SILVIA PIO
Il primo colossal della storia del cinema su Giovanna d’Arco, la santa combattente patrona di Francia, non fu francese né statunitense, ma italiano: per la precisione, torinese, interpretato nel 1913 dalla diva Maria Jacobini (parente di Benedetto XV, il papa che avrebbe proclamato la santità di Giovanna d’Arco nel 1920) e diretto dal di lei fidanzato, il poeta e regista Nino Oxilia (1889-1917). Lo rivela un saggio a firma di Patrizia Deabate apparso sul numero 14 di “Immagine”, rivista dell’AIRSC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Storia del Cinema, del quale Margutte ha parlato qui.
Il volume, curato da Serena Facci e Elena Mosconi, dedicato a “Cinema muto e canzone”, è stato presentato lo scorso autunno al Teatro Verdi di Pordenone nella prestigiosa cornice internazionale delle Giornate del Cinema Muto.
Come affermato da Claudia Gianetto, direttrice della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino e da Carlo Sburlati, responsabile del Premio Acqui Storia (vedasi “Idea”, “Il Giornale d’Italia”, “Il Borghese”), si tratta di una informazione che, prima del saggio della Deabate, non era reperibile in alcuna pubblicazione italiana.
Tale scoperta avrebbe dovuto essere inserita nello studio Maria Jacobini in Joan of Arc (1913): un successo del cinema muto da Torino agli Stati Uniti segnalato da Aldo Cazzullo nel suo libro Le donne erediteranno la terra (Mondadori, 2016) e pubblicato dal Centro Studi Piemontesi di Torino nel 2015 in concomitanza con la riproposta alla Scala di Milano, dopo 150 anni, dell’opera lirica di Verdi dedicata alla Pulzella.
Spiega Patrizia Deabate: «Avevo l’intuizione che il film della coppia Oxilia-Jacobini fosse il primo colossal della storia del cinema dedicato a Giovanna d’Arco perché, secondo i miei studi, il grande scrittore americano Francis Scott Fitzgerald a dociott’anni restò ammaliato dalla diva italiana che nei panni della Pulzella incarnò il personaggio storico che negli Stati Uniti fu l’idolo dei soldati americani, l’icona dell’emancipazionismo femminile e l’antesignana della flapper, la donna dai capelli a caschetto che negli Anni Venti avrebbe regnato proprio nelle opere di Fitzgerald.
Nei romanzi dello scrittore americano ho trovato simbologie presenti nelle poesie di Nino Oxilia, in riferimento proprio alla donna moderna, alla flapper, che in The Beautiful and Damned pare avere una connessione con Roma e con la Santa Romana Chiesa. Ed è plausibile che esistesse un nesso con la Jacobini, che in U.S.A. ottenne uno straordinario successo nei panni di Giovanna d’Arco e che era parente di Benedetto XV: il Papa che portò avanti la causa di santificazione nello stesso periodo in cui si legava di amicizia, nominandolo Monsignore, Padre Sigourney Fay: il mentore di Fitzgerald».
Occorre ricordare, a proposito della pettinatura alla maschietta simbolo dell’emancipazione femminile degli Anni Venti, che essa era stata inventata a Parigi nel 1909 proprio in onore di Giovanna d’Arco, beatificata quell’anno. Patrizia Deabate ha trovato conferma della propria intuizione nel libro di Hervé Dumont Jeanne d’Arc de l’histoire à l’écran, pubblicato a Losanna e a Parigi nel 2012. Purtroppo la pellicola è andata perduta e attualmente non risulta custodita in alcun archivio.