Omaggio a Mario Luzi
DANIELE TRUCCO
Nel giorno stabilito per la scrittura dell’omaggio, si apparecchiò in me un concetto riguardante parole e suoni, e le narrazioni nate da essi e lor sviluppo e declino, che si dipanò semplice e senza indugio, e trovò spazio in questa breve esposizione o storia che così trovò e ancor trova inizio:
Arrivò un tempo per quelli che furono prima di noi in cui la necessità di non dimenticare, quella che come un imperativo spinge la volontà a «ram-ment-are», a «ri-membr-are» e poi a «ri-cor-dare» proprio lo stesso ricordo nuovamente, impose alle parole, con forza talora violenta, di perdere il dono preziosissimo del suono, senza per questo farle per estinzione morire.
La pronuncia, tecnica per la quale è d’obbligo il divenire, si congelò nel segno e da allora il tempo vissuto dal mondo si fermò in favore di quello delle narrazioni silenti e dei suoi nuovi narratori, che sarebbero divenuti fantasmi di lì a poco.
I segni si trasformarono in casseforti mute di pronunce in potenza, sepolte per uno spazio di ere non certo né quantificabile. Forse casuale.
Rotoli di giallognoli silenzi profondi, come un giorno lo sarebbero state le memorie binarie non più decodificabili delle macchine, segnarono una pausa in quel mondo di voci.
Ne nacque una sacra, tacita alleanza che vincolò i segni alla loro pronuncia.
A Verona, e poi da qualche altra parte, un Petrarca, un Ciriaco Pizzecolli o forse io stesso, più non ricordo, interruppe i silenzi di qualcuno; altri saranno muti per sempre.
Concluso il pensiero e riguardatolo molto, e non pago del tutto e del suo scorrere, dissi alfine per completezza un sonetto, nel quale trova spazio tutta la esposizione, il quale comincia: Qualcuno un giorno volle ricordare.
Qualcuno un giorno volle ricordare
tutto. Il potere dei suoni e gli incanti
del tempo raccontati dagli amanti
delle invenzioni decisero il fare,
il bello nuovo e il come rammentare:
“Rotoli di silenzi e afoni canti
giallognoli contengano quei pianti
dolci che fanno lieto il rimembrare”.
A Verona la luce rifulse eco
muta il dì che Petrarca urlò beltà
di parole sepolte in carte estreme.
Come un chicco di grano chiuso in cieco
ambiente mille anni germinerà
vita, ancora, traluce il negro seme.
(Disegno di Franco Blandino)