SILVIA PIO (a cura)
Giorgio Gallo è un camminatore appassionato di fotografia. Appartiene al Gruppo Fotografico Albese, con il quale ha esposto le sue opere, sia foto che video.
Da qualche tempo ha iniziato a raccogliere pezzi di legno, nei boschi e nei fiumi, durante le varie camminate in montagna. Inizialmente ha lavorato sull’antropomorfismo, cercando di assecondare le forme naturali per fare risaltare le somiglianze con la figura umana, e anche animale.
«Ho scoperto un mondo affascinante che mi ha ispirato», racconta a Margutte. «Ero attratto dalle forme particolari che la natura aveva creato e pensavo di usarle, anche se non sapevo come. Mi sono ritrovato a rimaneggiarle accostandole, incastrandole, posizionandole in modi diversi senza un progetto preciso. Il resto è venuto da sé. Ad un certo punto mi sono fermato, perché davanti a me si era formato un qualcosa in cui la mente aveva riconosciuto altro. Unendo quelle forme, tutte diverse, ne avevo create altre.»
Da qui è nato Antropomorfismo. Nella prima opera realizzata Gallo ha voluto rappresentare, stilizzato, l’insieme del mondo della natura. «Nella natura sono racchiuse tutte le forme del mondo», esordisce la locandina di questo progetto. Le opere che sono venute in seguito contengono elementi del mondo della natura che possono avere un legame con il vissuto dell’uomo, descritto anche dalle didascalie abbinate all’opera.
Una certa sensibilità fotografica lo ha portato ad affinare la ricerca e la selezione delle forme per concentrarsi sull’essere umano e sulla rappresentazione della sua esistenza e del suo pensiero. Di qui sono nate alcune piccole esposizioni.
Inizia ora un’altra fase della ricerca di Gallo, ispirata da una pianta coltivata in modo estensivo nella sua terra d’origine, le Langhe, che racchiude tutte le forme della vita e ne porta anche il nome: la vite.
«Sono andato alla ricerca di piante dismesse e ho iniziato un lavoro che descrivesse il rapporto tra l’uomo e la terra, in questi luoghi molto profondo. Le idee seguono le forme che mi ritrovo tra le mani, quindi non so bene dove mi porterà questo nuovo progetto; l’intento primario è quello di recuperare il grande lavoro che la natura ha fatto, e farlo rivivere ridandogli nuova forma e vita.»
Importante è la tridimensionalità delle opere, che viene esaltata dalle basi minimali sulle quali poggiano, e il loro senso di equilibrio, che crea un’armonia tra forma e rappresentazione, evocando in chi le guarda infinite immagini e storie. Questa evocazione è anche un intento dell’artista: «voglio rappresentare il sottile confine tra realtà e fantasia, tra concretezza e illusione».