LAURA BLENGINO
Ho appena finito il libro “La notte dell’oracolo” di Paul Auster. Complessivamente mi è piaciuto, anche perché si dà importanza alla parola. (Capirete quando leggerete.)
Mi ha lasciato un po’ di amarezza, per il finale.
La trama in breve.
Dopo qualche mese di ripresa da una malattia, lo scrittore Sidney Orr entra in una cartoleria, di Mr Chang, e compra un taccuino blu. Per i nove giorni successivi è come rapito dalle muse e scrive ininterrottamente. Poi l’ispirazione evapora. Quello che scrive sembra essere premonizione. Rischia così di mandare all’aria il matrimonio e di staccarsi dalla realtà. Perché poco dopo che usa il taccuino la moglie di Orr piange? Perché il negozio di Mr Chang chiude da un giorno all’altro? Cosa c’entra un romanzo perduto in cui il protagonista vede il futuro?
L’autore è Auster che parla di uno scrittore (Sidney Orr) che scrive una storia. Orr racconta una storia di un Nick Bowen, sposato, che si innamora di una certa Rosa Leightman. Questa gli porta un manoscritto della defunta zia Sylvia Maxwell, intitolato “La notte dell’oracolo”.
E’ bello questo gioco meta letterario. Io l’ho trovato molto stimolante, anche se di difficile lettura. Il libro, nel libro, nel libro. Uno deve stare attento a che livello di storia è, perché altrimenti ci si perde.
Nel livello di scrittore Bowen, questo rischia di morire per un distaccamento di parte di tetto. Dopo questo avvenimento c’è un interessante passaggio.
“Dal fiume soffia un vento forte mentre i due oltrepassano il primo binario e Nick non può evitare di ripensare al vento per le strade di New York lunedì sera, appena prima che la gargolla cadesse dal palazzo rischiando di schiacciarlo”. Ripensando al pericolo, decide di cambiare vita. Questo mi ricorda un po’ “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello, in cui Mattia trova la notizia della propria morte e decide allora di agguantare l’occasione e cambiare vita.
Nel livello di scrittore Orr, lui ha come amico un certo John Trause.
Riflettendo in vari momenti sul nome dell’amico ho trovato una gustosa spiegazione, di mia invenzione ovviamente.
Jhon in USA è il nome che viene dato a chi deve mantenere l’identità segreta o comunque l’identità non si conosce affatto. Il legame torna su Bowen – Mattia Pascal che deve cambiare identità. Trause. Curioso notare come questo sia l’anagramma di Auster.Anche qui rimanda a un cambio di identità, non tanto difficile da decifrare.
Sempre parlando del nome John Trause è interessante che le iniziali sono J.T. Per caso un piccolo rimando al grande J.R.R. Tolkien?
Un altro bel passaggio. “Non sarei diventato la Cassandra di mia moglie pronunciando le parole sbagliate. Se le parole possono uccidere, allora dovevo vigilare sulla mia lingua, badando a non esprimere mai un dubbio o un pensiero negativo.”
Se la Luna influisce sulle maree, le emozioni influiscono sul nostro corpo, perché le parole non possono influire sulla realtà?
Io a titolo precauzionale scrivo e dico “C’era una volta e c’è ancora Laura. E visse sempre felice, ricca e in salute”.
Chissà che non si avveri!
(Foto “Oracle, 2012″ di Laura Blengino)