LUCA BRESCIANI
28/01/2018
Gennaio bacia con i denti
lasciando le labbra piene di tagli
e non so dirti se soffiare sulle candele
fa più male di esprimere un’ambizione.
Non mi serve voltarmi indietro
per giudicare il nostro passato
perché il mio vivere pende sui passi
e ora ho tutto davanti agli occhi.
Finalmente vedo
che nessuno si salva da solo
e se oggi decido di guarire
so che anche tu starai bene.
***
Amare è astronomia.
Orientare gli occhi
nell’infinito dei palazzi
ipotizzando a quale distanza
è ancora viva la tua finestra.
Galassie opposte
appese alla stessa legge
e sperare è vivere
con il diritto di esplodere.
***
L’arcata dentale
è una dogana sulla voce
e per muovere la lingua
devo avere la mente in regola.
Ti devo mostrare
la pace nelle parole:
i verbi a formare una conca
come mani attorno a una fiamma.
***
Forse è soltanto
un perfezionarsi al perdono
quello che alle sette di sera
fanno i bagnini della Versilia.
Setacciare il passato
pregando a marcia indietro
per cancellare le tracce
di chi si nutre di onde.
dalla prefazione di Fabio Prestifilippo:
“Canzone del padre” è un lavoro sulla memoria, sulla storicizzazione di un lessico famigliare e nondimeno uno sguardo sul rapporto abissale che contraddistingue ogni binomio padre/figlio: “Galassie opposte / appese alla stessa legge / e sperare è vivere / con il diritto di esplodere.”
Partiamo da una considerazione: non è diversa da una grande storia d’amore quella che ogni figlio intraprende con il padre e di conseguenza nel padre/m
ancante possiamo leggere la conferma di un tradimento singolare. Nella silloge Canzone del padre Bresciani racconta infatti l’odissea di un perdono.