Vento alto

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ATTILIO IANNIELLO
“Vento alto” è un testo interessante e coinvolgente che fa percorre al lettore i sentieri esistenziali di Maurizio Zarpellon, un vivaista ed un fotografo appassionato di giardini e natura non addomesticata. E questi percorsi vengono fatti propri dal lettore attento, che può farsi avvolgere dal manto dei faggi o la vibrazione sanante del ruscello, dal volo di un rapace o dalla calma bellezza di un fiore.

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L’autore nella “premessa” accenna al particolare atteggiamento e cura con cui ci si deve addentrare nel suo libro: fermarsi, sedersi sull’orlo della nostra quotidianità, saldi nella nostra razionalità ma aperti alla fantasia, alla creazione, alla bellezza dell’imprevisto, della natura, dell’amicizia tra uomo e uomo, tra uomo e creato («mi siedo sul labbro roccioso di un’alta rupe; oltre solo il vuoto», pag. 13). Ed è in questa posizione che si può assistere e partecipare al gioco della vita, infatti nella “premessa” Maurizio Zarpellon osserva due falchi che «giocano per amore» (pag. 13) e nell’ultima riga del suo libro partecipa al gioco diretto da un gufo reale («Da me voleva il gioco ed io lo accettai», pag. 134).
Ma torniamo al libro. “Vento alto” raccoglie diciannove brevi ed intensi capitoletti incentrati su ricordi, giardini, incontri con persone particolari, con animali particolari:
«Ho scritto di giardini improbabili o inaspettati e fiori di montagna, e poi rapaci, lupi e il vasto mondo della natura non addomesticata: ho intrecciano la professione di giardiniere e vivaista con il mio interesse per la fotografia naturalistica», scrive l’autore sul sito Vivaio Alpinia. «Vi dico di alcuni episodi che mi hanno formato come giardiniere alternati ad altri in cui ho ritrovato la natura più selvaggia delle nostre montagne. Tra un giardino e una rupe battuta dal vento ho scoperto che alla fine il passo è breve. In fondo quello che fa l’uomo nella sua ricerca del bello la natura lo sa fare da innumerevoli ere: creare la bellezza è cosa comune e averlo capito per me è stata una grande fortuna».

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In queste parole Maurizio Zarpellon fa riferimento alla bellezza e proprio a questa egli dedica un intero capitolo, “Salvami bellezza”, nel cuore del suo libro.
È la bellezza la cifra più importante di “Vento alto”; è il filo rosso che lega l’autore al suo lavoro, a sua moglie Donatella, ai suoi amici, alla natura, alla vita insomma. La prerogativa della bellezza «spetta a un albero o a un’intera foresta, a un paesaggio naturale o curato con rispetto, a un cibo sano, a un animale libero, a un fiore o a un giardino. È nel diritto di ogni uomo pretenderla» (pag. 87).
Ma per vederla, per comprenderne la valenza liberatoria occorre avere occhi sempre nuovi.

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Mi ha colpito trovare nel primo capitolo del volumetto, “Bocia”, la descrizione del luogo dove Maurizio Zarpellon ama andare a “rigenerarsi”: il castello del Mombrisone, un villino di caccia da molti anni abbandonato ma circondato da ciò che resta di un giardino ideato da Jean Baptiste Kettmann e dal bosco. Il luogo è certamente magico e ancor di più interessante se si pensa che il villino ha forma ottagonale come i battisteri tradizionali antichi che rimandavano simbolicamente all’ottavo giorno, quello della resurrezione di Cristo e della rigenerazione del creato, in particolare dell’uomo che del creato deve avere cura.
Aver cura vuol dire, nel mondo botanico, preservare anche specie erbacee dall’estinzione. Per questo il vivaista (“In volo”, pag. 103) ha collaborato con Bruno Gallino e Danilo Re del Parco del Marguareis nella realizzazione della stazione botanica E. Burnat – C. Bicknell [1] a Pian del Lupo presso il rifugio “Piero Garelli” del CAI di Mondovì.
Un episodio questo che documenta l’amore per la montagna del botanico/scrittore.
«Amo la montagna solitaria, i suoi abitanti fioriti o piumati, vocianti o profumati» (pag. 61).

