DARIO PICCIAU
È uscita in libreria, in edizione bilingue italiano-inglese, la nuova raccolta di poesie di Roberto Malini, Il ciliegio che sopravvisse alla bomba (The Cherry Tree that Survived the Bomb), con gli auspici del Museo Memoriale della Pace di Hiroshima e della Confederazione giapponese delle organizzazioni delle vittime della Bomba A e della Bomba H. I versi dell’autore sono essenziali, drammatici, scanditi da una sillabazione e da una cantabilità sospese fra oriente e occidente, in cui nei silenzi abissali e nei suoni di un mondo che fluttua dolorosamente emergono le parole. Parole che bruciano e vanno in cenere, che corrono a piedi nudi per non morire, che cadono e si rialzano, si aggrappano ad altre parole e quando non si arrendono al vuoto, germogliano da fessure nella terra avvelenata, fioriscono, riprendono il loro canto sommesso.
È poesia, ma non esclusivamente poesia. Da tanti anni Roberto Malini dedica ai diritti umani, ai fattori critici della civiltà i suoi versi. Negli anni 1980 Fernanda Pivano presentò un suo reading con queste parole: “Ascolterete un poeta che spalanca senza esitare quelle porte dietro cui non vogliamo vedere, perché il nostro egoismo e la nostra indifferenza rifiutano la sofferenza di tanti nostri simili e preferiscono illudersi che appartengano a un mondo che non ci riguarda”. Il poeta conosce bene l’argomento a cui dedica la sua ultima fatica letteraria che “dà voce agli ‘hibakusha’, i testimoni delle tragedie di Hiroshima e Nagasaki,” come spiega in un’intervista. “Il libro però non è solo memoria di ciò che accadde il 6 e il 9 agosto 1945, ma prefigura l’avvenire, se non riusciamo a fermare la minaccia degli arsenali atomici. Oggi ci sono cinquantamila ordigni nucleari nel mondo, sempre più piccoli, sofisticati e distruttivi. Se pensiamo che nel 1961 venne sperimentata la Bomba Zar, cinquemila volte più potente di quella che colpì Hiroshima, non si può che rabbrividire al pensiero di cosa accadrebbe, oggi, in caso di guerra o incidente riguardante armi nucleari”. Con questo pensiero, l’autore chiede ancora a loro, gli “hibakusha”, i testimoni di Hiroshima e Nagasaki, di indicarci la strada per non ripercorrere gli stessi orrori. Sono solo loro che possono guidarci, riportando alla luce il ricordo di quei giorni di distruzione e morte, sgombrando il giudizio dagli alibi dei vincitori, secondo cui le bombe atomiche furono una necessità per porre termine alla Seconda guerra mondiale.
“Le armi nucleari hanno preso in ostaggio il futuro del mondo,” scrive il poeta nell’introduzione alla raccolta.“Dopo Hiroshima e Nagasaki, si è parlato in ogni sede istituzionale della loro non proliferazione o abolizione, ma contemporaneamente sono stati prodotti altri cinquantamila ordigni atomici, sempre più piccoli, efficienti e devastanti. Il ciliegio che sopravvisse alla bomba è poesia che si ispira alle loro vicende e alle loro voci. Invita il lettore a ricordare i martiri, ma anche ad abbandonare il sentimento di rassegnazione verso la condizione di assoluta precarietà in cui si trova l’umanità a causa degli arsenali nucleari. È tempo che ognuno di noi levi la sua voce per chiedere a chi ci governa di allontanarci dall’orlo dell’estinzione su cui ci troviamo oggi, attraverso la proibizione e l’eliminazione delle armi nucleari”.
Quello che scrive nelle sue poesie, Roberto Malini lo vive ogni giorno, da tanti anni, nelle sue vesti di difensore dei diritti umani, co-presidente di EveryOne Group, organizzazione internazionale umanitaria. EveryOne Group conduce una campagna mirata a sensibilizzare le istituzioni internazionali in merito al pericolo degli arsenali nucleari, che minaccia la nostra intera civiltà. Gli esperimenti e le intimidazioni da parte del dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un e le risposte di Donald Trump hanno riportato all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale questo tema di enorme importanza per la sicurezza mondiale. Per sensibilizzare i governi e le istituzioni internazionali sulla necessità di avviare piani congiunti che conducano all’eliminazione e alla proibizione delle armi nucleari, EveryOne Group ha inviato loro, in formato e-book, “Il ciliegio che sopravvisse alla bomba”. Una delle poesie, breve e fulminante, è dedicata alle tensioni fra la Corea del Nord e Gli Stati Uniti, che giustamente preoccupano l’opinione pubblica mondiale: Da una parte e dall’altra / di un’aiuola fiorita / due folli attaccano briga. / Il problema è che i fiori / siamo noi.
