CYBIL PRINNE
In tempi di pandemia Facebook è un vettore pericolosissimo.
Come ho già avuto modo di dire in Dal diario di una non-facebooker, non sono iscritta ma frequento Facebook di tanto in tanto attraverso il profilo di mia figlia. In questi ultimi giorni ci sono andata più spesso visto che, come molti in periodo di lockdown, ho più tempo.
Che cosa diffonde il vettore Facebook? Un nuovo virus chiamato koroidevo κοροϊδεύω, soprannominato popolarmente abboccallabufala o condividi&diffondi. I sintomi appaiono senza preavviso e costringono chi è contagiato a premere il tasto condividi (oppure a copiare e incollare) qualsiasi post. Beh, a dire il vero chi è contagiano predilige, non necessariamente in ordine: le notizie catastrofiche o false (altresì chiamate fake news e pronunciate nei modi più improbabili), le bufale, le catene e le informazioni di gregge.
Le notizie catastrofiche sono abbastanza riconoscibili: vengono diffuse da altri utenti, senza citare le fonti, o da improbabili testate online tipo “L’eco del Cavillo” o “Il notiziario della Valtrompio”(*). Le notizie false si dividono in due gruppi: il primo ne contiene di così assurde che non possono che essere inventate, ricorderete quella delle suore messe incinte dai migranti. Il secondo invece ha informazioni verosimili, difficili da verificare, corredate da foto (che alla fine risultano false pure quelle), e tratta quasi sempre argomenti complottisti. Un posto a parte è riservato alle richieste di aiuto da parte di ospedali e medici: quelle fanno scattare le emozioni più generose, ma risultano sempre in problemi per enti o persone che sono stati coinvolti loro malgrado. Una per tutte, la richiesta di sangue che ha bloccato i centralini di numerosi ospedali perché è stata diffusa all’inverosimile e in molti hanno risposto.
Le bufale sono assolutamente illogiche, e davvero ci si domanda come fanno ad essere in tanti a cascarci. Ritornano ciclicamente sotto vesti diverse, queste sono le più usuali su Facebook: i post bloccati (per sbloccare i quali basta condividere il post!), i 25 amici, la violazione della privacy (che inizia sempre ‘domani’ qualunque sia la data in cui viene diffusa), più altre che ho elencato sotto la categoria ‘catene’.
Le catene sono appunto quei messaggi che richiedono di condividere. Un tempo arrivavano per lettera e poi per email, e contenevano minacce di effetti catastrofici se non si continuava la catena. Adesso non c’è più bisogno di minacciare perché tutti abboccano senza fare una piega e condividono con un click con tutti i contatti. Il contenuto è vario: non accettare l’amicizia di nome e cognome, non aprire il link, non aprire il tag, ecc. Qui c’è un elenco: https://www.facebook.com/notes/checkblacklist/contro-le-bufale-elenco-dei-falsi-messaggi/294034937041/
Spesso chi condivide scrive “Non so se sia vero, ma nel dubbio condivido”. Se non si è sicuri della veridicità, nel dubbio il buon senso indicherebbe di NON condividere. Comunque scoprire se la notizia o il messaggio sono falsi è semplicissimo: basta andare su un motore di ricerca, digitare alcune parole chiave, o l’inizio del messaggio, e aggiungere ‘bufala’. Immediatamente si aprono i siti che ci fanno il favore di smascherare le falsità che girano in rete. Per esempio bufale.net (https://www.bufale.net/tag/facebook/).
Le informazioni di gregge (modestamente il nome l’ho inventato io) sono quei post o quegli argomenti che tutti si sentono in dovere di condividere. Per esempio muore un personaggio famoso, tutti scrivono o condividono su di lui, inflazionando così Facebook in modo da scoraggiarne la lettura. Nelle condivisioni, si sa, possono circolare anche errori, notizie false o bufale perché nessuno si premura di controllare, quindi diventa impossibile distinguere il vero dal falso.
La gravità del koroidevo virus sta proprio qui. Scriveva Hannah Arendt: “Il suddito ideale del regime totalitario … è l’individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più”. Cosa succederà di noi se non sappiamo più operare questa distinzione, se prendiamo per buona qualsiasi notizia che circola in rete (per poi non credere a ciò che dicono fonti attendibili: gli scienziati e i medici, per esempio, e gli esperti in generale) e contribuiamo a diffonderla?
Spero che i virologi, una volta superato il grosso problema del coronavirus, riescano a dedicarsi anche al koroidevo e a trovarne una cura. Un’idea ce l’avrei, ma io non sono esperta in materia: insieme al principio attivo metterei un pizzico di buon senso e due pizzichi di logica. Come diceva il dott. Nicola Del Giudice, in perfetto dialetto napoletano: il cervello non ci serve solo per spartire le orecchie.
Gli amici utenti di Facebook perdoneranno questo mio sfogo, anch’io sono stata colpita recentemente da una patologia, per fortuna non grave: l’orticaria da Facebook. Ma sono sicura che ne guarirò con un po’ di astinenza.
(*) Queste testate me le sono inventate, non voglio essere citata in giudizio da giornalisti fakenewsisti. Nella prima, i fan di Harry Potter riconosceranno il giornale di Lovegood, con tutte le sue notizie strampalate; nella seconda, chi ha una certa età ricorderà l’esilarante programma con Cochi&Renato intitolato “Il poeta e il contadino”.
(L’immagine è tratta dal sito dell’Avis di Pescara)