GABRIELLA MONGARDI
Arcangelo Corelli è un caso particolare nella storia della musica e della cultura italiana tra Seicento e Settecento. Nato a Fusignano in Romagna nel 1653, educato a Bologna, attivo a Roma, fu il più grande maestro del violino dell’Europa intera e si può considerare l’inventore dell’ultima grande creazione musicale del periodo barocco, il “concerto grosso”. Partendo dalla struttura della sonata tre, da chiesa o da camera, fu lui infatti il primo a codificare l’alternanza di tempi lenti e veloci e a suddividere l’orchestra in due sezioni, i soli o concertino e il tutti o concerto grosso, ma in vita pubblicò poco: così, paradossalmente, quando i suoi “Concerti grossi op.6”, scritti nell’arco di venticinque anni, vengono stampati postumi nel 1714, appaiono l’opera di un conservatore, perché nel frattempo, dopo gli esempi clamorosi di Torelli, Albinoni e soprattutto di Vivaldi, si era imposto il concerto tripartito…
Nell’ambito della stagione musicale “Mondovì Musica 2019/20″ l’orchestra dell’ “Academia Montis Regalis”, sotto la guida magnetica del maestro Enrico Onofri, ha eseguito il 29 novembre scorso sette dei dodici concerti dell’opera 6, in un concerto che ha permesso di cogliere la varietà di atmosfere all’interno della raccolta, in un trascolorare continuo di emozioni tenute a freno dalla rigorosa scansione ritmica. Si è passati dalle ipnotiche vibrazioni chiaroscurali, avvolgenti e sinuose, del concerto n.1, alla meditazione severa e all’arduo virtuosismo contrappuntistico del n.3; dalla concatenazione di danze, ariosa e travolgente, del concerto n.12 all’andamento contrastato del concerto n.7. Un’altra suite di danze deliziose, dalle melodie gradevolissime e trascinanti costituisce il concerto n.9, mentre nel n.8, “fatto per la notte di Natale”, la musica esprime prima la trepidazione del’attesa, la paura, la sospensione, poi un’esplosione di gioia e l’abbandono fiducioso a Dio; nella dolcissima “pastorale” è incastonata una gemma di silenzio, e i violini sembrano zampogne. La conclusione è lasciata alle diverse colorazioni dinamiche intrecciate l’una all’altra del concerto n.4, il cui ultimo allegro, vorticoso e velocissimo, è il fuoco d’artificio finale di un concerto che è un doveroso omaggio alla grandezza di Arcangelo Corelli, veramente un “novello Orfeo”.
È stato un concerto davvero pirotecnico, un’ora e mezza di musica “arcangelica” interpretata appassionatamente ma senza la minima enfasi né retorica, mettendo in risalto la grande ricchezza melodica, la varietà ritmica e soprattutto i contrasti che la animano. Come bis, una fresca gavotta dalla prima triosonata dell’opera 2, quasi a ribadire che la musica è ancella della danza – non per niente il maestro Onofri (Premio Abbiati 2005) suona e dirige magnificamente danzando…