MANUELA ZANOTTI
La canonica era lì, con le persiane scrostate, chiuse come vecchie palpebre, i muri irregolari, il sottotetto cadente. Sul vecchio muro, un ovale che ritraeva Sant’Anna con Maria Bambina. La porta dai due battenti scrostati lasciava trapelare uno spiraglio di buio…una tentazione! E le vie delle tentazioni sono infinite! Non aveva ancora finito di formulare il pensiero che la mano destra già aveva spinto un battente. Si trovò in un ingresso piastrellato da vecchie mattonelle in cemento grigio e granata; sulla destra, oltre una porta dai vetri smerigliati, c’era una cucina, di quelle dove le vecchie perpetue si affannavano a cucinare manicaretti. La canonica non era più stata abitata dai tempi di Don Martino che, forse, una perpetua mai l’aveva avuta. Nessuno, infatti, si era curato di portar via gli oggetti appartenuti all’ultimo abitante.
Forse, avesse aperto un rubinetto del gas e sfregato un fiammifero, da uno dei quattro fornelli sarebbe venuta fuori una corona di fiammelle azzurre. Una vecchia caffettiera era già lì, pronta. Doveva esser stato l’oggetto di cucina più usato dall’anziano prete. C’era pure un pentolino un po’ incrostato messo a scolare sopra il lavandino, accanto ad una tazza sbrecciata ed inscurita dal caffè. Nella credenza, sulla cerata a fiori, c’erano pentole e piatti che non dovevano essere mai stati usati. Sul tavolo dalla tovaglia di plastica a piccoli fiori azzurri c’era una pila di giornali, dai principali quotidiani, ai periodici di attualità come Espresso e Panorama, ai settimanali locali fino alle riviste religiose quali Famiglia Cristiana e Città Nuova. Ne guardò le date: ricoprivano il periodo tra il 10 ottobre e il 20 novembre 1999. Avevano quasi tutte sulla copertina l’indirizzo del sacerdote.
Aperta sul tavolo una copia della “Squilla Diocesana” del 23 Novembre 1999. C’erano delle parti sottolineate, e, a lato, scritto con calligrafia un po’ tremante, da anziano, ma decisa “Quando mai?”
Già, don Martino aveva il vizio di “fare le pulci”al settimanale diocesano!
Era sempre stato un prete sui generis, poco o per nulla allineato con il resto del clero, polemico, ironico, e talvolta, persino sarcastico. Anche se l’aspetto era sempre stato quello dell’anziano prete di campagna, con la talare nera lunga fino ai piedi.
Don Martino era stato suo insegnante di Storia e Filosofia al tempo del Liceo, più di trent’anni prima.
23 novembre 1999… forse il giorno in cui Don Martino aveva avuto l’ictus. Era stato ricoverato in ospedale, poi era stato messo in una casa di riposo. Da allora era stato l’ombra di se stesso. Dopo quattro anni, durante un altro ricovero in ospedale, Don Martino era scomparso. L’avevano cercato ovunque, dentro l’ospedale e fuori, nei campi, nei roveti che avevano invaso il Rio Bozzolo, per tutte le campagne circostanti, avevano scandagliato tutti i pozzi, ma inutilmente.
Anche se non poteva essersi allontanato di molto, un vecchio in pigiama e con problemi a camminare, avevano fatto persino intervenire “Chi l’ha visto?” ma inutilmente.
Si diresse verso il retro, dove trovò due porte. Una dava su uno studiolo: lì c’era una sorta di piccola tipografia con diverse tra ciclostile e stampanti e persino un computer, di vecchia generazione, ossia antidiluviano, e copie del suo “bollettino” …novembre ’99.
L’altra portava in un vecchio orto ormai inselvatichito: il tempo passava solo dove c’era vita, non tra le nature morte dell’interno.
Rientrò ed andò verso il tinello: era pieno di libri e giornali accatastati ovunque. Coprivano il pavimento a piastrelle esagonali bianche rosse e nere, il tavolo lievemente intagliato, le sedie, le poltroncine, i divani. A metà scala, su un pianerottolo, si apriva la stanza da bagno: i sanitari e le piastrelle facevano pensare che fosse stata aggiunta intorno agli anni ’50 da un suo predecessore. Poi, al piano superiore, alcune stanze, anch’esse piene di libri e giornali. E non si trattava solo di edizioni economiche, ma anche di libri pregiati. C’era di tutto: dalla Storia alla Filosofia, dalla Teologia alla Geografia. C’erano diversi fascicoli delle riviste “Meridiani”, “Bell’Italia”, “Airone”, “National Geografics”: quasi da poter allestire una biblioteca delle dimensioni di quella Civica. Ma la cosa più interessante era l’abbondanza di materiale sulla Storia locale, con testi che erano vere chicche, come i due volumi sulla storia della Chiesa Vescovile del Monteregale, opera del Canonico Gioacchino Grassi di Santa Cristina, pubblicato a fine settecento, e quello sulle origini e sulla storia della Chiesa e delle terre di Vico del contemporaneo Luca Lobera. Molte erano le piccole monografie d’inizio ‘900 se non tardo ‘800, su chiese e santuari della zona, e poi in uno stanzino cieco c’erano i faldoni di parte dell’archivio parrocchiale. Raggiunse ancora una bella saletta che conservava eleganti mobili e pareti dipinte con ariosi paesaggi. Anche lì altri libri, libri di ogni genere, persino tascabili della Mondadori… Ci sarebbe stato da tornare in quel posto anche solo per il materiale da consultare, talvolta molto raro.
Come Guglielmo da Baskerville ne “Il nome della rosa” avrebbe volentieri preso un po’ di quei libri per salvarli dalla polvere e dai topi, ma oltre alla violazione di domicilio non voleva aggravare la propria situazione con il furto. Ma ora di chi era quell’immenso patrimonio librario?
Libri e vecchi giornali dappertutto, anche nella sua stanza dove restava solo libero un letto di ferro con una coperta casalinga fatta a rettangoli di lana. Dalla finestra socchiusa, filtrava una luce scarna, che sapeva ormai di fine estate. Si avvicinò al letto, per vedere meglio quali libri conservasse. Dovevano essere i migliori, i più pregiati…ma ecco che notò che la coperta era un po’ sollevata. Vide spuntare da sotto un ciuffo di capelli bianchi. Con il cuore in gola scostò lievemente le coltri e vide il corpo del vecchio prete scomparso ormai da anni, rinsecchito e rattrappito nell’eterno sonno della morte. Le mani scheletrite stringevano un rosario. Solo un libro sul comodino, un messale con il segnalibro posto sul giorno della Natività di Maria, l’8 settembre, un paio di giorni dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 2003.
Si fece il segno della croce, recitò un requiem, poi scese le scale con l’animo stranamente invaso da una pace profonda.
Si tirò dietro la porta. Sarebbe tornato altre volte, per rivedere quei libri, ma senza far rumore… perché, nella sua stanza, Don Martino stava riposando.
Manuela Zanotti, professionista monregalese, scrive per passione. Ha pubblicato racconti su“L’tò Almanach” di Primalpe, su alcuni numeri della collana “Racconti tra la collina e il mare”, ed. Sabatelli, in “Migrazione e memoria” e “Racconti ed altre prose”, ed. Gli Spigolatori. Nel 2012 ha pubblicato il suo primo giallo, “La mascherata della morte urlante” presso l’editore Del Bucchia.