(dedica al presente)
Il racconto che vuole essere un uomo felice
si sparge con le parole affollate, le parole
abbracciate, nelle case vissute e nella piazza della luce
dove non sei morto, ma rivedi
gli amici i tanti fratelli e sorelle, col racconto di te, un racconto
che cinge di voce in voce, di sguardo in sguardo, un popolo
colmo della tua cura amorosa, intenta.
Resti nella vigile gioia presente
contento d’avere messo a posto i minimi particolari della gloria,
la vite la finestra e il vento – che minaccia in pieno
e poi riporta il sole. Ci siamo, stiamo nel comune
rifugio che il tempo sopravanza – camminiamo
sempre insieme ed insieme parliamo,
ridendo, del più e del meno.
*
(scherzo)
c’è poi magari da sgridare la persona cara
per lo scherzo di quel suo sparire
ma è scherzo serissimo per cui perdonare
non lui o lei sparito-ita in un fulmine
ma gli dèi nascosti irridenti capricciosi,
e sempre, sì, scavarci nell’atavica pietà
finché osi la luce e dare un senso
al tutto che è per sempre, al cerchio
in cui rimasti e andati si permane
sulla stessa barca, per dire,
tra gli stessi indecifrabili marosi
*
(dediche pasquali)
scende il febbraio del corpo sulla tua persona,
un febbraio freddissimo nel sole,
un febbraio di febbre e nuovo gelo,
dell’esclusione improvvisa dall’abbraccio
ma rinasciamo a breve nella tua febbre-vita,
alla fine dell’annuncio non cessiamo, rinasciamo
in un piano indefinibile di quest’occhio d’amore
*
(mesi)
alzo la mano, celebro solenne
il solito vuoto d’aria, così si ottiene
all’alba una minima gerusalemme
amara
non ne parliamo, dei mesi,
della massa di rocce che accatasta
sopra le spalle questo tempo
che non ci apparteneva e che ora
ha vinto – la luce
che i corpi promanano
sa un’assenza che è altra
luce di sempre che riscalda,
sa un’assenza, la vince, la consola
*
(ancora)
in verità, non bastano quelle passeggiate
assieme, altre ne vorrei ancora, e ripetercele
in questo eterno le parole,
e all’ombra e al sole
godere della frescura che accarezza,
e ancora glorificare la nostra altura
dinanzi al mare, la brezza – tu lo sai, sorridi,
e da queste parti rimani,
fraterno, anche domani
*
(ricchezza)
entro nella casa ricca della tua persona
come entro nella campagna ricca del tuo svelto andare
perché so solo entrare nel paesaggio ricco
del tuo sguardo e del tuo occhio pieno
nego che tu qui non sia nel tempo ricco -
affermo, anzi consacro, stipulo il persempre
che oltre il tempo vince – le luci sottostanti
alla nostra collina illuminano questi passi
per i quali passiamo persistendo
*
(il tuo giorno)
(anche il tuo giorno, in questo finire del maggio,
in questo sfinire, come una rinascita)
di questo tuo piacere
che è vivere appieno
vorremmo consacrare,
con la brace fuori la porta
e l’origano come l’incenso,
con la pesca nel vino
e la bocca che ti chiama di nuovo –
sempre sapendo la tua risposta
felice, che risuona nella nostra casa
(album per Lillo Freni) febbraio 2016- luglio 2017
Enrico De Lea (1958), originario dell’area ionica della provincia di Messina, vive e lavora in Lombardia. Ha pubblicato le raccolte di poesia Pause (1992, Edizioni del Leone), Ruderi del Tauro (2009, L’arcolaio ed.), Dall’intramata tessitura (2011, Ed. Smasher), la sequenza- poemetto Da un’urgenza della terra-luce (2012, Ass. La Luna, nella collana diretta da Eugenio De Signoribus) e la raccolta La furia refurtiva (2016, Vydia editore). Suoi testi sono apparsi sulle riviste Wimbledon, Specchio (de La Stampa), Sud, Atelier, Tuttolibri, Registro di Poesia (Editore D’If), Caffé Michelangiolo.
È presente nell’antologia “Poesia di strada – Licenze Poetiche” – Vydia editore, 2011, Macerata, poi Seri Editore, 2018, nonché nel volume collettaneo Parabol(ich)e dell’ultimo giorno – per Emilio Villa – a cura di Enzo Campi – DotCom Press edizioni, 2013. Ha pubblicato in rete in vari siti e blog, tra cui Poesia- Rainews 24, Rebstein, Nazione Indiana, Compitu re vivi, Poetarum silva, Carteggi Letterari, Arcipelago Itaca, Atelier-poesia, Argo, Carte nel vento-Anterem.
(foto di Rita Bernstein – a cura di Silvia Rosa)