GABRIELLA MONGARDI
Non oso prendere la penna in mano, dopo tante recensioni e commenti alle opere di Franca Alaimo: che cosa posso ancora aggiungere io, che arrivo buona ultima in tutti i sensi? Ma – come insegna Calvino – “un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, e continuamente se li scrolla di dosso”, e soprattutto “un classico non ha mai finito di dire quello che ha da dire”, quindi anche la mia umile voce può arricchire il coro delle interpretazioni di questa poetessa. Certamente è troppo presto per attribuire a Franca Alaimo la statura di “classico” – solo i posteri lo potranno fare – ma le premesse ci sono tutte: non ultima, questo volume…
Ho scoperto la poetessa Alaimo solo da poco, da quando sono stata invitata a partecipare con tre mie liriche all’antologia Il corpo, l’eros, da lei curata insieme con il poeta Antonio Melillo per Ladolfi editore, nel 2018. E questa volta è lei stessa, è la sua produzione poetica ad essere antologizzata, in un volume che testimonia la “lunga fedeltà” di Franca alla Poesia e, compendiando il meglio delle sue liriche, permette di cogliere insieme le costanti e le variabili di un itinerario di vita al servizio della Parola. È vero, la poetessa siciliana ha pubblicato la sua prima raccolta solamente dopo i quarant’anni, ma – come si evince nitidamente dal romanzo Vite ordinarie, un’autobiografia mascherata – gli anni precedenti non sono stati che “anni di apprendistato” poetico, di preparazione interiore, di ricerca ideale e spirituale più che tecnica, anni in cui la Poesia segretamente maturava, lievitava, fino a che il processo si è compiuto, l’autrice ha ubbidito al richiamo di quella Voce e i libri sono sgorgati a cascata. La Poesia ha rappresentato per Franca Alaimo un approdo obbligato e soprattutto una salvezza, il risarcimento di una perdita immedicabile, ma ha preteso in cambio una dedizione incessante, ininterrotta, da cui sono nate finora venti raccolte di versi, cartacee e in e-book. La sua poesia è cresciuta a spirale su se stessa: ogni raccolta ingloba l’altra e insieme la trascende, includendo le precedenti in un cerchio più ampio e conducendoci ogni volta “più in là”.
A me sembra che nel corso degli anni si sia accentuato il carattere “femminile” (per non dire “femminista”) della sua ispirazione, secondo la fondamentale dicotomia maschile-femminile evidenziata da Antonio Melillo nella postfazione all’antologia poetica Il corpo, l’eros: «Mentre la poesia maschile segna la rottura tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura, la poesia femminile si basa […] sull’alleanza tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura, sulla conciliazione e non sulla scissione». Continua Melillo in quella postfazione: «La poesia al femminile tratta la “carne”», e nelle raccolte più recenti ne troviamo una luminosa conferma: la dimensione corporea e sessuale del nostro essere al mondo è infatti un tema ricorrente nelle liriche, ed è un tema cantato con delicatezza e concretezza, senz’ombra di autocompiacimento ma con profonda autenticità. In particolare in questo modo, con questo timbro, la Alaimo dà voce al desiderio erotico femminile, argomento tabù per eccellenza dove domina la cultura maschilista, e questa è la componente “femminista” della sua ispirazione.
Ma la sua è una poesia che affonda le radici nella vita in tutti i suoi aspetti: dalla più minuta e ordinaria quotidianità alla violenza più cruda, dalla bellezza stupefatta della Natura alle emozioni più impalpabili alla corporeità più concreta; allo stesso tempo è una poesia nutrita di cultura nel senso più ampio e ricco del termine: la Alaimo trae sollecitazioni da ogni ambito culturale, dalla letteratura alla scienza, dalla religione cristiana alle filosofie orientali, e tutto trasfigura impastandolo in un amalgama profondamente nuovo e originale, a cui imprime il suo inconfondibile sigillo linguistico. È una lingua poetica insieme semplice e sontuosa, trasparente e densissima, la sua – una lingua che obbedisce alla legge enunciata da Montale in Portami il girasole: «Si esauriscono i corpi in un fluire / di tinte: queste in musiche». La poetessa di Palermo infatti parte sempre dai “corpi”, dal dato sensibile, fisico, materiale, o dalla tradizione culturale e religiosa consolidata, ma l’elemento “dato” viene trasfigurato grazie a una peculiare metaforicità, che realizza accostamenti imprevedibili, sorprendenti, stranianti, approdando con grande naturalezza al “fluire di tinte” e alle “musiche” montaliane, in una dimensione intimamente sinestesica.
Come ogni grande poeta, infatti, la Alaimo possiede non solo una “doppia vista”, uno sguardo particolare sul mondo, ma anche una sensibilità particolare all’aspetto materico della parola, una tensione incessante alla compenetrazione di parola-colore-musica, cioè alla sinestesia. In questo modo, le sue parole si aprono senza sforzi e distorsioni a un significato ulteriore, al di fuori delle convenzioni linguistiche ma non della realtà delle cose, che anzi svelano illuminando profondità altrimenti irraggiungibili.
Se la musica è la lingua per eccellenza dell’ineffabile (Harnoncourt), e se l’homo videns odierno preferisce la visione simultanea offerta dall’immagine, che concentra tutto il messaggio in un unico colpo d’occhio, anziché la distensione del discorso verbale che si snoda linearmente sulla pagina, vorrei però spezzare una lancia a favore della PAROLA POETICA, folgorante scandaglio, riportando alcuni versi tratti dalla raccolta Giorni d’aprile:
Quale legame tra l’alto e il basso
tra un silenzio estatico ed il pianto
senza il pronunciamento poetico
di ogni accadimento?
Questo è il compito che si è accollata, coscientemente, la Alaimo, per sé e per tutti noi: “pronunciare poeticamente ogni accadimento”, riconciliando così gli opposti, ricomponendo le antinomie, elidendo le contraddizioni – in una parola, instaurando nuovi “legami” tra noi e il mondo. Perché “poeticamente abita l’uomo su questa Terra”… dichterisch wohnet der Mensch auf dieser Erde (Hölderlin).
(da Italia insulare i poeti, a cura di Bonifacio Vincenzi, vol.1, Franca Alaimo: ” e d’improvviso il canto”, Macabor editore, Francavilla Marittima 2020)