SILVIA PIO (a cura)
Magie d’Amore 2.0, Giuliano Ladolfi Editore, 2020, è il nuovo libro di racconti di Gabriella Vergari con le illustrazioni di Franco Blandino e prefazione di Gabriella Mongardi.
Tu di Catania e Franco Blandino di Torino e fossanese di adozione, come è nata la vostra collaborazione?
Proprio grazie a Margutte non rivista on-line che è stata, come si suol dire, galeotta del nostro matrimonio artistico.
I testi che via via pubblicavo avevano bisogno di essere introdotti da un’illustrazione e così sono stata messa in contatto con Franco che, bontà sua, ha molto apprezzato la mia penna, come del resto ho fatto anch’io con il suo pennello.
Una collaborazione che con il tempo si è rivelata sempre più stimolante e da cui è pure nata una prima pubblicazione, Volteggi. Orizzonti di immagini e parole, Youcanprint, 2018, che è stata anche presentata al salone del Libro di Torino e i lettori hanno molto apprezzato.
Forse perché si tratta di una proposta curata, ma soprattutto un po’ diversa dal consueto, dato che fa costantemente e variamente dialogare tra loro forme, colori e parole, abbinandole insieme.
Una vera sinestesia tra pittura e scrittura, che vede parecchi racconti legarsi alle bellissime illustrazioni di Franco e altri nascere invece dalle suggestioni in me suscitate dai suoi dipinti.
Un duplice flusso di sensazioni ed emozioni, insomma, che prova a realizzare un progetto d’arte globale, che questo Magie d’amore 2.0 ha inteso rinnovare, con 18 nuovi racconti e altrettante immagini.
Immagini e testi sono stati pensati insieme? Quanto vi siete ispirati a vicenda?
Direi che sono entrambi frutto di un’occasione condivisa, un’ispirazione che può nascere ora in me, ora in Franco. Chi è il primo a coglierla, apre la via e indica un possibile percorso che l’altro, se accetta la sfida, può provare a seguire, purché lo faccia a proprio modo e secondo la propria ottica.
La premessa alla base del nostro lavoro (e che a mio parere ne rappresenta uno degli aspetti più belli e stimolanti) è che ciascuno si deve sentire autonomo e libero, tant’è che ogni testo e ogni immagine resta conchiuso in sé, se preso a solo.
Ma certo, se legato insieme, rappresenta una proposta molto più intrigante e aperta ad una pluralità di prospettive e sollecitazioni.
I tuoi racconti sono scorci di vita, illuminazioni, epifanie… Quanto c’è di personale o autobiografico?
Si afferma che le storie accadano a chi sappia vederle o anche solo intuirle, nella filigrana del reale. In questo senso la scrittura è sempre frutto di un percorso autobiografico, come testimonianza di sé e del proprio sguardo sulla vita e sul mondo.
Si dice anche che, dopo la Bibbia e L’Odissea, non ci sarebbe più nulla di nuovo da raccontare, se a fare la differenza non fosse la prospettiva con cui un autore realizza un proprio universo parallelo e possibile.
Così, ogni narrazione, se autentica, può davvero presentarsi come un unicum perché da un unicum nasce, ovvero dalla specifica volontà creativa ed espressiva di chi la realizzi, inevitabilmente legata al suo vissuto.
Per me è poi fondamentale anche il rapporto con la lingua e le scelte stilistiche e lessicali, che a loro volta costituiscono tanto una scommessa – un’utopia, addirittura sostiene I. Bachmann, Letteratura come utopia. Lezioni di Francoforte -, quanto una cifra inconfondibile e peculiare, appunto se vogliamo personale, di uno scrittore.
I personaggi sembrano incontrati per caso e indagati con la fantasia. Hanno nomi semplici e consueti, ruoli quotidiani e antieroici: suoceri e future nuore, padri assenti e figli che aiuteranno gli altri, la direttrice di una biblioteca, la donna che colleziona scarpe e fidanzati, fino ad arrivare ad una farfalla che porta con sé ricordi. Sono persone che hai incontrato?
Molte solo con la fantasia. Hanno bussato alla mia porta e le ho accolte.
Altre sono nate, come sopra dicevo, grazie alle immagini di Franco Blandino.
Altre ancora sono invece la trasposizione letteraria di conoscenti, o si sono via via configurate come la summa di caratteristiche differenti, colte nel tempo in individui diversi, noti che fossero o anche solo scorti una volta.