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E la montagna ricambia l’amore facendo incontrare donne e uomini singolari, come il vecchio montanaro Ulisse, chiamato così dall’autore perché «anche lui aveva navigato per tormente e venti impetuosi, non per mare alla ricerca di Itaca, bensì per sopravvivere alla guerra e per sfamare un’umile famiglia. Della montagna aveva percorso ogni anfratto…» (pag. 55). E di Ulisse, che per mestiere aveva fatto il contrabbandiere, poco per volta svela, a chi vorrà incamminarsi nelle pagine del libro, il mistero; un mistero denso di poesia, di saggezza e di riconoscente bellezza.

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La montagna ricambia l’amore facendo incontrare il boscaiolo che suggerisce all’autore una nuova etimologia al nome Bisalta: «La Bisalta si chiama così perché il vento è alto [3]» (pag. 125); o Elisa, che vive in una baita della valle Stura a 1.500 metri d’altitudine e che svela il vero significato del modo di dire “in bocca al lupo”: «[I lupi] per i cuccioli sono disposti a grandi sacrifici e, se intuiscono un pericolo, li prendono con delicatezza tra le fauci e li trasportano uno a uno in un punto più protetto… Per questo si dice “in bocca al lupo”, perché è quello il posto più sicuro. Quando ti rivolgono quell’augurio non rispondere “crepi il lupo”, ma ringrazia che porta bene…» (pag. 53).
La montagna ricambia l’amore offrendo piante e fiori per i giardini pensati e realizzati da Maurizio Zarpellon; giardini per case di privati o per comunità come quella di Villa Ferrero [2] a Busca, dove il nostro vivaista progettò il “Giardino dei sensi”.
«Ogni giardino ha una dote, quella di cambiare, di trasformare, di reinventare l’individuo. Io preferisco chiamarla forza, perché si tratta di una vera e propria leva, un mezzo che la natura mette in campo quando si tratta di portare del bene. Se non fosse vera energia, quella impiegata dal giardino e dalla natura per cambiare le cose e gli individui, allora non avrei assistito ai piccoli e grandi fenomeni che posso raccontare» (pag. 89).

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La montagna infine ricambia l’amore offrendo infinite possibilità all’altra grande passione di Maurizio Zarpellon: la fotografia naturalistica.

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In “Vento alto” lo seguiamo infatti in diversi racconti di escursioni, appostamenti, vere e proprie caccie nonviolente ed estetiche ad uccelli («fiori in volo», pag. 67) ed altri animali, non trascurando fiori, alberi, rocce e corsi d’acqua.

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«… mi nutro della stessa aria levigata sulla roccia, fiutata dai camosci, passata nelle ramaglie, respirata dal lupo, accarezzata dai rapaci, mescolata a un guscio che rotola e infine gorgogliata dall’acqua gonfia di neve» (pag. 126). Così respira l’autore e il suo libro perpetua ed infrange tale respiro nel lettore che abbia la semplice saggezza di una mente e un cuore giardino.

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Maurizio Zarpellon

Maurizio Zarpellon, giardiniere e vivaista (Vivaio Alpinia), ha pubblicato “Il giardino dei sensi” (2000), “Naturalmente in giardino” (2004) e una guida naturalistica sui percorsi in mountain bike (1991). Con Danilo Piovanotto, ha curato il libro fotografico “La foresta dei picchi neri” (2013). Collabora con la rivista “Giardini”. Vive e lavora a Chiusa Pesio (Cn).

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Maurizio Zarpellon, Vento alto, Edizioni “Officina naturalis”, 2017, Pag. 138, Euro 12,00

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Le fotografie sono di Maurizio Zarpellon

Note
[1] «Dedicata ai due celebri esploratori, è situata presso il Pian del Lupo, ad una quota compresa tra 1970 e 2000 m, ed occupa una superficie di circa 1 ettaro. Custodisce habitat rari e minacciati e vi sono collezionate esclusivamente le specie vegetali d’alta quota più significative delle Alpi Liguri e Marittime.Attualmente essa ospita diverse entità rarissime o endemiche.
Tra le specie presenti si possono ricordare gli endemici Senecio persoonii, Silene cordifolia, Saxifraga florulenta, Fritillaria tubaeformis subsp. moggridgei e Veronica allioni.
Nella zona umida di torbiera sono inoltre presenti le specie insettivore Drosera rotundifolia ePinguicula vulgaris». Cfr. Parco del Marguareis.
[2] La comunità di Villa Ferrero gestita dalla Cooperativa sociale “Insieme a voi” ha al suo interno persone diversamente abili, con patologie mentali.
[3] Vento: Bisa in Piemontese.