati. Guardano lontano, dall’alto, fino ai quartieri del centro, per distinguere qualcosa o qualcuno; ma anche lì nulla. Nel tempo grigio spiccano solo le macchie verdi delle uniformi.
da PAOLO BOSCA, Cristallino, ed. Createspace IPP, 2016
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Cristallino è un libro breve che muove su due linee narrative parallele: da un lato il percorso pendolare da Torino a Venezia di uno studente che osserva intorno a sé lo scorrere delle piccole storie che incontra, raffigurando i personaggi che popolano il treno come in un acquario in movimento, dall’altro le vicende del professor Tneco Biancafaccia, docente di Osservazione in un mondo distopico, in cui il tempo segue un suo particolare ritmo e in cui le interazioni tra le persone seguono una logica del tutto particolare.
Sul treno le persone in viaggio sono insieme ma in solitudine o in piccoli gruppi a sé e interagiscono lo stretto necessario. Possono però avvenire fatti che cambiano l’andamento del viaggio, che ne allungano la durata e che trasformano la quiete apparente in un brulichìo di parole corali e caotiche allo stesso tempo. Su tutti le comunicazioni delle Ferrovie, che sortiscono effetti per lo più accessori sulla vita dei viaggiatori.
Tneco intanto (non si sa se sia parte della fantasia del narrante sul treno, o una lettura cominciata in viaggio, o degli appunti o ancora una semplice narrazione in un mondo parallelo) si distingue per la sua capacità di osservare, fino a diventare il più grande esperto di Osservazione, una materia della quale conquisterà velocemente la cattedra presso la più prestigiosa delle istituzioni educative. Il suo universo è ordinato, preciso, la sua volontà e la sua ambizione si materializzano secondo un processo chiaro e organizzato. Anche l’insegnamento si svolge secondo un ordine nettamente cadenzato con sistemi chiusi di causa-effetto, tali da poter riportare i processi di apprendimento e valutazione ad algoritmi senza dubbio infallibili. A meno che…
Paolo Bosca è un giovane autore di S. Damiano d’Asti (AT), studente in filosofia a Venezia; ha già pubblicato nella raccolta Per un soffio diVento (SP Joy, 2015) il racconto Ritratto di persona. Questo volume rappresenta il primo passo in un percorso creativo particolarmente attento ai suoni delle parole; in esso l’autore semina qua e là piccole gemme che il lettore vedrà poi sbocciare tra le pagine…