MARCO TOMATIS
Lo specchio di Tina è un libro strano. È un picture book, certamente, con cui Cinzia Ghigliano ci restituisce Tina come una donna eccezionale, troppo bella, troppo desiderata, troppo avanti rispetto ai costumi dell’epoca e nello stesso tempo troppo fragile per non essere ferita dalla vita e dagli incontri fatti durante essa.
Però non è solo questo. Contiene anche un bel saggio di Rita Carnevale, scritto appositamente per il libro e dopo che l’autrice ha potuto vedere il lavoro di Cinzia, costituendone così un naturale complemento.
Infine, e non è una cosa banale, contiene una scelta delle bellissime fotografie di Tina e si chiude con l’epitaffio scritto per lei da Neruda e con una poesia a lei dedicata di Rafael Alberti. Nomi da soli a spiegare la qualità delle persone che ne ammirarono il talento e la personalità.
In sostanza, si potrebbe concludere, un ottimo libro che indica una strada possibile per far uscire i libri illustrati dal ghetto dorato delle letture esclusivamente infantili.
La vita di Tina Modotti non segue certo binari tradizionali. Nata a Udine nel 1896 col nome di Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti da una famiglia proletaria è costretta, ad appena due anni, a seguire la famiglia emigrante in Austria. Torna dopo un paio di anni, in tempo per frequentare le scuole italiane, ma alle soglie dell’adolescenza è costretta ad andare a lavorare per il sostentamento della famiglia. In quel periodo l’unico svago che si concede è di andare a trovare lo zio che ha uno studio fotografico e impara l’arte, che diventerà un percorso di vita.
Nel 1913 il padre decide di emigrare negli Stati Uniti. Tina si stabilisce a San Francisco dove inizia a lavorare come sarta. La sera frequenta i circoli culturali, si cimenta in parti teatrali e si serve della sua bellezza per fare da modella per un fotografo locale. In quel periodo conosce il poeta Roubaix de l’Abrie Richey, soprannominato Robo e si trasferisce con lui a Los Angeles.
Nel 1920 le viene proposta una parte da protagonista in un film. Finirà per girarne tre, di cui se ne è conservato uno solo, ma il cinema non le interessa e lo lascia. Si immerge invece nell’ambiente artistico e culturale della città che fa emergere aspetti di lei che non conosceva.
Uno degli incontri fondamentali della sua vita in questo periodo è quello con il fotografo Edward Weston con cui inizia una relazione sentimentale intensa e profonda. Sarà lui a indirizzarla verso la fotografia e ritrarla nuda in una serie di immagini divenute celebri. È con lui che, dopo la morte di Robo, a metà degli anni ’20, Tina si sposta in Messico.
In questa terra rivede le condizioni di povertà estrema nelle quali aveva passato i primi anni della sua vita e si lega agli ambienti intellettuali e politici della capitale. Frequenta Frida Kahlo e i pittori muralisti. Diego Rivera la immortalerà nuda come raffigurazione della terra nel murale di Chapingo. Intraprende relazioni amorose con il pittore e militante Xavier Gueterro, col giovane rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella e conosce Vittorio Vidali, un celebre capo comunista.
Inizia a fotografare tra il 1924 e il 26 e presto scopre la fotografia come denuncia e indignazione sociale. Le sue foto raccontano storie di bambini, di donne che lavorano, di gruppi etnici marginali. Dopo numerose mostre collettive con Weston finalmente espone il suo lavoro in maniera autonoma nella Biblioteca Nazionale di Città del Messico nel 1929. Per l’occasione scrive una presentazione alla mostra che diventerà un manifesto sulla fotografia vista come vero e proprio mezzo per interpretare la realtà.
«Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito, in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell’effetto “artistico” imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere la qualità fotografica.»
Questa mostra segna l’apice della sua carriera come fotografa ma anche la fine. C’è un attentato alla vita del presidente Pascual Ortiz Rubio e Tina viene ingiustamente accusata di avervi partecipato. Poco tempo prima era già stata implicata in una storia di spionaggio quando il suo amante Mella era stato ucciso proprio mentre passeggiava con lei. Era stata scagionata, ma la sua reputazione ne era uscita compromessa perché la stampa aveva indugiato senza scrupolo sulla storia della bella straniera che aveva posato nuda per Weston e Rivera.
Così è costretta ad imbarcarsi su una nave che la porta Rotterdam. Dall’Olanda arriva a Berlino e infine a Mosca, dove rincontra nuovamente Vittorio Vidali, che diventerà il suo ultimo compagno.
