ANNE STEVENSON
Sierra Nevada
Paesaggio senza rimorsi dove deboli ginepri
strangolano e stritolano il granito,
e la luce tagliente e chiara non conosce moderazione,
dove le montagne purificano e abbagliano
e ogni attimo ci esalta, ma mai può offrire
commiserazione, mai può dire
qualcosa che ci riguardi se non che noi non siamo necessari…
Rocce e acqua. Rocce luccicanti, centinaia
e centinaia di laghi azzurri
degni di un mito, e grandi alberi che non appena muoiono
subito diventano spettri,
ritti tra i viventi con contegno terribile.
Perfino queste ossa che la luce
ha invaso e contorto, con conformazioni bizzarre
e ombre che sembrano
scolpite nella polvere, anch’esse
nulla hanno a che fare con ciò che abbiamo o non abbiamo fatto.
Ora, mentre ascendiamo gli alti e spogli pendii,
la terra più aspra
nutre i più delicati fiori: gilie e campanule,
kalmia e delfinio, ovunque
i rigidi pinnacoli azzurri del lupino e le sue foglie
come mani dalle belle dita
E la più graziosa, l’umile mariposa, il giglio dei monti,
la corolla macchiata di miele e le proporzioni perfette.
Se ci fermiamo nel vento teso ma di una totale trasparenza
possiamo guardar giù la pietraia,
il ghiaione cedevole e la bordura lacera di manzanita,
sopra ai boschi di abeti,
la punta di ognuno come un braccio
che si protrae in un dito pendulo
giù, giù, lungo l’intero arido e difficile
sentiero dell’ascesa, giù fino al lago
dalle strette rive formicolanti di minuscole barche bianche
che agitano i remi come insetti d’acqua.
Nessun rumore a parte il vento.
Il lago, trasparente fino al fondo verde bruno,
è ovunque più azzurro del cielo.
Le barche non sembrano toccarne la superficie. Proprio come
questo granito non può realmente toccarci,
benché siamo qui a enumerare i colori dei suoi fiori.
Il vento è forte ma non sa di essere vento.
L’albero contorto che non ammonisce
né supplica, mai si sofferma a riflettere di non essere vento.
Ci perdiamo nel pensiero
che se dovessimo restare qui a lungo, gettati
come legni su queste sponde aride,
dimenticheremmo i nostri nomi, ricordando solamente che
un tempo sì, volevamo qualcosa,
qualcosa che aveva a che fare con le pietre, con il sole,
con i mille colori dell’acqua, i suoi riflessi, gli azzurri.
*
Due Quartine
Lezione
Ragazzi e ragazze l’inverno persuade
Che è l’amore come neve che cade;
E rende bello tutto quello che tocca
Sebben perisca il fiato della sua bocca.
Televisione
Abbracciami, madre del rumore,
trovami un nascondiglio che ti piaccia.
La mia voce mi fa terrore.
Non sopporto la mia faccia.
*
Il miracolo delle api e la digitale
Poiché la villosità dei suoi maculati canapè spaventa le piccole api,
La digitale espone minuscole insegne onde attrarre ricchi bombi babbei
Che alticci e di buon grado si addentrano nei suoi antri di piacere
(Vedi ciò che Darwin scrisse sulle sue estati con la digitale)
Gettandosi su setole intrise di nettare sensuale
Per suggere da ogni etera liquori inebrianti
E por fine al loro riprodursi in un angolo da sole.
È così che la digitale mette ordine nella sua vita sessuale.
Due antere – adolescenti, smaniosi di giungere al dunque –
Rilasciano anzitempo il polline che a mucchi cade sul fondo.
Strisciando arriva il bombo e se ne fa un panciotto,
Si gira, se ne esce e guarda caso va in consegna alla porta accanto.
Fiore per fiore, si ingravidano le campanule della digitale,
Giammai sfiorate da pensiero, disegno o desiderio.
*
L’opinione di una vecchia poetessa dal binario di partenza
(Nel mio ottantesimo compleanno)
Non riesco ad apprezzare le poesie che vogliono l’acqua intorbidare,
Che confondono per impressionare;
O che ancheggiano sulla pagina con null’altro addosso che calze e giarrettiere
Per confessarsi e per mostrare.
Arretro di fronte alle poesie le cui prosodiche lasse morali
Generano versi adulterini.
Casi di incesto, accoppiamenti tra singolari e plurali,
non sono errori veniali, sono criminali.
Allontano le poesie in fermento dove ragione e sentimento
Come olio e acqua non si voglion mescolare.
Come se la prosa fosse deputata al senso, le poesie ai gemiti e al lamento,
Fumanti effusioni che il tocco del pensiero potrebbe rovinare.
Le poesie professionali in gergo misterioso
Mi mettono sempre più a disagio -
Parole su parole su parole per gratificare l’ego
Di qualche teoretico barbogio.
Osservo costernata chilometri e chilometri di sbrindellata prosa,
Vite tristi, fastidioso dolore.
