Reparto da qui è un’opera letteraria di denuncia. Nel suo viaggio dall’inferno del disagio psichico al purgatorio chimico, in cerca di un paradiso perduto, Sarah Di Piero ha raccolto, tra sogno e veglia, i frammenti della sua esperienza, vissuta dentro i reparti psichiatrici ma anche fuori, nel mondo esterno. L’opera è un invito a non arrendersi e a servirsi della parola per dire ciò che si agita dentro e fuori di noi, rappresentare la vita nella sua bellezza convulsiva, cantarla e predire la salute, la salvezza, la conciliazione, anche quando sembra più lontana e inaccessibile.
Dalla prefazione di Rossella Renzi
[...] La forza di questa autrice sta nel suo coraggio di mettere a nudo la parola, con tutto il suo carico di dolore, e lasciare andare quella parola per il mondo: il suo spirito è combattivo, ma nello stesso tempo la voce è fragile e vulnerabile, in grado di sprigionare energia e bellezza. Se da una parte c’è la rabbia, la lotta per superare l’indifferenza e una sofferenza che a tratti si fa disperazione, dall’altra c’è una spinta luminosa e colorata verso la gioia e la vita, la volontà di risollevarsi e ‘ripartire’ verso una dimensione di serenità e leggerezza. Questa voce tenace e coraggiosa ci accompagna in un viaggio attraverso luoghi difficili, da comprendere e da abitare. Luoghi della malattia, della cura lunga e paziente, del disagio che spesso è troppo profondo per poterlo dire con le parole. Luoghi in cui il tempo sembra doversi fermare, in cui l’esistenza ha un ritmo troppo lento, che si dissocia dalla frenesia del mondo esterno e dove le relazioni hanno regole proprie. Luoghi in cui si amplifica la sensibilità dell’occhio e dell’orecchio, e di ogni senso precettivo e riflessivo, fino a raggiungere una vertigine esistenziale che – nel caso di Sarah Di Piero – può esplodere nella poesia. [...] Il corpo è assai presente in questa raccolta, quale elemento pieno di grazia anche nel suo apparire a volte goffo, ingombrante, ingovernabile: è un corpo da accudire, bisognoso di calore, poiché a tratti si incrina, costretto nella sua dimensione terrena e protetta, a volte trattenuta, e si spezza quella delicatissima armonia tra l’anima, che cerca di esplodere nel suo desiderio di emozione e vita. Corpo che procede in un’unica direzione, quella obbligata del corridoio blu, senza alternativa possibile: i versi si sviluppano tra una disperata vitalità e una felicità tarpata. L’autrice sa cogliere il poetico che si annida nei dettagli della vita quotidiana del reparto: i rumori notturni, una paziente che si lagna del cibo, il profumo del caffè, piccole note che marcano una routine troppo pesante, schegge di luce in quelle giornate terribili, dove un caffè può voler dire ‘salvezza’. Ma in questa consuetudine grigia e pesante, la poesia di Sarah Di Piero sa tracciare scie di colore: il rosso, con cui si apre la raccolta, il colore tremendo del sangue, ma anche quello straordinario della passione; il giallo, che filtra dalle persiane e che porta luce, spesso inaspettata. Il blu, che segna una linea continua, un percorso obbligato da cui non possiamo deviare, se non col pensiero, e poi con la poesia. Reparto da qui è un libro che canta le emozioni ferite: si nutre delle intuizioni poetiche nate dalla stretta connessione tra la vita interiore, la vita emozionale, la lotta per superare la condizione di disagio. È quel percorso che siamo obbligati a fare quando vogliamo conoscere, o riconoscere realmente chi siamo; e questo Può far paura, / ma sei tu, / che ti osservi allo specchio: / finalmente .
Da Reparto da qui (ArgoLibri, 2019)
Non farci caso
Se scaviamo in quel
cervello così troppo
denso: neuroni a gattoni
nello strimpello immenso.
Non farci caso:
è solo psichiatria,
ch’io dico follia,
e guardo da distante,
come fa con la selva
Dante.
*
Sogno e risveglio
Cuscino strappato
dai tregua al mio sonno
annebbia ogni pensiero
dissetami di assenza:
ecco, gatti graffiano grondaie
colano collane di caramelle
mani mestolano miracoli
farfalle cercano ricovero.
Vanifico immagini di chimere
esco da quel lucido riflesso
mi risveglio nell’incubo
di un luogo che non è il mio.
*
Ammaestrati
Essere sbagliato:
indole inadatta,
umori ribelli,
gesti convulsi.
Gocce. Pasticche. Iniezioni. Flebo.
Essere adeguato:
mansueto animale,
ansiosamente controllato.
Semidio quasi legato.
*
Musica dal corridoio
Cerco
di immaginare
tutto ciò che c’è là fuori
con la musica nelle orecchie
la mia barriera ultrasonica ritmica
vago
dritta
su questo
cazzo
di corridoio
blu
sempre blu
che odora sempre
di arance
merda
disinfettanti
minestre
e vado avanti così senza pensare troppo
perché
pensando troppo
i pensieri si aggrovigliano e rincorrono
bloccandosi del tutto
su un unico elemento:
la vita,
ma qua dentro,
che vita non c’è,
pensare di vita
vuol dire morire.
*
Non siamo pazienti
Noi non siamo solo pazienti,
siamo anche uomini dispersi
in un denso mucchio di nervi
e, se aprono la porta gialla
all’uomo vestito in ciabatte,
batte le ali una farfalla.
Il suo cuore svicola
con un lampo, silenzioso
è già fiume senza letto
e l’uomo diventa virtuoso
per i non-pazienti rimasti
riversi sugli stessi alvei
sfatti. Sapone tra i denti.