RICHARD BERENGARTEN
1. E chi non è in esilio. Facciamo e rifacciamo canti e poesie, per desiderio di un ritorno a casa. Questo fare non ha mai fine.
2. Casa è per definizione il luogo dove il mio è tuo e il tuo è mio. Comporre un canto o una poesia trasmette un dare e un ricevere, una reciprocità biunivoca, perfino quando tu o io scriviamo o cantiamo da soli, dentro di noi o fuori di noi, o quando a prevalere è il silenzio (sono i silenzi). Ricevere o comporre un canto o una poesia permette a te e/o a me di sentire, pensare e credere, anche solo per la durata di un battito di ciglia: Ecco, questa (qui/ora) è casa.
3. La Storia è esilio dall’eternità. E chi non vive nella storia. La poesia (il canto) ci accomoda per un attimo in un angolo, o in un punto di sosta, dell’eternità. O forse (addirittura) nel cuore stesso dell’eternità. Sia come sia, non certo nell’oblio di sé o nel sogno, ma in un ricordare che è un doppio risveglio.
4. Osa farlo. Osa fare poesia. Quando canta in te, non senti di appartenere al tutto?
5. La poesia dice: Il passato non è neppure iniziato, men che mai accaduto, e il futuro venne e se ne andò secoli fa. Il passato è un seme e il futuro, cenere.
6. Sulle ceneri del futuro la fenice (del qui, dell’ora) rompe il guscio e s’alza in un volo di fiamma. E cos’è mai quel suono tra le braci? Il suo antenato-discendente che nell’atto di nascere – canta.
7. Il mio defunto padre venne a me in un sogno e disse: ’Ho sentito che sei poeta. Sei un buon poeta?’ Anche nel sogno capii d’esser messo alla prova e risposi: ‘Non sta a me dirlo. Posso dire di essere un vero poeta’. Sorrise, come per dire: ‘Accomodati’.
8. Un altro sogno, in un corridoio della metropolitana, nel profondo sotto le strade di Londra, incontrai William Blake ed egli aprì due varchi in un muro. Il più grande era una porta per l’inferno, il più piccolo per il paradiso. Mi disse ciò che già in parte sapevo, ma che capivo di dover udire da lui, in quel luogo e in quel momento, da nessun altro né altrove, perché fosse reale: Per accedere alla seconda, devi aver varcato la prima.
9. Poesie e canti non possono rinunciare all’esser colmi di voci ancestrali. Per aprirci a noi stessi e comprenderci, abbastanza da poterli ascoltare.
10. I sogni dei giovani sono i rimedi dei vecchi? I sogni dei vecchi sono le catene dei giovani? Ahimè! Cent’anni dimoriamo nel corpo e in un batter di ciglia lo disertiamo.
11. Quando componiamo canti e poesie, siamo desti o sogniamo di esserlo? E sono i canti e le poesie la parte migliore di questo doppio sogno di veglia? Qualunque sia la risposta, credi tu di essere arrivato? Ovunque tu sia, ancora non sei partito.
12. Come un ospite che con fermezza sempre e dovunque tenga aperta la propria casa, la poesia ti offre ospitalità perenne, chiunque tu sia.
(Traduzione di Carla Buranello)
Questo saggio fa parte di una serie di quattro pubblicata, insieme ad altri scritti, in Imagems 2, Shearsman Books (Bristol, June 2019). L’originale in inglese si può leggere qui.
Foto di Giampiero Johnny Murialdo