ROSSELLA CERNIGLIA
ECCO
Ecco cos’è la vita
è questo passo fattosi
attento sul marciapiede
per non barcollare
fretta su cui rallenti
consapevole
cercando leggerezza
al peso che porti
un’andatura conforme
al respiro della vita.
Cemento con foglie sparse
dell’autunno che si logora
e trema in agonia.
Rallento il passo
odorando il mondo
che non c’era…
e lui ritorna
con commozione
dentro alle pupille
nel fremito notturno
di una tempesta
che s’annuncia
nell’umore dell’aria.
Nello sterrato viale
della villa barocca
cigni assopiti
sul bordo della vasca:
quiete silenzio è il messaggero
che un varco apre
dentro al verde più oscuro
dentro la nera alcova della notte.
Riposano i cigni
tacciono le acque remote
e imprendibili come pensieri
che si allungano sul niente
in percorsi infiniti.
*
ILLUSIONE
Esci. E l’illusione ti sostiene
d’essere ancora al mondo.
Vie dove transiti
palazzi e gente senza volto
ma ti danno l’illusione
d’esserci, in una almeno
astratta comunanza…
Ma hai perso tutto.
Sei questo sbando che ti porti
dentro, e le cose non sai se sono
dove stanno i confini
a chiuderle che le fanno essere.
Cammini la città
alberi che non ridono
e strade tutte uguali.
Ma l’amore è perduto
immaginario sole della vita
e la brezza sprezzante
ti soffia in faccia
quanto sei solo
quanto sei nessuno.
Lo sguardo innamorato?
Nell’ubriacatura di vuoto
di questo andare vano
pure il breve riposo del gatto
tra le tue gambe acciambellato
sbiaditamente ti ripaga,
-come un raggio di luna
immaginato- del sole che non c’è.
*
FIGURA
Figura che appari nello specchio
su uno sfondo graffiato
di tristezze e squallore…
la luce scende avara
dalla notte che ti sfiora
e t’incorona di bianca ghirlanda
come se fossi tu l’aurora.
Volto remoto che in te
ridesta uno sbiadito Oriente
odora fumiganti incensi
d’orizzonti segreti sovrumani
e fiero nei tuoi occhi
acquieta il tripudio
di rituali oscuri onnipresenti.
Null’altro c’è lì
dove tu sei, null’altro
dentro alla cornice
che suggella questa grazia
remota ed austera.
La notte – buio e paura –
come abiti smessi
giacciono in un canto
lì ai tuoi piedi.
Rossella Cerniglia, Il retaggio dell’ombra, Guido Miano Editore, 2020
La silloge prende il via dal canto incipitario-testuale che, suddiviso in cinque sezioni contrassegnate da numeri romani, ci dà da subito l’acchito per navigare nel mare profondo della poematica. Un canto ispirato dalla situazione di un mondo in burrasca, obliquo, dove l’uomo sembra aver dimenticato la voce di Dio. La poetessa scuote la sua anima, la violenta, con un impeto spirituale che la porta a chiedere al Signore il perché di tanto male. Fin da subito ci si impatta con una versificazione abbondante e espansa; misure ipertrofiche si alternano ad accessori di effetto contrattivo; il poetare si adegua ai subbugli esistenziali dell’Autrice, quasi presa per mano ed accompagnata nel suo percorso ontologico-scritturale. Tutto si fa chiaro, lampante, visivo; tutto esplode in luci ed ombre, in burrasche e cieli aperti, in brume e nitori, d’altronde è proprio dalla simbiotica fusione dei contrari che si sviluppa l’anima della vita; l’anima del canto. E qui sembra che Eraclito metta del suo con la sua filosofia del pantarei e del correre del tempo; e con il cuore del suo polemos dei contrari.
Il retaggio dell’ombra, il titolo. Un titolo significativo che fa da prodromico ingresso ad una perlustrazione polivalente: poetica, umana, filosofica, naturalistica, escatologica, psicologica. L’ombra, quella parte del mare che si apre ad un cielo perturbato; ad un cielo che proietta sagome sulle spiagge deserte; o che si sbizzarrisce sulle campagne che riposano; o dentro noi nei momenti di instabilità epigrammatica, quando vediamo all’orizzonte gruppi di nubi che reificano passioni o tormenti del nostro andare.
(Dalla prefazione di Nazario Pardini)