Con lui apre una nuova fase della vita orientata su un fronte sempre più politico. Raggiunge la Spagna dilaniata dalla guerra civile e milita tra gli antifranchisti con il nome di Maria. Al fronte conosce, tra gli altri, Hemingway e Machado. Alla fine della guerra smette definitivamente di fotografare per dedicarsi al soccorso dei reduci. La militanza politica diventa per lei l’unico rifugio da dubbi e lacerazioni.
Muore in circostanze sospette nel 1942 a 46 anni. Si disse, ma la cosa non è mai stata provata a fondo, che sia stato proprio Vittorio Vidali ad avvelenarla, perché nella sua lunga frequentazione dell’ambiente comunista era venuta a conoscenza di parecchi segreti inconfessabili circa la repressione del dissenso interno al sistema di potere dell’allora Unione Sovietica,
Per decenni la sua opera è stata dimenticata. Tenuta nascosta negli Stati Uniti, dove erano state vendute le sue fotografie,per via del maccartismo, in Italia sarà riscoperta con una mostra curata da Riccardo Toffoletti nel 1973 a Udine.
La scoperta da parte di Cinzia Ghigliano di Tina Modotti appartiene approssimativamente allo stesso periodo, a fine anni ‘70 del secolo scorso, in occasione di una grande mostra dedicata a Firenze ai muralisti messicani Rivera e Siqueiros in cui veniva presentata come fotografa a loro vicina.
L’interesse è stato poi rinfocolato negli anni da vari altri eventi come alcune mostre a lei dedicate, tra le quali una significativa a Udine nel 2015, accompagnata da un catalogo esaustivo, Tina Modotti. La nuova Rosa. Anche la musica ha contribuito alla sua conoscenza. Massimo Bubola le dedicò una canzone struggente, intitolata appunto Tina (su Youtube c’è un video con la canzone e alcune foto della Modotti) e durante un concerto evento in occasione della mostra Tradurre con il colore, la dedicò a Cinzia per omaggiare le donne “creative”.
L’interesse per Tina ha avuto il suo sbocco dopo il successo del libro di Cinzia dedicato a Vivian Maier LEI.
La Casa editrice CONTRASTO di Roma, decise di usare alcune immagini del libro per commentare la biografia di Vivian pubblicata in calce alla monografia fotografica a lei dedicata e pubblicata nella collana REPORTAGE per il Corriere della sera/Contrasto. Subito dopo è seguita l’offerta di dedicare una storia proprio a Tina.
La realizzazione del lavoro ha richiesto un lungo e attento lavoro di documentazione. Per completezza di informazione si elencano i testi essenziali su cui Cinzia Ghigliano ha lavorato.
Pino Cacucci – Tina – Universale economica Feltrinelli
Elena Poniatowska – Tinissima – Nova Delphi
Valeria Arnaldi – Tina Modotti hermana – ( B!)zzarro
Letizia Argenteri – Tina Modotti – Franco Angeli
Patricia Albers – Vita di Tina Modotti. Fuoco neve e ombre – postmedia books
Tina Modotti – Vita, arte, rivoluzione. Lettere a Edward Weston – 100 Carte d’artisti – ABSCONDITA
TINA Modotti – La nuova rosa – Forum
Catalogo della mostra di Udine.
Nota biografica
Cinzia Ghigliano è stata una delle prime fumettiste donne in Italia. In questa veste ha collaborato con importanti testate, come Linus, Corto Maltese e il Corriere dei Piccoli, conseguendo premi prestigiosi come lo “Yellow Kid” a Lucca Comics e l’Andersen per la divulgazione scientifica
Contemporaneamente si è dedicata all’illustrazione, in particolare nell’editoria per ragazzi, lavorando per le principali case editrici italiana, sempre con grande successo, testimoniato dai premi “Gigante delle Langhe” e “Caran D’Ache”. Negli ultimi anni si è molto concentrata anche sulla pittura.
Tra suoi lavori più recenti, i disegni per Le mille e una notte edito da Donzelli e per Lei. Vivian Maier che si è aggiudicato il premio “Andersen 2016” per il miglior libro fatto ad arte.
Quando non disegna o dipinge, insegna illustrazione presso la “Libera Accademia D’Arte Novalia”.
https://www.cinziaghigliano.it/
Le foto di seguito si riferisco alla presentazione del libro presso la Libreria Lettera_22 di Mondovì lo scorso 22 febbraio. Si ringrazia la libreria per le foto.