La dissimulazione della specie

Vergari Species copertina

GABRIELLA MONGARDI.

Gabriella Vergari con Species. Bestiario del terzo Millennio si inserisce in una precisa e gloriosa tradizione narrativa, che risale ben oltre i Bestiari medievali evocati nel titolo, fino alle favole di Fedro e di Esopo, al loro dare la parola agli animali perché ci parlino dell’animale uomo, “la scimmia nuda”. L’autrice siciliana infatti, per quanto si senta figlia della Magna Grecia, è una cittadina del terzo millennio, conosce Darwin e Desmond Morris, ha coscienza ecologica e sensibilità francescana, oltre che una prosa spiritosa e polifonica.

Più che racconti, i suoi si potrebbero definire ritratti o pagine di diario, in cui l’animale antropomorfizzato si confessa, confessa le sue paure, le sue manie e ossessioni, fotografa la sua vita, la sua condizione, le sue ambizioni, i suoi sogni – e per il lettore inizia un’esperienza straniante. Innanzitutto perché dai titoli – per lo più sostantivi astratti – questi non paiono racconti zoologici, ma semmai brevi saggi filosofici; in secondo luogo perché la scrittura è misteriosa, suggerisce, allude, non svela di che “specie” si tratti, e la lettura si configura così come una caccia al tesoro, come la soluzione di un enigma.

Ma il libro ci fornisce almeno una chiave per decifrare l’enigma: è il racconto Gioco di specchi. Posto al centro (è l’ottavo di quindici), si differenzia dagli altri racconti per la lunghezza, per il prevalere della dimensione narrativa su quella riflessiva e per l’assenza di mistero: fin dall’inizio sappiamo che chi parla è una scimmia, una scimmia che vorrebbe forzare le tappe dell’evoluzione “fino a divenire uomo davvero” – un’ambizione destinata ovviamente a fallire. Il racconto della mancata costruzione di un’identità umana si costruisce attraverso una serie di rispecchiamenti animale/uomo e viceversa, fino a naufragare di fronte al mancato rispecchiamento animale/animale. Ma sono il suo titolo e la sua struttura a guidarci a leggere tutta l’opera come un “gioco di specchi”, in cui la realtà dell’animale non viene mistificata (certe pagine sembrano prese pari pari da un manuale di zoologia, tanto sono realistiche), ma viene offerta al lettore-uomo come specchio in cui guardarsi senza più maschera. «Credo non ci sia nessun altro animale – e in fondo anche l’uomo lo è – che si impegni a dissimulare le sue verità quanto l’essere umano» – dice la scimmia, che non sa quanto sia debole l’uomo, quanti meccanismi di difesa gli siano necessari per affrontare il viaggio della vita…

L’autrice invece lo sa: e se con il gioco di specchi di questo libro cerca di portare a galla le verità dissimulate, lo fa con leggerezza, con ironia, con delicatezza – perché la verità è una medicina amara, e bisogna spalmare di miele l’orlo della tazza, come vuole Lucrezio, perché venga bevuta. Il miele, in questo caso, è quello di una scrittura densa e spigliata, intimamente dialogica e coinvolgente.

Si incomincia con lo smascherare l’illusione della libertà, mentre siamo tutti prigionieri che girano in tondo (Saudade), per poi passare a denunciare il trasformismo opportunista, l’assenza di coerenza con noi stessi per compiacere gli altri (Prospettive) o la violenza del Potere (Cicli) o la paura che ci acceca (Istinti) o ancora l’ipocrisia, la menzogna, il colpevolizzare gli altri (Condizioni, Inquietudini, Espiazioni). Non mancano ovviamente le riflessioni sull’amore, sul rapporto di coppia, sulla continuazione della specie (Danze, Andamenti), sulla morte (Stupore), sul mito (Purezza, Flussi), sul sogno come risarcimento alle frustrazioni (Possibili).

Ma il racconto più inquietante, più agghiacciante è Varchi, in cui il gioco di specchi non funziona, a meno di non interpretarlo in chiave metaletteraria, come una sorta di feroce autoironia demistificatoria. Bisogna ritornare allora alla prima parola del titolo, Species: che vuol dire sì, “specie” intese come raggruppamento tassonomico, ma anche “apparenze”… Così, il libro sembra voler metterci in guardia contro tutte le apparenze, inclusa quella della Letteratura, che può aprire varchi insidiosi, corrodere certezze, insinuare inquietudini proprio quando si presenta con il più seducente degli aspetti, quello di una raccolta di brevi racconti fantastici, di piacevolissima lettura.