GIANCARLO BARONI
Bologna ti accoglie e ti fa accomodare; si mostra ospitale, affabile, aperta; ama la vita. È contenta di sé ma non si vanta, orgogliosa senza arroganza, operosa senza fretta, colta e gaudente. Scrive Guido Piovene nel suo indimenticabile Viaggio in Italia: “È bella per la carica, per l’abbondanza del colore; ed il colore che la satura è prevalentemente il rosso o il rossastro… i portici, gli archi, le cupole, tutto fa pensare a una rotondità carnosa. Lo stesso dialetto, l’accento, sono abbondanti e tondeggianti…La bellezza a Bologna non si pensa, ma si respira, si assorbe, si fa commestibile”. I due appellativi ricorrenti, la dotta e la grassa, costituiscono un connubio indissolubile: Bologna sa accogliere le differenze senza cancellarle. Convivono, una di fianco all’altra, la Bologna della vita quotidiana e quella dove la Storia si esprime ai massimi livelli, le due interagiscono e si integrano alla perfezione.
La facciata della basilica di San Petronio rappresenta il ritratto più fedele della città: la parte inferiore rivestita di marmi e statue, quella superiore formata di semplici mattoni. Ognuna valorizza l’altra, i contrasti si trasformano in armonia. Identica sintesi positiva riguarda gli elementi architettonici orizzontali e verticali, femminili e maschili, così caratteristici: costeggiano le strade chilometri e chilometri di portici – gallerie confortevoli di portoni e negozi – e s’innalzano verso il cielo – dritte o inclinate – torri una volta particolarmente fitte. Un filo sotterraneo lega gli affollati e concitati Funerali di Togliatti di Guttuso con le atmosfere ovattate e rarefatte delle nature morte di Morandi, il rosso delle bandiere con l’ocra delle bottiglie.
La bellezza evidente e palpabile di Bologna ci fa dimenticare a volte la sua grandezza, che travalica confini regionali e nazionali: “Bologna è tra le città più belle d’Italia e d’Europa”, dice Piovene.
Qui il mondo ha fatto irruzione più di una volta. Nel 1088 viene fondata la prima università europea: statue e busti di medici decorano le pareti del Teatro Anatomico e stemmi di studenti i muri dell’Archiginnasio; alcune arche sepolcrali di studiosi di diritto e glossatori di codici giuridici sono tuttora visibili fuori le chiese di San Francesco e San Domenico. Dentro quest’ultima troviamo l’arca marmorea scolpita, nel corso dei secoli, da artisti del valore di Nicola Pisano, Arnolfo di Cambio, Niccolò dell’Arca, Michelangelo. Il sarcofago custodisce le reliquie del fondatore dell’ordine domenicano che, nato in Spagna, muore a Bologna nel 1221. Re Enzo, figlio dell’imperatore Federico II, viene tenuto prigioniero nel palazzo che porta il suo nome fino alla sua scomparsa nel 1272. A Bologna, scelta nel 1327 come sede pontificia in Italia, arriva Giotto e sorge il fastoso palazzo-castello di Porta Galliera che verrà distrutto pochi anni dopo dagli stessi bolognesi stanchi di soprusi e vessazioni. Siamo nel 1530: nella basilica di San Petronio il papa incorona imperatore Carlo V.
Se fosse costruito il Museo dei musei, almeno tre capolavori della Pinacoteca Nazionale ne farebbero parte: San Giorgio e il drago di Vitale da Bologna, l’Estasi di santa Cecilia di Raffaello (un tempo nella chiesa di San Giovanni in Monte) e la Strage degli innocenti di Guido Reni. Altre perle emettono un candido bagliore dai loro piccoli scrigni: il Compianto su Cristo morto, capolavoro di Niccolò dell’Arca, di fianco all’altare nel santuario di Santa Maria della Vita; i dipinti di Lorenzo Costa e di Francesco Francia dentro la cappella della potente famiglia dei Bentivoglio, in fondo alla chiesa agostiniana di San Giacomo Maggiore.
I bolognesi (da Bononia, colonia latina) si chiamano anche felsinei (dall’insediamento etrusco di Felsina) e petroniani (da Petronio, vescovo dal 430 al 450 circa e santo protettore). La città si identifica col suo patrono che subentra in questo ruolo a san Pietro. A Pietro è dedicata la Cattedrale, sede dell’autorità vescovile, a Petronio la Basilica, simbolo dell’autonomia municipale: iniziata nel 1390, quasi contemporaneamente al Duomo milanese, rimane di proprietà comunale fino al 1929. Per merito di Petronio viene fondato il meraviglioso complesso di Santo Stefano o delle Sette Chiese, quando entriamo in quella del Santo Sepolcro abbiamo l’impressione di trovarci a Gerusalemme, una Gerusalemme bolognese.
(San Petronio si festeggia il 4 ottobre)
Bologna Petronio e la loro Gerusalemme
(le chiese di Santo Stefano, che il vescovo Petronio
inizia a costruire, sono chiamate la Gerusalemme bolognese)
Seconda soltanto a Roma?
Non faccio gare. So che san Pietro
ha lasciato volentieri il posto
di patrono al vescovo Petronio.
Pietra su pietra edifica le mura
che mi hanno protetto,
a Petronio ho dedicato una basilica
degna di un papa. Roma certo ma anche
la Milano di Ambrogio
venuto fino qui a consacrare
le reliquie di Agricola e Vitale,
e inoltre Parigi
come me maestra negli studi.
Sopra la torre degli Asinelli
guardo così lontano
e però non mi vanto
se non della Gerusalemme che conservo
qui a pochi passi.
Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Testo tratto dalla sezione “Le città dei santi” della raccolta “Le anime di Marco Polo”, Book editore, dedicata alla città felsinea.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.