EVA MAIO
Ovvero dei sorrisi che fanno innamorare.
Ed anche innamorarsi a settanta anni.
Ed anche come “leggiamo” gli altri a partire dal modo di sorridere.
Ciao, ti fai vivo dopo quanto…
Due mesi, appena.
Non dovevi passare per di qua…
Vero e scusa se non ti ho avvertito che non potevo.
Perché hai deciso per il telefono
che non ti piace
E neppure a te, lo so.
Allora passa da noi
mangiamo parliamo
Il posto per te c’è sempre.
Lo sai
Questa volta preferisco il telefono.
Di persona
a dirti quello che vorrei
ho una sorta di paura.
Arrossirei di vergogna.
Tranquilla
nulla di grave.
Solo che mi sento ridicolo.
Sputo subito il rospo.
Sono innamorato come un adolescente.
Ridicolo, tu.
Non riesco a immaginare.
Mica male, a settanta…
Non è quello il problema
Mi sono innamorato di un sorriso.
Mi prendi in giro
Di un sorriso.
Giuro.
In treno.
Milano – Roma.
Non so il nome cosa fa chi è.
Il destino ogni 3-4 settimane me la fa incontrare.
Non so neppure tanto del suo corpo
non è bellissima
non è brutta
non so definirla.
Per me è il suo sorriso.
Ma stai bleffando
Magari.
Soffro come un cane.
Quel modo di sorridermi
mi scioglie tutto.
Un sorriso sereno
eppure quando torno a Milano
mi scotta dentro
mi invade.
Senti Gustavo
allora scrivimi
Ancora due cose.
Forse ti scrivo. Grazie
Sono una pentola a pressione.
Anelo a uno sfiato.
Però avrei voglia di vederti
Scommetto che ti luccicano
gli occhi.
Sei vedovo.. Da tanto tempo
Non ti pare una benedizione…
Sì, è qualcosa di bello…
Ma non ha futuro.
Tenterò di spiegartelo
Ti scriverò cosa intuisco.
E lo sai che ci azzecco.
Certo che è qualcosa di bello, ma soffro.
Ciao, Gustavo
Questa volta vorrei proprio che la tua intuizione ti avesse mandato un messaggio errato.
E che col tempo tu te ne accorgessi. Non sei troppo certo quando affermi che non c’è
futuro?
E se fosse un’abile strategia di quella parte placida che è in te che vuole avere
la meglio?
Cara Paola,
Ecco come è iniziata
questa dolcissima febbre.
Salgo a Milano
trovo la carrozza il numero
mi siedo
saluto
mi rispondono
tolgo la sciarpa e mi alzo
per sfilare il giaccone
prendo il libro dalla tasca
lo poso sul sedile
mi alzo
dispongo sciarpa e giaccone
che non intralcino e non si sovrappongano
a cappotti e giacche
che già sono lì
sollevo il libro per sedermi
mi siedo
apro il libro
scivolano tre fogli.
Lei ne raccoglie due.
Spontanea svelta.
E me li porge.
Me li porge intanto che ancora è un po’ piegata
a raccattare l’ultimo.
Dandomi il terzo fogliettino
un sorriso chiaro
come un mattino di aprile.
Delicato e vivace
come i suoi occhi.
Vivace e calmo.
Di una calma conquistata.
Di una vivacità
quella dell’infanzia
vissuta dentro
senza disturbare.
Dentro un sorriso un mondo.
E il mondo scovato in quel sorriso
mi fa innamorare.
Subito.
Senza possibilità di difesa.
Balbetto tre grazie
e spero di averle sorriso
pure io.
Lo spero.
Non lo so con sicurezza.
Quel suo modo di sorridermi
mi ha avvolto
ma anche ha fatto ingresso
in me.
E ancora non se n’è andato.
Si tratta di febbraio
ed ora siamo a ottobre.
Sono me stesso.
Di un’intensità felice sono me stesso.
Ma soffro.
E tra me e me sorrido.
Mi raccomando, Paola
Sorridi ma non ridere di me,
te ne prego.
Caro Gustavo,
ti conosco da troppo tempo per prendere con superficialità ciò che mi dici.
Comunque finisca questa storia, continuo a pensare che sia una benedizione per te.
Che sia un lieve sorriso a stanarti da quella tua solitudine placida, vibrante, ma col rischio sempre lì dietro l’angolo che diventi un po’ stagnante, che sia un lieve sorriso e non un corpo attraente o un eloquio brillante mi conferma di quanto tu sia un umano doc.
Innamorarsi ha la sua porzione di patire. Sei grande abbastanza per portare anche quello in cuore in corpo in animo…gentilmente.
Grazie, Gustavo.
