LORENZO BARBERIS
Venerdì 26 maggio alle ore 17 nelle sale di Palazzo Fauzone ho avuto il piacere di presentare, assieme agli organizzatori (cui va il merito, ovviamente, dell’iniziativa) i lavori in ceramica realizzati da giovani migranti seguiti dalla Cooperativa sociale Onlus Cascina Martello e in particolare, materialmente, dall’artista e ceramista Sabine Szymanowicz. Un progetto nato anche in collaborazione con l’ArteAtelier dei creativi di Mondovì Piazza del presidente Sergio Bruno, in collaborazione con la Città di Mondovì e la Fondazione Museo della Ceramica di Mondovì.
L’assessore alla cultura Mariangela Schellino ha presentato così la sua ultima esposizione nel suo ruolo istituzionale prima della chiusura del mandato quinquennale, chiudendo con una bella mostra che conferma l’attenzione e la presenza da lei sempre dedicati alle iniziative di promozione culturale, anche e specialmente di ambito artistico. La direttrice del Museo, Christiana Fissore, ha poi introdotto l’esposizione contestualizzandola nell’offerta complessiva del Museo, ricca e forse non abbastanza valorizzata dalla città come invece meriterebbe: è ad esempio ancora aperta, in questi stessi giorni, una interessantissima mostra sull’immaginario futuribile ottocentesco e primo-novecentesco, di cui scrive bene qui Giovanni Rizzi su Culture Club 51 (e anch’io mi riprometto di scrivere a breve qualcosa).
Sergio Bruno e Sabine Szymanowicz hanno poi presentato gli sviluppi tecnici del lavoro con i giovani migranti, e la collaborazione con la Ceramica Besio che ha portato poi a realizzare un ottimo prodotto finito grazie anche alla professionalità del laboratorio ceramico che porta avanti la antica tradizione operativa monregalese.
Ma sopra ogni cosa, parlano le opere: opere semplici, di terracotta, quasi primordiali nel loro andare a forme semplici, primigenie, archetipe. Forme di animali, colti con una sintesi genuina, non priva di qualche ingenuità tecnica magari ma potenti sotto il profilo espressivo.
Non mancano nemmeno figure antropomorfe, o elementi della comunità di villaggio (alberi, oggetti, capanne e casupole), che vanno a costruire un profilo complessivo dell’immaginario dell’Africa rievocato dai migranti che da qui provengono.
Non è la prima volta che il Museo della Ceramica offre una apertura internazionale, un ponte tra Mondo e Mondovì con la chiave di lettura che gli è propria; e del resto la Ceramica è una forma d’arte essenziale, antica e universale, che bene si presta a quest’operazione. Abbiamo così avuto opere di Ai Weiwei (vedi qui), la ceramica lituana di Vilnius (vedi qui) e molti altri spunti ancora.
Di questa mostra (come ad esempio anche nel caso di Vilnius) è molto bella anche la dimensione orizzontale dell’esposizione, portata dalla conformazione della sala delle mostre temporanee, che ha uno sviluppo in lunghezza che rende ideale questo tipo di esposizione, specie in caso di ceramiche di piccolo formato, come qui.
Inframmezzate alle terracotte della mostra, anche due grandi mascheroni rituali africani, che vanno a stabilire un rapporto tra queste opere e l’Africa, culla del mondo, che è anche il luogo d’origine di una tradizione artistica recuperata giustamente, nel Novecento, da alcuni grandi come Pablo Picasso ed altri cubisti, portando nuova linfa nella tradizione europea con l’avvio dell’astrazione moderna (un po’ come la musica africana influirà sul Blues e quindi sul Jazz e sul Rock, nel parallelo fenomeno di rinnovamento musicale).
Una mostra quindi che può essere interessante visitare, portatrice di una sua specifica bellezza; un piccolo tassello di un’offerta culturale monregalese da riscoprire e valorizzare.
Le sculture saranno in mostra fino a domenica 18 giugno, negli orari di apertura del Museo.