FRANCO RUSSO.
Le quattro cosiddette Virtù cardinali, Fortezza, Prudenza, Temperanza e Giustizia, sono citate già nell’Antico Testamento e, di lì in avanti, sono state oggetto di ragionamenti filosofici, religiosi, esaltazioni letterarie, rappresentazioni iconografiche, interpretazioni alle quali nemmeno io posso essere così sciocco da pensare di aggiungere qualcosa di significativo. Ma il tema della Giustizia mi affascina e credo di essermici dimenato da sempre. Anche perché è già difficile da definire: una virtù civile e religiosa, un valore etico sociale, l’applicazione delle leggi attraverso lo stato, la forza esecutiva del diritto? Come tutte le anime semplici, avrei bisogno di sapere che una mela è una mela mentre, nel tempo, ho imparato che esiste una Giustizia umana ed una divina, una terrena, una marina ed una ultraterrena, una eterna e, quindi, per deduzione, una temporanea, una penale ed una civile, ma anche una amministrativa, una internazionale ed una sommaria. Troppe? Per non parlare di non meglio definiti senso di giustizia e giustizia individuale. Mia nonna, parlando della Giustizia, diceva l’è la maja bernarda, pì la tires pì se slarga e mio nonno, ironizzando su un presunto forte, diceva sì, sì l’è fort, fort cuma la giustisia.
Ricordo che, da bambino, ogni tanto mi succedeva di dire, rispetto a qualcosa che non mi piaceva non è giusto anche se, in verità, volevo solo dire non mi è utile. Se succedeva, raramente, che una mamma, all’ora di merenda, ci chiamasse per consumare una fetta di crostata o di torta di nocciole avanzata se doveva essere divisa in due diceva: uno taglia la fetta in due e l’altro sceglie, perché così le fette saranno eguali. Ed era vero. Le salomoniche mamme di una volta ci insegnavano così i primi rudimenti della giustizia. E, confesso che, in tutta la mia vita, non mi è più successo di incontrare un’amministrazione della giustizia più giusta di quella delle mamme. Abitavo a Caraglio e, come tutti, frequentavo il catechismo. Non mi ricordo in quale anno e per quale ricorrenza ma era prevista una processione religiosa in cui le bambine erano vestite da damigelle ed i maschi da “paggetti”: cappello con la piuma, giustacuore e pantaloncini di velluto nero. E spada d’argento. Non ero un bambino buono né studioso di catechismo e non avevo neppure un padre ed una madre “devoti” per cui sono stato escluso dalla sfilata. Mi ricordo che gli infantili testicoli mi girarono parecchio per la prima volta e lo trovai sommamente ingiusto. Se avessi conosciuto La Rochefoucauld avrei considerato che “Nella maggior parte degli uomini l’amore per la giustizia non è che il timore di patire l’ingiustizia”
La faccio breve: ho trovato ingiusti l’uccisione di Ettore, di Giulio Cesare, la cancellazione dei pellerossa, i campi di concentramento, Piazza Tienanmen, Stalin, la denigrazione di Oriana Fallaci, la schiavitù, il colonialismo, le crociate, l’omicidio di Moro, le sfortune di Paperino, Paolo e Francesca all’Inferno, l’abolizione di Carosello, lo scudetto di cartone all’Inter, la fame nel mondo, la bomba atomica. E, nel mondo della scuola, da insegnante e preside per quasi cinquant’anni, mi è successo spesso di avvertire, di fronte a promozioni o bocciature, il profumo dell’ingiustizia. E mi è capitato spessissimo di trovare ingiusta l’amministrazione della Giustizia da parte dei Giudici: sentenze farlocche, contraddizioni, ritardi, carcerazioni affrettate ed ingiustificate o non carcerazioni solo politicamente corrette. Summum ius, summa iniuria, bravi Terenzio e Cicerone! ma anche il Signor Giudice di Vecchioni e quel Giudice nano dell’adorato Faber.
E ancora mi sono ritrovato a pensare e a dire che non è giusto che un padre seppellisca un figlio, peggio ancora se è un bambino ed ho, a malincuore, solidarizzato con quei sacerdoti che si affannavano a spiegare a genitori affranti che sì va bene, sembra che sia ingiusto ma, il disegno divino, la Resurrezione, un giorno… e, da anima semplice, come tutti, ho provato a chiedermi e a chiedere ma, se Dio è buono e giusto, perché? Confesso che mi è stata di poco conforto la risposta che il disegno… questa vita è un passaggio per… vedrai che dopo… l’angelo volato in cielo. Forse ci sono momenti in cui tutti dovrebbero tacere e pensare, con San Bonaventura “Ex silentio nutritur iustitia”. E, già che ho cominciato a citare, come non ricordare quel balengu di Renzo “Finalmente c’è giustizia a questo mondo”. Già, bravo, aspetta e vedrai. E se Matteo, con l’ottimismo dei futuri santi, “Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli”, Tolstoj, con più senso pratico ed esperienza, in Guerra e Pace “Dov’è un tribunale è l’iniquità”, o ancora il tragico interrogativo della Bibbia “perché i giusti soffrono mentre gli empi sono tranquilli?”.
Come sempre ho una mia convinzione e, come sempre, ho forzato la mano per andare a cercare, nella letteratura e nella storia, gli elementi utili a dimostrare la mia convinzione, anzi la mia esperienza di avere spessissimo incrociato l’ingiustizia mentre la giustizia l’ho intravista, forse, due o tre volte da lontano. Ma se la giustizia non c’è nel cuore e nella ragione degli uomini, se non c’è nelle aule dei tribunali, se non c’è nemmeno in Dio non sarà che, semplicemente non c’è? Non sarà una simpatica utopia che serve a noi per avere un obiettivo da perseguire, al “potere” per fingere di essere equanime, a toghe ed ermellini per avere una scusa per inaugurare l’anno giudiziario?