Paola, scusami
se ho dubitato
che tu potessi ridere.
Questo ti da la misura
del mio essere scombussolato
un po’ impaurito.
Non ti tedio sugli incontri casuali
successivi
sempre sul treno.
Ma da alcuni imponderabili dettagli
ho capito che non c’è futuro.
Cosa ho colto.
Che c’è luce chiara bella
in quel sorriso
che è conquista e dono
quel sorridere così
che lì c’è il meglio di lei
un disarmo delicato
vivo.
Ma tutto il resto di lei
è dentro un’armatura.
Leggera.
Ma sempre armatura.
Infida più di quelle pesanti.
Pochi se ne accorgono perché il suo sorriso è aperto
e molti suoi gesti anche.
Aperti a dare.
Quanto a
lasciarsi
conoscere
raggiungere
davvero proprio no.
Una in pieno equilibrio tra sé e sé.
E col mondo.
Che meraviglia!
Giusto.
Ma chi glielo rompe quell’equilibrio
quello star bene
quella grazia
in una cornice stabile.
Ho lavorato in un settore
che non lascia spazio
a fiabe.
Ma delle percezioni sottili
mi sono fidato
sempre
anche nel mio essere funzionario.
Ho sempre capito
con una sorta di fiuto
di chi fidarmi
a chi affidare compiti e come.
Ha umanizzato ogni relazione
anche nel lavoro
quell’acchiappare fili di vita altrui
da poche cose
e quell’agire con lealtà
mai contare balle.
E sai meglio di me
come sono scivolosi gli “ambientini”
che abbiamo frequentato.
Tutto questo per dirti
che credo proprio
di vedere che tipo di aura
c’è attorno alle persone.
Ci azzeccai
con l’ amatissima Daniela,
con la compagna di mio figlio
con la compagna di mia figlia
con Edoardo tuo marito
con te….
Chi gliela rompe disfa
o anche solo incrina
quella grazia
in una cornice stabile.
Ciao Gustavo
Mi permetto di fare appello a quel filo sottile e forte della tua pazienza. Della tua amorevole pazienza…
Chi gliela incrina …
Eppure sogno
di procedere
con saggia cautela
a scollare
uno a uno i listelli
che chiudono in un rettangolo
quell’aura
splendida.
Con altrettanta grazia
quella che vedo in lei
avrei voglia di sciogliere
la cornice che è di troppo
che è barriera
che è difesa
che la rende
irraggiungibile.
Glieli toglierei
con l’ironia
con l’attenzione delicata
ogni mattina
con la cena pronta
almeno tre sere
a settimana
col guardare i film insieme
e poi parlare.
Se guida bene
lascerei sempre lei
alla guida dell’auto
a meno che si stancasse.
La farei ridere
perché anche tu Paola
ridi quando sono un po’ imbranato
ma ridi volendomi un gran bene.
Non disturberei
i suoi amori
le sue passioni
le sue dedizioni passate.
Con quelli presenti
farei l’equilibrista.
Una così
è libera.
Non toglierei una et
a quella libertà:
la innerverei
di compagnia.
Se volesse, di passione
di dedizione.
In cambio
ne avrei navigazioni felici
in quell’aura.
Se volesse,
alchemiche miscele
con la mia
con passi graduali
o d’improvviso
se volesse…
Ma sogno.
Te l’ho detto.
Imbarazzante in tutto questo
è
che mischio adolescenza
e quel paziente amare
che so di poter offrire.
Gustavo,
se non avessi Lucio che amo e che mi ama, me li metterei attorno io quei listelli.
Li vorrei azzurri. E aspetterei un talentuoso ermeneuta di aure a scollarmeli di dosso.
Non so che dirti. Ti vogliamo bene e speriamo che si aprano occhi amorevoli attorno a te
a vederti e a desiderarti vicino.
Che dirti
la sorte ha imponderabili porzioni
di ingiustizia
Anch’io
me ne stavo abbastanza pacifico
da solo
a trovare figli e nipoti
a sostenerli
in caso di bisogno
e poi l’arte
l’amicizia.
Si vede
che non ho messo listelli
attorno all’aura
di me
che si lascia ancora irretire.
E basta poco.
Pensa ,
un sorriso
soltanto.
Un sorriso pulito.
Solo quello.
Pensa che smacco.
Grazie, Paola.
Verrò a trovarvi.
Berrò un pochino
di più
quel resley dell’Alsazia
chiaro
vivace appena appena
dolce appena appena
aperto appena appena
dal gusto pulito.
Ma Gustavo, hai decantato il nostro resley o ancora quel sorriso? Un abbraccio, Paola
(Foto di Bruna Bonino)