C’è la tua Sicilia, ma anche scorci che potrebbero trovarsi ovunque: paesaggi cittadini osservati da una finestra (oppure è una finestra che apre un mondo all’interno di una casa), case negozi angoli di strada, il microcosmo di un condominio o un borgo abbandonato. Qui sarei tentata di dire che sono luoghi a te familiari. È vero?
Per quel che riguarda la mia isola, direi proprio di sì. È talmente ricca e variegata da rappresentare spesso uno scenario ideale. Un’autentica profferta di luci, atmosfere, odori e sapori che non smette mai di sorprendermi, tanto che ho pure provato a decantarla e descrivere in un altro mio testo, Capriccio Siciliano, Carthago, 2018. Ma, come ben sottolinei, altri luoghi appartengono al vissuto di tutti e sono ambienti comuni, che mirano un po’ a dare l’idea di un’universalità di fondo delle situazioni narrate in questa mia raccolta.
Sono racconti al presente. Un presente appena dilatato nelle direzioni del passato e del futuro. Situazioni abbastanza ‘quotidiane’, occasioni di famiglia, contesti sociali, tempi morti. Momenti nei quali “caschi dentro all’improvviso e finisce che non te li stacchi più di dosso… Oppure ti ci addentri con la sollecitante spavalderia dei ragazzini nel tunnel dell’orrore” (dal racconto On the road). Qual è il tempo che tu preferisci?
Per vocazione, tradizione, ragioni affettive e non ultimo anche professionali, quello dell’antichità classica. Ritengo soprattutto i Greci, ma ovviamente pure i Latini, i nostri Grandi Padri. In un’ottica prevalentemente occidentale, ovvio, ma non solo.
In Magie d’amore 2.0 ho però voluto provare a riflettere su questo tempo così complesso e convulso, pluri- e multi-culturale, liquido insieme ma anche molto legato alla materialità, che spesso si prospetta come nuovo e inedito, ma può pure rivelare lati già ben collaudati e ben sperimentati da chi ci abbia preceduto su questa terra.
Certo, a scompaginare tante situazioni e condizioni sono ormai intervenuti i cosiddetti social e la tecnologia che sembra progredire inarrestabile e molte volte travolgerci.
Da brava frequentatrice dei Classici, resto tuttavia convinta che nihil sub sole novum (niente di nuovo sotto il sole) e che l’uomo resti nel suo profondo sempre lo stesso.
Si corre, tutt’al più, il terribile rischio di dimenticare l’umano, ed è soprattutto su questo che ho voluto puntare l’accento, fin dal titolo, Magie d’amore 2.0, che fonde insieme contemporaneità e direi perennità (più che anteriorità), dato che l’amore resta, e deve restare, il sentimento dei sentimenti, in tutti i tempi.
Non so se hai notato che le domande sono quelle che la scuola anglosassone di giornalismo suggerisce di porsi nello svolgimento di qualsiasi corpo narrativo: che cosa, chi, dove, quando. Resta ora l’ultima domanda, perché? Quali sono state le ragioni che ti hanno spinto a scrivere questi racconti, le ispirazioni, i messaggi che vuoi mandare? Ma anche qual è il tuo metodo di lavoro, dove e quando scrivi?
Una domanda riserva?
Naturalmente scherzo.
Per rispondere alla prima questione, il fatidico e cruciale perché, credo potrei rifarmi al celeberrimo: nescio sed fieri sentio (non lo so ma lo sento avvenire), con cui Catullo prova a spiegare il suo sentimento per la donna amata. Non ci sono formule per illustrare le ragioni di un’ispirazione. Accade.
Mi si cominciano a comporre dentro le parole. Se mi convincono e funzionano, procedo.
Per questo condivido a pieno la tua definizione di epifanie.
È vero, mi piace fissare una condizione esistenziale, un momento, oppure solo un gesto tra gli altri e renderlo emblematico. In altre parole, non mi piacciono i plot troppo costruiti.
Preferisco il frammento, l’inquadratura di un fotogramma piuttosto che il film completo, lo spot teatrale che si accende all’improvviso su una scena e poco dopo si spegne, abbandonando il resto allo scavo interiore di chi abbia colto quell’attimo. Non è certo un caso se, tra i lasciti più intensi della letteratura antica, annoveriamo gli straordinari componimenti dei lirici greci.
Quanto ai messaggi, credo sia giunto il tempo lasciare l’ultima parola ai lettori che, nel gioco letterario, costituiscono un tassello fondamentale e vitale.
Consigli di lettura: si parla di questo libro nel profilo Facebook di Gabriella Ferrari.
https://www.facebook.com/gabriella.ferrari.585/videos/1858294334307428/