“Svelare” la Resistenza: operazione quanto mai opportuna… oggi!

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STEFANO CASARINO
Viviamo in tempi in cui qualcuno pensa bene (??!) di sfoggiare magliette con la scritta “Auschwitzland” ed altri (anzi, altre) di mettersi in posa esibendo il saluto fascista proprio in quel luogo di immane dolore; infine, c’è anche chi ritiene che il modo migliore di prepararsi per un nuovo anno, certamente foriero di “magnifiche sorti e progressive”, sia quello di offrire in vendita il Calendario del Duce 2019, comodamente  reperibile in qualche edicola o sul web.
Fortunatamente, però, viviamo anche in tempi in cui c’è chi continua a studiare e a meditare su quel passato assurdamente tragico, che sembra non passare mai, e addirittura produce un bel romanzo, scritto con garbo e con passione al tempo stesso: è il caso di Daniele La Corte – valente  giornalista di importanti  testate, premiato nel 1983 e nel 1986 come “cronista dell’anno”–  attualmente  conduttore di programmi televisivi su Tv liguri locali, col suo recentissimo Resistenza Svelata (Fusta editore, Saluzzo),  presentato in anteprima nazionale nella Sala Scimé di Mondovì (CN) sabato 27 ottobre.

Protagonista dell’opera è una straordinaria figura di religiosa, suor Carla De Noni, che fu durante il periodo della Resistenza monaca del Santuario di Santa Lucia a Villanova Mondovì (CN) e che così viene presentata al lettore:
Carla era la suora dei partigiani, la monaca che mettendo a rischio la propria vita e quella delle sue consorelle aveva creato un’enclave protetta dove nascondere prima i diseredati e poi i ribelli.
Il 20 aprile 1945, cinque giorni prima della Liberazione, suor Carla venne mitragliata da aerei americani mentre viaggiava in treno: le sue condizioni apparvero subito disperate (questa qui muore) e fu riportata nel suo Santuario.
Invece, la sua agonia fu lunghissima e si concluse con un’inaspettata, miracolosa guarigione, risultato di una “sinergia” (come usa dire oggi) tra  sacro (le preghiere delle consorelle e soprattutto il fazzoletto benedetto di don Filippo Rinaldi, beatificato nel 1990 da papa Giovanni Paolo II) e profano (le cure assidue, caparbie del dottor Fenoglio):  avrà comunque più di 7 cm di osso mandibolare spappolato e subirà più di venti interventi chirurgici.
Nei giorni di quell’agonia, suor Carla, sempre vigile, ricorda e rivive i momenti della lotta partigiana (un nuovo segreto si era andato ad aggiungere ai tanti che non poteva svelare neppure al suo confessore. Aveva fatto un giuramento a Dio e alla Resistenza).
Ripensa a tante figure a lei care: all’avvocato Dino Giacosa, uno dei principali capi della Resistenza piemontese, fondatore del Servizio X che di fatto la arruolò come agente segreto (tornavano i volti amici, e come sempre Dino deteneva il primo posto);  ad Aldo Sacchetti (Con lui il giovane sottotenente con quell’accento romanesco. Aldo Sacchetti era romano, romano vero, e se vantava), scomparso proprio in questi giorni alla bella età di 97 anni, l’altro cofondatore del Servizio (Sacchetti, da buon militare, aveva affinato l’idea di Giacosa e il Servizio X era stato organizzato alla perfezione);  alla staffetta Paolo Pesce, nome di battaglia Pietra; alla sua Jole, l’agente P19, invidiata per la sua bellezza, per il suo portamento di ragazza di buona famiglia, appena diciottenne, a cui toccò un’importante missione presso l’altro centro della narrazione del ligure La Corte, l’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.
E alla figura di suor Carla fa da contrappunto quella di suor Artemisia: la prima Medaglia d’Argento al Valor Militare; la seconda Medaglia d’Oro.
Due monache che scelsero di stare dalla parte della Resistenza: come tanti altri religiosi, tanti esponenti del basso clero, che, come afferma Dante Livio Bianco in Guerra Partigiana, amarono e aiutarono i Partigiani come figli, perché erano i soldati del popolo.
È giusto ed opportuno rammentarlo e difatti La Corte lo fa più volte:
la curia di Mondovì, come molte altre diocesi italiane, era occultamente schierata contro il fascismo ma soprattutto contra la brutalità di intervento delle camicie nere

e ancora:
la Chiesa locale non faceva distinzione tra garibaldini e autonomi, tra quelli che al collo avevano il fazzoletto rosso e quelli che lo indossavano azzurro. La guerra contro l’invasore tedesco e il suo alleato doveva essere vinta.

Il romanzo è, come rivela lo stesso Autore nella Presentazione, un mix tra realtà e invenzione […] una storia che è l’insieme di tante storie: ci restituisce il clima, convulso e tragico, di anni di barbarie e di orrore, di terrore ma anche di speranza; fa riscoprire l’importanza, soprattutto nei momenti peggiori, del rispetto dell’altro e della condivisione di quei valori senza i quali davvero saremmo solo bruti, per dirla con Dante.

Questa magnifica suora partigiana – per completezza di informazione suor Carla sopravvisse ben cinquantaquattro anni dal suo ferimento, nel 1962 diventò Madre Generale e per trentadue anni fu guida delle Suore Missionarie della Passione; morì a 89 anni, il 9 settembre 1999 e oggi sono ancora in tanti a ricordarla con affetto e commozione – mi ha richiamato un’altra eccezionale figura, questa volta una giovanissima vedova e una madre sempre trepidante per la vita del figlio diciottenne coinvolto con lei nella Guerra di Liberazione: Ada Gobetti, autrice del bellissimo Diario partigiano, da cui estraggo un’affermazione:
Oggi è onesto chi affronta la morte per rimanere fedele al proprio concetto morale. Ed è meraviglioso che in questo momento il concetto sia lo stesso per il prete come per il comunista. Mai forse prima d’ora c’è stata in Italia simile unità. Purché duri attraverso la prova – e oltre.

Oggi, cioè  “allora”, dopo il 1943, negli anni della Resistenza.
Ma oggi, invece, nel 2018 come stiamo messi? Basta pensare ai fatti che ho citato all’inizio!
Abbiamo superato quella prova tremenda grazie a donne e a uomini che la Resistenza l’hanno fatta per noi, grazie a tutti gli autentici antifascisti, senza distinzione di partito né tantomeno smanie di monopolizzare quello straordinario fenomeno di riscossa morale e civile.
Però, oggi di quella prova nemmeno più ci ricordiamo.
O, peggio, la raccontiamo in modi distorti, falsando la verità storica, trasformando i carnefici in vittime e giustificando – quando addirittura non celebrando – quei crimini e quelle follie omicide.
Per questo, leggere un  libro come quello di Daniele La Corte, romanzo avvincente e ottima ricostruzione storica, è quanto mai opportuno.
Per continuare a non perder di vista la libertà, come diceva Monti (in realtà il Professor Pietro Chiodi), ne Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio.