EVA MAIO
Spremi le minuzie
che l’umano ne ha tante
nei flussi di parole di gesti.
Spremile cogli occhi
che dentro c’è l’unico
il singolare che l’altro è.
Spremi i silenzi
e ripara dal clamore
cosa vi scovi.
Spremili con orecchi nuovi
che vi scorrono promesse
forse bagliori.
Spremi i cieli
fino a farli gocciolare
di luce di blu di bianchi
di azzurri di arie di venti
e allarga le mani.
Spremili respirali
fanne dei buongiorno
dei buonanotte
che i tuoi tessuti
ne attendono il succo.
Spremi ogni sguardo
più a lungo che puoi
col tuo più sincero che puoi.
Spremilo lo sguardo
che vi scorra il bene
e l’amore che sai.
Spremi l’arco delle ciglia
quello che sa di lacrime
gioie ansie luminosi futuri.
Spremili quegli archi
che sono ponti che hanno scale
da scendere e salire.
Spremi quell’attimo
prima del sonno
che lì ti visitano gli assenti
i lontani i dimenticati
e quelli che stavano a lato.
Spremilo quell’attimo
che t’ha lasciato parole
d’ombra e di luce
spremile entrambe
dentro dentro dentro.
E se ti va spremi
un limone un’arancia
che hanno un po’ di sole.
E spremi le contentezze
quelle da poco sfuggenti
e quelle che si posano piano.
Spremili i succhi di vita
gli spruzzi d’onda
i passi tra sabbia e mare.
Spremi i succhi di vita
ogni tipo d’amore che in te
ha preso alloggio.
Spremi
dentro dentro dentro
che il fuori attende il succo
il tuo
il mio.
*
Spremute esce naturale naturale dall’esperienza “Palestra di teatro”.
E Palestra di teatro esce dalla perizia artistica e dalla sensibilità umana di Elisa Dani.
Sono capitata per caso in questo laboratorio dove si fa un teatro non-teatrante, dove si tessono trame con tanti fili senza percorsi forzati di narrazione, dove ci si allena con incanto e precisione allo sguardo dentro e fuori, lì e altrove, e dove l’adesso del dire, del fare o del silenzio o dell’immobilità è un adesso irripetibile.
Per caso ci sono capitata. Ma nulla è solo per caso.
C’è un “grazie a” che fa da sfondo a ciò che appunto infiliamo nella casella “caso”.
Ed in particolare il finale di quello che si doveva agire come coagulo beato e intenso di tutta l’esperienza di “Palestra di teatro” è la tenuta di sguardo con le persone del pubblico: due occhi posati leggeri ed accoglienti su altri due occhi, dieci volte con dieci persone diverse.
Da questo finale è sgorgato Spremute.
Illustrazione di Franco Blandino