In vetta si era alzato il vento. Veniva su dal versante ovest, a folate, e faceva vibrare i cavi che sostenevano la croce metallica. Fausto Majorana si strofinò gli occhi per mandar via le lacrime e si aggiustò con cura gli occhiali da ghiacciaio che aveva momentaneamente posizionato sul berretto. Il colore aranciato delle lenti aumentava il contrasto di alcuni colori e le nubi che cominciavano a raggrumarsi sulle montagne all’intorno assunsero un colore plumbeo contro un cielo scurissimo. C’erano però dei dettagli – appena visibili, certo – che non riusciva a spiegare. Vista attraverso il filtro degli occhiali da ghiacciaio, la vetta sembrava fumare. Un vapore bianco-verde esalava dalla calotta terminale e si sollevava lentamente verso il cielo.
Che il ghiaccio evapori? si chiese Fausto pur sapendo che il ghiaccio non poteva evaporare a temperature al di sotto dello zero. Che il ghiaccio sublimi? si chiese di rimando. Era un avvocato, ma i fenomeni naturali e le leggi fisiche che li sottendono lo avevano da sempre affascinato. Sta’ a vedere che il ghiacciaio del Carboné sta sublimando! Questo non spiegherebbe tutto, ma spiegherebbe già diverse cose. Dovrei parlarne con quel professorino di nome Segre. Ma lui è un astrofisico, lui va a caccia di energia oscura, un soggetto molto alla moda. Che ne sa lui della banale sublimazione del ghiaccio a temperature sotto lo zero?
Fausto si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi vigorosamente. Le lacrime, di nuovo le lacrime. Ecco, adesso, senza occhiali, tutto appariva normale. Però, forse, a guardar bene, anche senza occhiali, una specie di vapore verdastro sembrava emanare dalla vetta. Alcune volute sembravano avvitarsi a spirale prima di svanire nel cielo. Era come se la vetta si prolungasse in un’altra dimensione, più attinente al mistero che alla razionalità della fisica classica. Si trattava in ogni caso di un fenomeno ottico debolissimo, appena percepibile.
Premette a lungo, con una certa forza, i palmi delle mani sugli occhi, poi li aprì. Tutto era ritornato normale. Svaniti i vapori verdastri che lo avevano ingannato poco prima. Sarà questo il mal di montagna? Aveva letto storie di alpinisti, vittime di visioni allucinatorie, voci inesistenti, immagini irreali, contorni ondeggianti. Ma quelli erano a ottomila metri, pensò; non a quattromila. Mancanza totale di allenamento. Devo accettare l’invito di Matteo.
A pochi metri da lui, Giovanni Segre e il professor Noarta continuavano la discussione che nessun altro seguiva e che nessuno avrebbe potuto capire.
Vorrei essere Ettore Majorana, pensò Fausto Majorana. Gliela darei io l’energia oscura a quei due! Chissà cosa ne sa, Giovanni Segre, di Ettore Majorana e della sua scomparsa. Chissà se sa che lo scomparso era un mio lontano parente. Magari uno spezzone del suo DNA è migrato nel mio sangue. Un giorno dovrò andare a parlare con Segre. Segre-Majorana: bell’incontro, bella coincidenza!
(da Montagne immaginarie. Leggenda cosmica, di Silvano Gregoli, Cuneo, BBEUROPA EDIZIONI 2021, cap.10)
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