REMIGIO BERTOLINO.
I nostri destini si incrociarono nei primi anni Settanta. Avevo organizzato una collettiva di pittura con gli “Amici di Piazza” alla quale era stata anche invitata Teresita Terreno, che affinava allora i “ferri del mestiere”. Fu alla vernice della mostra che conobbi Antonio Liboà, l’uomo della sua vita.
Toni, come lo chiamavano gli amici, era il nome perfetto per una personalità versatile, affabile, generosa ed entusiasta. Tòni, l’inflessione alla piemontese, lo radicava nel ‘milieu’ della Provincia, in quegli anni ricco di fervore culturale, lo legava alle radici montane (la madre era originaria della Pra).
Ma Toni richiamava anche l’inglese e ciò gli dava quel fascino di apertura internazionale, quell’orizzonte più ampio che sempre lui cercava.
Nel 1975 realizzammo la cartella grafica «Mia mare», la prima di una lunga serie, una mia prosa di memorie familiari che Teresita illustrò con due acqueforti.
A quel tempo Tòni lavorava alla Michelin di Cuneo e nelle ore di libertà con tenacia e passione aveva adibito un locale, a piano terra del suo cascinale al Pasquero di Crava, a stamperia. Poi si licenziò per dedicarsi o, meglio, consacrarsi interamente all’arte della stampa.
La vita di Tòni è legata a quella di Teresita come un’ovidiana metamorfosi nell’indissolubile intreccio di caprifoglio e pianta; non era solo un legame d’amore, ma le due vite ardevano come una sola fiamma.
L’uno completava l’altro: l’artista raffinata all’acquaforte aveva bisogno di uno stampatore esperto e sensibile affinché le sue lastre passassero alla carta, nel loro abbraccio sotto il torchio, tutta l’amorosa trama di segni, marezzature, velature che lei aveva impresso sul rame. E Tòni riusciva, magicamente, a far emergere nell’immagine su carta tutta la bellezza che Teresita aveva insufflato nella sua opera.
A lavoro concluso, Tòni passava il foglio alla sua amata che lo osservava attentamente, poi sollevava il capo esclamando: «È proprio come l’avevo immaginato…»
A quelle parole il viso di Tòni si illuminava e il suo sorriso come un raggio solare si espandeva all’intorno fugando ogni ombra, ogni dubbio, ogni avversità.
Quante cartelle grafiche sono nate all’insegna della poesia e dell’amicizia!
Nel 1986 esce la cartella «Le Langhe», dieci acqueforti ispirate ai racconti di Beppe Fenoglio; immagini dal chiaroscuro violento che interpretano magistralmente l’epopea partigiana dello scrittore albese.
Per «Langa, sogni e memorie» del 1997, ricordo che, con Tòni, calzati gli scarponi e armati di apparecchi fotografici, percorremmo le Langhe “povere”, le alture che da Murazzano spalancano le ali verso Mombarcaro. Eravamo alla ricerca di antichi casolari abbandonati, di aie, conche di silenzi e ricordi, di stanze tramate di ragnatele, di vecchie cucine ancora intatte con la stufa di ghisa, rastremata in un angolo, e il tavolo, al centro, sotto una misera lampadina da cinque candele o un più antico “chinché”. Immagini che Teresita avrebbe poi ripreso, trasformandole in opere d’arte.
Nel 2002 Tòni diede alle stampe la cartella «Vecchi alberi», sei acqueforti che immortalano un mondo di piante dimenticato. Questa volta ci spingemmo fino alla Valle Belbo, ancora sui luoghi fenogliani, alla ricerca di antiche piante da frutta. Lo spunto ci fu dato dal poeta Tonino Guerra che a Pennabilli aveva ideato nel 1990 «L’orto dei frutti dimenticati».
Vorrei concludere ricordando l’ultima cartella che l’amico Tonino mi dedicò nel 2011 «Mùsiche d’eve». Sono sette poesie sulla musica di acque, rogge, ruscelli, torrenti. Ogni poesia è accompagnata da una pagina grafica di Teresita Terreno: un’incisione di fondo dove l’essenzialità del bianco e nero viene investita di nuove significazioni con la giustapposizione di segni ed interventi creativi, di magiche suggestioni di ori profondi e splendenti, stampati con una tecnica messa a punto dall’impareggiabile amico. L’amico scomparso, il geniale stampatore di un’epoca d’oro, ormai anch’essa fatta cenere al vento…