Soffocano nella sabbia il fuoco che è il cuore della rosa.
Il seme sopravvive, non il fiore.
*
Un sogno di colpa
Ricordando mia madre
Quando nel sogno mi rimproveri,
io vago in una casa di colpa.
Ha una porta – le scuse –
e finestre – sorrisi. I miei io l’han costruito
questo luogo vasto, semi-amato, trascurato,
usando i tratti del tuo viso.
E ancora ti ferisco. Ancora io – noi –
c’impigliamo in oscuri rammarichi.
Il tuo riserbo gentile mi opprime,
come denaro rubato. Non posso dimenticare. Non posso.
Memorie sopite come tele di ragno ricamano leggere
questa casa troppo fragile per cadere.
Anne Stevenson è nata a Cambridge, GB , nel 1933. Aveva sei mesi quando i genitori, americani, ritornarono negli Stati Uniti. Crebbe e studiò prima nel New England, dove il padre insegnava filosofia a Harvard e Yale, poi a Ann Arbor, nel Michigan. In America studiò musica, pianoforte e violoncello, e letteratura europea. Sembrava avviata a una carriera concertistica ma, ancora molto giovane, iniziò ad avere seri problemi all’udito. Si dedicò allora completamente alla poesia. Dopo una serie di spostamenti tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (ha risieduto in Inghilterra, Scozia e Galles), si è infine stabilita definitivamente in Inghilterra, a Durham, assieme al marito Peter Lucas.
È autrice di più di venti raccolte di poesia, le più recenti sono Poems 1955-2005 (2005), Stone Milk (2007) e Astonishment (2012), tutte pubblicate da Bloodaxe, e di libri di saggi e critica letteraria che includono una biografia della poetessa Americana sua coetanea Sylvia Plath, Bitter Fame: A Life of Sylvia Plath (1989), un notevole studio critico dell’opera di Elizabeth Bishop, Five Looks at Elizabeth Bishop (Bloodaxe Books, 2006) e About Poems and how poems are not about (2017), basato su una serie di conferenze da lei tenute alla Newcastle University.
Ha vinto numerosi premi, sia in America che in Inghilterra, tra i quali nel 2002 il Northern Rock Foundation Writer’s Award e nel 2007 il Lannan Lifetime Achievement Award for Poetry e il Poetry Foundation’s Neglected Masters Award. Nel 2008, la Library of America ha pubblicato Anne Stevenson: Selected Poems, a cura di Andrew Motion, l’allora Poeta Laureato del Regno Unito, nell’ambito di una serie dedicata alle maggiori figure della poesia americana.
Una selezione di poesie, tradotte in italiano e curate da Carla Buranello, è stata pubblicata nel 2018 da Interno Poesia Editore, con il titolo Le vie delle parole.
Un senso flessibile della forma le ha permesso di affrontare sia forme chiuse tradizionali che forme più libere, anche con respiro ampio, narrativo. Pubblichiamo qui quattro poesie dalla raccolta italiana Le vie delle parole, per dare un’indicazione della varietà di temi e di forme da lei affrontati nel corso di una lunga carriera letteraria: “Sierra Nevada”, risalente al 1963, è una meditazione in versi liberi che rivela il suo più caratteristico punto di vista poetico, quello di un’osservatrice di passaggio, ed esprime un amore sensuale per la natura misto a stupore e meraviglia di fronte alla sua sublime indifferenza nei riguardi delle sorti umane; “Due quartine” evidenzia invece un’intensità di pensiero compressa in una struttura formale ritmicamente precisa; “Il miracolo delle api e la digitale”, articolata in due stanze di sette versi legate da una complessa orchestrazione di suoni, è basata su un esperimento effettuato da Charles Darwin con i fiori della digitale per studiare i processi di fecondazione delle piante; “L’opinione di una vecchia poetessa dal binario di partenza”, scritta in occasione del suo ottantesimo compleanno, ci fa sapere tramite la poesia cosa lei pensi non sia, e non possa essere, poesia.
Il quinto e ultimo componimento, “Sogno di colpa”, è molto recente ed è inserito nel suo ultimo libro, Completing the Circle, pubblicato a febbraio 2020, una raccolta di commoventi elegie e celebrazioni scritte nel corso dei suoi ottant’anni, durante la prima decade di quello che nella prefazione definisce “un secolo di trasformazioni appena iniziate ma già spaventose”. In questo libro di ricordi ad ampio raggio riesce a mantenere un tono che è serio senza essere funereo, rassegnato ma senza indulgere al lamento personale, tenendo a freno l’autocommiserazione con un particolare distacco non scevro da umorismo. La poesia che dà il titolo alla raccolta, titolo ripreso da Rilke, esprime il lungamente meditato convincimento che “la morte è il giusto e naturale completamento del cerchio che accettiamo e riconosciamo essere la vita”.
(A cura di Carla Buranello)