ABHAY K.
(Dalla Nota del Curatore)
Il 10 dicembre 1950, William Faulkner iniziò il suo discorso di accettazione del Premio Nobel con le seguenti parole: “Sento che questo premio non è per me come uomo, ma per il mio lavoro: il lavoro di una vita nell’agonia e nel sudore dello spirito umano, non per la gloria e meno di tutto per il profitto…” Come l’arte trascende l’artista, la poesia trascende il poeta. Faulkner ha ulteriormente approfondito l’importanza dell’opera rispetto all’artista in un’intervista con “The Paris Review” nel 1956. Riferendosi alla futilità del conflitto sulla paternità delle opere di Shakespeare, egli sostiene: “Ciò che è importante sono l’Amleto e Sogno di una notte di mezza estate, non chi li ha scritti, ma che qualcuno lo abbia fatto. L’artista non ha importanza. Solo ciò che crea è importante.”
Questo è ciò che avevo in mente quando ho iniziato a lavorare a 100 grandi poesie dell’India e al volume collegato Altre 100 grandi poesie dell’India. Le antologie che mi è capitato di incontrare pongono sui “poeti” una chiara enfasi, rivelata da titoli come: Dieci poeti indiani del XX secolo, Dodici poeti indiani moderni, Nove poetesse indiane oppure Sessanta poeti indiani. D’altra parte, costituirebbe un’eccezione Queste mie parole, edito da Eunice de Souza e Melanie Silgardo, che potrebbe scoraggiare e risultare inaccessibile per un comune lettore. I versi della poesia di De Souza “Incontrando i poeti” dicono:
Sono sconcertato a volte
dal colore dei loro calzini
dal sospetto di una parrucca
dall’amarezza nella voce
e un’aria, a volte, scivolosa.
Meglio incontrarsi nelle poesie:
belle conchiglie punteggiate
in cui si ode
un triste ma distante mare
Un lettore medio non ha bisogno di sapere quali premi abbia vinto un poeta, quanti libri abbia pubblicato o a quali festival abbia partecipato; il fascino e la forza di una singola poesia sono sufficienti per commuoverlo. La poesia sopravvive ai poeti per il suo valore intramontabile e intrinseco. Pertanto non comprendo l’ossessione per i poeti dei curatori del XX secolo di antologie di poesia indiana.
Sono rimasto affascinato da Rashmirathi di Ramdhari Singh Dinkar da bambino, mentre crescevo nel Bihar. Mi capitò tra le mani la copia scolorita di questo libro di mio padre, a casa, quando frequentavo la quarta classe. La magia che avevo avvertito nel suono e nell’energia delle parole in Rashmirathi rimane con me fino a ora. Quell’epopea hindi racconta la storia di Karna, Krishna, Pandavas e Kaurava. È stata la mia prima lezione di letteratura oltre che di politica e diplomazia. Ho imparato a memoria il terzo canto, tanto lo leggevo spesso. Lo faccio ancora. Ho provato senza riuscirci a tradurre l’opera in inglese. L’incantesimo delle parole in lingua originale si perde nella traduzione e pertanto i versi di Rashmirathi non trovano posto nell’antologia. Per la stessa ragione di intraducibilità, molte altre grandi poesie non sono potute rientrare in questa raccolta.
Editare 100 grandi poesie dell’India è stato un lungo lavoro fatto per passione. Ho letto molto, quasi tutte le antologie di poesia che sono state pubblicate finora, riguardanti diverse lingue e regioni geografiche dell’India. Questa collezione include poesie scritte in ventotto idiomi indiani, ovvero: assamese, bengalese, bhili, dogri, inglese, gondi, gujarati, hindi, kannada, kashmiri, khasi, kokborok, konkani, maithili, malayalam, marathi, nepalese, oriya, persiano, punjabi, rajasthani, sanscrito, santhali, sindhi, tamil, telugu, urdu e lingue prakrit, inclusa la pali. Il quadro complessivo della raccolta si sforza di coprire oltre tremila anni di poesia indiana. È interessante notare che, insieme a molti nomi noti, alcuni poeti, le cui grandi poesie sono incluse nell’antologia, risultino praticamente sconosciuti persino nei circoli letterari. I testi antologizzati hanno sfumature di tutti i rasas (parola che si può tradurre approssimativamente con “gusti”): ve ne sono di erotiche, comiche, eroiche, dell’orrore, tra le altre varietà, e coprono quasi ogni tradizione della poesia indiana, compresa la poesia bhakti. Trovano spazio nella collezione anche voci distintive di comunità tribali, dalit, femministe e LGBT.
Il mio scopo nel pubblicare 100 Grandi poesie dell’India è di portare la grande poesia indiana nel mondo. Ciò è stato richiesto dopo che avevo fatto conoscere alcune delle migliori poesie dal mondo in India, nell’antologia Capitals, del 2017.
La presente raccolta e il volume correlato Altre 100 grandi poesie dell’India sono stati trascritti in irlandese. L’edizione portoghese è stata pubblicata dall’Università di San Paolo. Anche edizioni in birmano, tedesco, greco, serbo e spagnolo sono in lavorazione.
Cosa rende grande una poesia? Esiste una definizione standard di grande poesia? Ho una risposta semplice a questa domanda. Ciò che mi emoziona per me è grande. Potrebbe essere un dipinto, un brano musicale, una fotografia, una poesia o qualsiasi altra cosa. Non penso vi sia o ci possa essere una definizione universale di grandezza. Persino il Buddha, l’illuminato, consigliò ai suoi seguaci di non credere a quanto diceva senza verificarlo da sé, non di prendere la sua strada ma di trovare la propria. Allo stesso modo, suggerirei a ciascuno di trovare le proprie poesie. Create le vostre antologie.
La raccolta si apre con un antico verso di Bhavabhuti, che, guardandosi alle spalle, ricorda le conquiste dei maestri del passato, ma non senza omaggiare il linguaggio, veicolo dello spirito poetico in tutto il mondo. Possa la poesia sopravvivere e le lingue prosperare nel nostro mondo tormentato.
Le poesie di questa collezione sono disposte nell’ordine alfabetico dei rispettivi titoli, non in quello delle date cronologiche di pubblicazione, in modo da sottolineare la natura senza tempo della grande poesia. Non ho potuto includere un certo numero di grandi poesie a causa dell’impossibilità di ottenere i permessi. Tra queste: “Self Portrait” di A.K. Ramanujan, “Station Dog” di Arun Kolatkar, “Night of the Scorpion” di Nissim Ezechiele, “Cartolina dal Kashmir” di Agha Shahid Ali, “The Vaiyai Poems” di Paripatal, “Indigo” di Chitra Banerjee Divakaruni, “One Chooses a Language” di Zulfikar Ghose, il “Capitolo IX” di Bhagavad Gita tradotto da Stephen Mitchell, “Nel cimitero” di Karaikkal Ammaiyar, “Qualunque ferita che un uomo infligge a una donna” di Vatsyayana, “Donna” di Hira Bhansode, “Il primo libro” di Amrita Pritam, “Paura della morte” di Bhartrihari, tra le altre.
Ho letto queste poesie molte volte, in momenti di gioia e di amarezza, e leggendo entro in un mondo di beatitudine. Auguro anche a voi un viaggio indimenticabile con 100 Grandi Poesie dell’India.
(Traduzione dall’inglese di Caterina Davinio)
Il libro sarà pubblicato in italiano in futuro.
Margutte ha fatto uscire uscire una selezione di poesie qui.