STEFANO CASARINO
Venerdì 5 ottobre 2018 alle 17.30 nell’Aula Magna della sede di Mondovì del Politecnico di Torino si è tenuto un Convegno dal titolo Ἅριστον ὕδωρ: l’acqua, il bene più prezioso. Sono intervenuti come relatori Teresio Sordo, Stefano Casarino e Remigio Bertolino; la lettura dei testi poetici è stata suggestivamente proposta da Giuditta Aimo e i filmati e le musiche sono stati curati da Emiliano Negro.
Quanto segue è la sintesi della relazione del secondo conferenziere.
Solo dove c’è acqua, c’è vita.
Lo comprese perfettamente Talete, secondo quanto ci racconta Aristotele: (Metafisica 983 b): Talete, l’iniziatore della filosofia, dice per parte sua che il principio primo è l’acqua (e per questo sostiene che la terra poggia sull’acqua) e tale opinione gli viene forse dall’aver osservato che il nutrimento di tutte le cose è umido e che perfino il caldo si genera dall’acqua e vive di essa [...]; da questo era stato indotto a tale opinione e anche dal fatto che ogni germe ha una natura umida; e anche l’acqua è il principio della natura di ciò che è umido. Vi sono poi alcuni che credono che i primi antichissimi teologi, vissuti molto prima del nostro tempo, abbiano avuto la stessa opinione sulla sostanza primordiale perché chiamavano Oceano e Teti i padri della generazione e perché dicevano che gli dei giurano per l’acqua, che quei poeti chiamavano Stige.
Nel mito la presenza dell’acqua è costante: si pensi, a solo titolo d’esempio, all’importanza di Poseidone, alla nascita di Venere, alla morte di Narciso… L’insegnamento è chiaro, l’acqua è onnicomprensiva, è legata al ciclo della vita e della morte.
Mircea Eliade (Trattato di storia delle religioni, 1959) ha svolto in proposito importanti considerazioni: (in tutte le culture) L’immersione nell’acqua simboleggia la regressione nel preformale, la rigenerazione totale, la nuova nascita, perché l’immersione equivale a una dissoluzione delle forme, a una reintegrazione nel mondo indifferenziato della preesistenza.[...] Il contatto con l’acqua implica sempre rigenerazione; da una parte perché la dissoluzione è seguita da una nuova nascita, dall’altra perché l’immersione fertilizza e aumenta il potenziale di vita e di creazione. L’acqua conferisce una nuova nascita per mezzo del rituale iniziatico; guarisce col rituale magico, garantisce la rinascita dopo la morte coi rituali funebri.[...] I ritmi lunari e acquatici sono orchestrati dallo stesso destino; comandano la comparsa e la scomparsa periodica di tutte le forme, danno al divenire universale una struttura ciclica. Per questo, fin dalla preistoria, il complesso Acqua-Luna-Donna era percepito come il circuito antropocosmico della fecondità.[...] In sumero A significava “acqua”, ma anche “concezione, generazione, liquido seminale”.[...]Le tradizioni sui diluvi sono quasi tutte legate all’idea di riassorbimento dell’umanità nell’acqua e di instaurazione di un’età nuova, con una nuova umanità. Tradiscono una concezione ciclica del cosmo e della storia: un’epoca è annullata dalla catastrofe e comincia un’era nuova, dominata da uomini nuovi.
Stabilita l’imprescindibilità di tale elemento, è quasi impossibile non riscontrare la sua presenza ovunque nella cultura: nella letteratura, nella musica, nell’arte.
Nella letteratura italiana, dalla sor’acqua di San Francesco alle chiare, fresche dolci acque di Petrarca, dalle tante fontane dell’odio e dell’amore in Boiardo e in Ariosto alle piogge nel pineto e alle fontane malate del Novecento.
Una menzione particolare merita, secondo me, la parodia dannunziana di Piove di Eugenio Montale: contenuta in Satura (1971), è ad una prima lettura uno sbeffeggiamento della lirica del poeta del Vittoriale, ma, con maggior attenzione, non è difficile cogliere anche l’autoironia e, soprattutto, la deplorazione per la vera, luttuosa assenza, quella della moglie, Drusilla Tanzi. La pioggia che su tutto si abbatte è la diluizione del senso stesso dell’esistenza, segnala il disincanto e il distacco di Montale da un tempo che non sente più suo.
Tanti altri autori hanno tratto ispirazione dall’acqua: dall’ acqua insegnata dalla sete di Emily Dickinson (1830 -1886) – che visse autoreclusa in casa, vestita solo di bianco, assillata dall’idea della purezza; le sue poesie, più di 1770, furono scoperte dalla sorella solo dopo la sua morte: l’edizione critica in tre volumi è del 1998 – alla marea a cui viene paragonata la donna da Pablo Neruda (1904-73) – premio Nobel per la letteratura nel 1971, fu anche politico e diplomatico, amico di Salvador Allende: morì nel 1973, ufficialmente per tumore, ma nel 2014 la salma fu riesumata e recenti analisi hanno portato nuovi elementi alla tesi di un’iniezione letale.
Da Thomas Stearn Eliot (1888-1965) – pure lui Premio Nobel per la letteratura nel 1948, autore de “La morte per acqua”, quarta parte de La terra desolata (1922), testo che può certamente essere raffrontato con Coleridge (La ballata del vecchio marinaio) e con Joyce (Ulysses) ma che può richiamare anche, se è concessa un’attualizzazione spero non indebita, i “morti per acqua” di oggi! – al fratello mare di Nazim Hikmet. Turco di origini aristocratiche, naturalizzato polacco (1902-63), denunciò pubblicamente il genocidio armeno, si rifugiò in Russia, divenne amico di Lenin, comunista e antimilitarista. Tornato in Turchia, subì molti anni di carcere: fu liberato nel 1950 per l’intervento di molti intellettuali (Neruda, Picasso, Sartre,ecc…); nel 1951 chiese asilo politico in Polonia, pur risiedendo in Russia. Solo nel 2002, nel centenario della nascita, gli fu simbolicamente restituita la cittadinanza turca.
E, ovviamente, costante la presenza dell’acqua è anche nella musica: in una sorta di rapsodia, omettendo ovviamente tantissimo, dalla Music Water di Georg Friedrich Händel (1685-1759) – suonata su una chiatta sul Tamigi da cinquanta musicisti, per volere di re Giorgio I fu ripetuta tre volte – alla Goccia d’Acqua di F. Chopin (1810-1849)(1831-8) – col particolare, ossessivo effetto del suono cristallino di un’unica nota costante – sino ad arrivare alle variazioni più moderne della musica leggera (Acqua azzurra acqua chiara di L.Battisti, Com’è profondo il mare di L. Dalla e Il mare d’inverno di E.Ruggieri-L.Berté).
Né vita né cultura, dunque, senza acqua: ha ragione Claudio Abbado (1933-2014): La cultura è un bene primario come l’acqua: i teatri le biblioteche e i cinematografi sono come tanti acquedotti.
Acquedotti, aggiungo io, che tocca a noi curare, affinché mantengano intatta nel tempo la loro portata e garantiscano sempre l’indispensabile, vitale approvvigionamento.