Tempo scheggiato di Jo Forster

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JO FORSTER

Mattino tagliente

Mi sveglio in un mondo alieno
Grigio lancinante spietato
Come un romanzo russo
Con la luce che trafigge le cose
E il cielo spezzato
Che trapassa la finestra
Non riconosco il mio disordine
Arraffo ricordi di me
Rimasti appiccicati agli oggetti
Filamenti di personalità
Raccatto dal cuscino.
Nella stanza vicina
Cioè oltre l’umana percezione
Ai confini dell’essere
Una caffettiera borbotta
Fa le fusa
Poi un clic
E fu una luce artificiale e zuccherosa.
Un’altra
Volta
Mattina;

*

Di riflesso

Mi osservavo in uno specchio
Quando all’improvviso
Si spalanca dietro di me una finestra
E io ho visto il cielo
Riflesso
Buffa anima quella
Che si accontenta di luce rifratta
Invece del sole
Era la mia?
Ed era mio il pugno?
Non fu invece il riflesso a sferrarlo?
Era mio il volto colpito?
Cadde infranto il vetro
Ancora sporche di blu
Le schegge
Ma la mia mano gocciolava rosso
Chi altri mai è stato ferito
Da una scheggia di cielo?
Esiste cura?

*

Mi concedo un po’ di morte

Oggi resto qui
Me ne sto fermo
A fissare il muro
È di un bel color panna
Che non muta
Non si increspa
Non emoziona
È limitato
Confini netti
Che non spaventano
Prendo la mia poesia preferita
Quella che pizzica di brividi
E la ripeto
La ripeto finché
Non ha più senso né fascino né ritmo
La sformo e la deformo
Finché non mi sarà indifferente
Oggi mi metto qui e uccido una cosa bella
Per rilassarmi
Per proteggermi
Domani forse avrò la forza di nuovo
Di spalancarmi alla meraviglia
Continuerò ad insegnarmi senza tregua
Come ci si espone indifesi
Allo straordinario all’inatteso al sublime
E ci si lascia ferire a morte
Pur di vivere.

*

Moderati sensi di colpa serali

E ancora una notte
dormo avvolto
dal mio sonno fatato,
beato
tra guanciali di mediocrità
dopo un giorno sprecato
a non scrivere
Mentre
oltre la finestra
la campana rintocca
la notte geme
e dentro
affissi al muro
stanno a fissarmi
i miei sogni morti
E stridono
il loro grido soffocato
la loro voce spezzata
il loro slancio castrato
Ma io
dormo
sotto il mio morbido, caldo
sudario
Domani di nuovo
mi toccherà
di reinventarmi la vita
E poi
alla sera
con una penna in mano
fingere un altro tormento.

Jo Forster è nato nel 2003 e frequenta il liceo classico. Quando aveva sei anni diceva a tutti di voler scrivere. Ora che ne ha diciassette sogna ancora di scrivere ma non osa dirlo troppo forte. Usa uno pseudonimo perché alcuni suoi professori collaborano con Margutte e perché non è nato con un cuor di leone.

(Foto dell’autore)