Il libro digitale, in una “Edizione speciale per le personalità e istituzioni che possono contribuire al disarmo nucleare”, è allegato a una e-mail che invita il destinatario a darsi da fare per l’obiettivo del disarmo: “Le inviamo questo libro perché siamo convinti che lei possa contribuire a salvare l’umanità, operando per il disarmo nucleare. Le poesie che leggerà ricordano cosa accadde alla gente innocente di Hiroshima e Nagasaki e sottolineano la contraddizione dell’umanità di oggi, che ritiene di essere in grado di controllare le bombe atomiche e non riflette sull’evidenza che nel corso della civiltà i popoli hanno finito, senza eccezioni, per fare uso di qualsiasi invenzione bellica, per uccidere il maggior numero di persone”.
Il ciliegio che sopravvisse alla bomba (The Cherry Tree that Survived the Bomb), Edizione bilingue italiano-inglese, Lavinia Dickinson Editore, 2017.
NdR: Il libro Il ciliegio che sopravvisse alla bomba, diffuso presso le istituzioni internazionali e i governi che hanno la possibilità di influire sul disarmo nucleare, dopo aver ricevuto l’apprezzamento da parte di due gruppi europarlamentari e le risposte da parte di due ambasciate (Mosca e Varsavia) della Corea del Nord, riceve oggi una lettera da parte della Commissione europea, a dimostrazione che la poesia può ancora dialogare con le istituzioni ai massimi livelli su temi fondamentali per la civiltà.
https://www.articolo21.org/2017/12/armi-nucleari-la-corea-del-nord-risponde-alla-campagna-per-il-disarmo-promossa-da-everyone-group/
Tre poesie dalla raccolta:
L’amore
Era più tardi, dopo il bagliore blu.
Fra macerie annerite, tubi strappati, cavi,
travi, barattoli, foglie secche e cadaveri
un ragazzo si alzò.
La sua pelle era stracciata
come la veste di un reietto,
le sue carni bruciate.
Il dolore che provava
scalciava e si dibatteva
violentemente nelle sue membra.
Sembrava che volesse
spingere la sua anima
fuori dagli occhi,
in alto, verso il cielo.
A un certo punto sentì un gemito
e si voltò in quella direzione.
Sotto una porta divelta
vide una giovane donna
nelle sue stesse condizioni.
Non la conosceva.
Mentre si lamentava,
la ragazza alzava un braccio
da cui penzolavano
brandelli di pelle ustionata.
Si trascinò verso di lei,
la liberò, l’aiutò ad alzarsi
e la sorresse cingendole le spalle.
Camminarono insieme
senza sapere dove andare
e nessuno dei due abbandonò l’altro
fino alla fine.
*
Sonni tranquilli
La mattina del 6 agosto 1945
Paul Warfield Tibbets Jr.,
il fattorino della morte,
sganciò la bomba atomica
su Hiroshima.
Aveva trent’anni
e il bombardiere B-29
che aveva trasportato l’ordigno
era stato battezzato
con il nome di sua madre:
Enola Gay.
Il nome in codice della bomba,
invece, era Little Boy.
Paul Warfield Tibbets Jr.
visse altri sessantadue anni
e per tutta la vita
affermò di dormire
sonni tranquilli.
*
Gli innocenti
Gli innocenti
morirono insieme
al buio
o nella luce.
Piccoli passi di fuoco
si consumarono
intorno ai salici piangenti
e come frutti gli occhi
si spaccarono, svelando
la loro rossa dolcezza.
Maestri nel dimenticare,
abbiamo perdonato
troppo presto,
quando le pietre
avevano ancora sete.
Nella foto: Roberto Malini riceve dalle istituzioni in Sierra Leone l’onorificenza di Poeta Laureato (nella stessa occasione l’artista italiano Dario Picciau ha ricevuto il titolo di Artista Laureato). Le onorificenze riguardano il lavoro letterario e artistico al servizio della civiltà, dei diritti umani e della pace.
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